Afghanistan, il capolinea geopolitico di USA, NATO e dell’occidente in Asia

Per affrontare con cognizione di causa, le questioni odierne relative all’Afghanistan, oltre alla sua storia millenaria (compito di bravi studiosi o storici), occorre avere o dotarsi di una profonda conoscenza geopolitica e soprattutto “laica”, cioè non ideologica o partitica, in particolare degli ultimi 43 anni, data della Rivoluzione popolare democratica, il più avanzato esperimento progressista e socialista della storia in un paese musulmano…cosa che quasi nessuno fa:…o per non conoscenza, o per scelta politica, o per vergogna…

 

Due decenni di presenza degli eserciti USA, della NATO, dei maggiori paesi occidentali, compreso quello italiano in Afghanistan, in una Alleanza comprensiva di 50 paesi, non hanno aiutato questo paese e il suo popolo, lo hanno devastato, immiserito, martirizzato. Con il rovinoso e penoso, militarmente e moralmente, ritiro delle truppe dallo stato afgano, è stata sancita non solo una sconfitta militare, ma anche una disfatta, in prospettiva, politica, culturale e di credibilità, di tutto l’impianto geopolitico e di proposta strategica, statunitense e occidentale, per tutta l’area asiatica e forse non solo.

Dopo che gli Stati Uniti e i paesi NATO, hanno speso migliaia di miliardi di dollari per mantenere le proprie truppe sul territorio afgano, nonché per addestrare le forze di sicurezza e militari locali, in poche settimane il paese con il suo esercito nazionale  è stato acquisito senza alcuna resistenza significativa e le autorità governative, a partire dal suo presidente fantoccio Ghani, fuggiti al seguito dei loro padroni, saccheggiando le casse statali.

29 anni fa… il Presidente della RDA, Najibullah non è scappato, insieme alle donne delle Milizie femminili popolari, hanno difesa la loro Repubblica popolare afgana, per poi essere impiccato nel 1996.

…Altre storie e altri tempi.

 

Per la ripresa del potere del movimento Talebano di queste settimane, nessun altra definizione può essere più appropriata, da un punto di vista militare e politico, se non “trionfante”. La loro offensiva è stata una valanga, persino più potente della loro precedente presa dell’Afghanistan, che ci possa piacere o meno.

Ora è storicamente dato che la più lunga guerra nella storia degli Stati Uniti costata 2400 vite americane (quelle ufficiali), oltre 20.000 feriti o mutilati, e costata oltre un trilione di dollari, è stata una disfatta sotto tutti i punti di vista.

Tuttavia, il governo di Washington e il suo presidente Biden, continuano a nascondere la verità e la maggior parte dell’opinione pubblica statunitense e occidentale è indifferente. Ora non ci sono più dubbi che gli USA abbiano perso la battaglia per soggiogare l’Afghanistan e continuare a perseguire quello che era il suo obiettivo centrale e strategico nell’area, altro che diritti umani, libertà, donne, democrazia…perchè l’Afghanistan è il grande raccordo per la destabilizzazione dell’Eurasia, proprio per la sua posizione geografica strategica nei secoli. E’ sempre stato cruciale per i progetti di integrazione transcontinentale sino-russa, oggi per l‘Unione Economica Eurasiatica (EAEU) e la Belt and Road Initiative ( BRI, la Nuova Via della seta), che storicamente passava già da lì. Con questa disfatta afgana è stata messa a nudo l’ipocrisia e la limitatezza del complesso militare e industriale statunitense, nonché delle istituzioni politiche prevalenti in Europa e negli Stati Uniti. Queste parti non sono interessate ai diritti umani, allo sviluppo dei popoli o alla giustizia in generale. Il loro unico obiettivo è cercare di mantenere indefinitamente la loro egemonia globale, impedendo a qualsiasi altro di realizzare il proprio potenziale e quindi rappresentare una minaccia per la supremazia atlantista.

Accettare questa disfatta, sarebbe un segno di maturità e realismo, politico e strategico ammetterlo.

Ma non succede, come non è successo in passato.

E’ sorprendente come la quasi totalità di “esperti, studiosi, analisti, giornalisti, politici e militari”…occidentali, tralasciando i vari esternatori e pensatori “internettisti”, siano rimasti scioccati e sorpresi su quanto è avvenuto sul terreno, nella realtà. Mentre le intelligence e gli effettivi esperti e analisti, russi e cinesi in particolare, da anni stavano analizzando, monitorando, soppesando sul campo, e preparando strategie di approccio alla situazione in prospettiva, partendo da un dato di fatto: l’esclusione di qualsiasi approccio di guerra o militare. Ora stanno cercando di raccoglierne i frutti, e mentre gli occidentali scappano pietosamente e chiudono ambasciate e uffici, le loro ambasciate e uffici diplomatici e commerciali restano aperti ed iniziano un dialogo, non virtuale o declamante nelle TV, ma concreto, con richieste e garanzie tangibili di confronto e negoziazioni, queste sì realmente in difesa della popolazione civile.

Come è potuto accadere che il governo centrale afghano e il suo esercito, che da vent’anni sono retti sulle baionette USA e NATO, sia stato “stroncato” in letteralmente due mesi e mezzo? Com’è possibile che i sette corpi delle forze armate afgane, che contava oltre 400mila uomini, armati di artiglieria, carri armati, elicotteri e persino aerei da combattimento con velivoli come gli Embraer EMB 314 Super Tucano, non si siano presentati alla scontro contro i Talebani, dissolvendosi con loro come compatrioti, e portando agli insorti le armi lasciate dagli statunitensi, compresi elicotteri, blindati, camion e gli Humvee? Come è stato possibile un fallimento così totale e completo, si chiedono sorpresi e sconcertati i vari osservatori dei paesi occidentali.

Semplicemente PERCHE sono 43 anni che mentono e ci raccontano menzogne sulla realtà di quel popolo e paese martoriati: che ha causato oltre 200mila morti afgani in gran parte civili, tra cui migliaia di donne e bambini, e un paese devastato da bombe e rappresaglie, il tutto ad uso di interessi imperialistici e di dominio.

“…Questo è l’esito naturale di un fallimento strategico ventennale. Occorre parlare dell’incompetenza della strategia che il nostro Paese persegue da due decenni”, ha affermato Molly Hemingue, giornalista del The Federalist.

“…La verità è che abbiamo perso questa guerra molto tempo fa. Abbiamo solo dimostrato di essere abbastanza forti e potenti da prolungare il conflitto e ritardarne l’esito. La verità è che abbiamo cercato di sconfiggere i talebani per 20 anni e abbiamo perso….”, ha detto l’analista statunitense Farid Zakaria.

Come dichiarato nei giorni scorsi dal Ministro degli esteri russo S. Lavrov in una conferenza alla Immanuel Kant Baltic Federal University:

“…cercare di imporre qualsiasi forma di governo all’Afghanistan è controproducente….Noi conosciamo bene l’Afghanistan, sappiamo come è strutturato questo Paese e la sua storia, e quindi quanto sia controproducente imporre qualsiasi forma di governo esterno…Ma gli Stati Uniti hanno cercato di imporre lì, quella che loro considerano democrazia…I tentativi occidentali di imporre i propri standard di democrazia all’Afghanistan, sono stati un grave errore. Tramite le relazioni e i contatti che abbiamo ormai da anni, rileviamo  che la recente dichiarazione rilasciata dai Talebani (che sono tuttora una organizzazione considerata illegale  in Russia, ndt), sulla formazione del nuovo governo afghano, sul rispetto dei diritti delle minoranze e delle donne, è un segnale positivo…Il fatto che i Talebani a Kabul facciano queste dichiarazioni pubbliche è importante, ora ci aspettiamo che dimostrino nella pratica la loro disponibilità a rispettare l’opinione degli altri, ma ritengo siano segnali positivi per il paese…In particolare, si sono detti pronti a discutere del governo, a cui parteciperanno non solo loro, ma anche altri rappresentanti afghani, sono spiragli da non sottovalutare e seguire…“, ha detto Lavrov.

Questi i fatti: dal 2 agosto in poi sono passati in sequenza sotto il controllo dei Talebani, Saranj, Sheberghan, Sari-Pul, Kunduz, Talukan, Puli-Khumri, Faizabad, Ghazni, Herat, Kandahar, Lashkar-Gakh, Assadabad, Mazar -i-Sharif, tutti i principali capoluoghi di provincia e infine Kabul. Questo, al di là delle varie teorie, analisi, falsificazioni mediatiche, ha confermato ciò che le “intelligence” dei paesi non aggressori, quindi non NATO e gli stessi Talebani ad ogni negoziato dichiaravano: al momento dell’inizio del ritiro delle truppe americane dall’Afghanistan, essi controllavano già oltre il 70 per cento delle province afgane, oltre a loro unità già presenti in tutte le città.

Ma c’è un altro dato da rimarcare, che potrebbe far capire ancora meglio come è stata possibile questa avanzata militare incredibile, ed è la strategia militare dei Talebani di questi anni, che è stata notata e studiata da molti esperti militari e dall’intelligence russa, mentre statunitensi e NATO bombardavano o rafforzavano i presidi militari. Infatti da un paio di anni o più, nella stragrande maggioranza delle province, essi avevano costituito le cosiddette “amministrazioni ombra da loro guidate, che nella loro essenza erano strutture amministrative e gestionali alternative, che sostituivano i rappresentanti corrotti e incapaci del governo centrale. In questo modo essi hanno costruito e contattato con successo le unità militari di Kabul presenti nei territori, funzionari della sicurezza dello stato e i leader etnici e tribali locali. E non appena è scoccata “l’ora H” dell’offensiva, sono venuti allo scoperto , fornendo le garanzie di immunità già stabilite in precedenza e una transizione graduale e pacifica dei poteri. In poche parole, tutto era già pronto per l’arrivo dei Talebani nelle quasi totalità delle province afgane.

E la loro avanzata non ha trovato ostacoli non solo nell’esercito afgano ma neanche nella popolazione, escluse alcune componenti, giustamente diffidenti e avversarie politiche della loro progettualità. Ma anche queste non armate.

Senza un consenso o almeno un atteggiamento di non ostilità, da parte della stragrande maggioranza della popolazione, nessun esercito di nessun tipo potrebbe compiere un impresa simile. E anche questo è un dato di fatto su cui riflettere.

Dal punto di vista della politica afgana, il Pentagono non ha mai nascosto che la sua priorità era solo quella di mantenere Kabul e i capoluoghi di provincia, e quello che stava accadendo nel resto dei territori, non gli importava molto. Ma è ovvio che, se non fosse stato per la presenza americana, l’amministrazione di Kabul sarebbe crollata molto prima del 2021. Così come, riportato da molti siti russi statali, in conversazioni private, i rappresentanti dell’ambasciata americana non hanno mai nascosto che il loro obiettivo era quello di creare pressione sulle regioni “musulmane” della Russia, nonché di limitare l’influenza della Cina sul territorio dell’Afghanistan.

Nel dicembre 2019, il Washington Post, attraverso documenti diffusi attraverso il Freedom of Information Act, aveva pubblicato una lunga inchiesta sull’Afghanistan. I giornalisti avevano raccolto oltre 400 testimonianze di diplomatici americani, generali della NATO e altro personale della NATO, dove si dimostrava che i rapporti sull’Afghanistan erano stati continuamente falsificati per ingannare l’opinione  pubblica  circa la reale situazione sul campo.

In realtà gli Stati Uniti non hanno mai veramente dichiarato guerra al terrorismo islamico, nonostante i suoi proclami di “Guerra al terrore“. In realtà, hanno semplicemente utilizzato questa giustificazione, in seguito all’11 settembre, per occupare o destabilizzare aree del mondo strategicamente importanti per il mantenimento dell’egemonia statunitense, con l’intenzione di ostacolare le politiche energetiche e la sicurezza nazionale di paesi rivali come Cina, Iran e Federazione Russa. L’indagine del Washington Post  aveva messo a nudo come la strategia USA  fosse fallimentare sin dal suo inizio, i dati falsificati servivano per. l’obiettivo primario di Washington, che  era quello di stare nel Paese militarmente, per posizionarsi in quella che è storicamente una posizione geopoliticamente strategica, con il vero obiettivo di impedire o almeno ostacolare il processo di integrazione nell‘Unione Economica Eurasiatica (EAEU) dei paesi di quell’area, nella consapevolezza che l’Afghanistan è un centro strategico sia per la Cina con la Belt and Road Initiativ (BRI, la Nuova Via della seta) che per il corridoio nord-sud della Russia che collega Mosca e Nuova Delhi. Senza dimenticare che l’Afghanistan è anche la porta e l’intersezione tra il Nord Africa, il Medio Oriente, il Golfo Persico e l’Asia meridionale.

 

Nel frattempo in questi ultimi due anni, i Talebani, nell’ambito dei loro giri diplomatici, con una lucida strategia politica e diplomatica, hanno tessuto stabilmente relazioni e colloqui con Mosca, Teheran e Pechino. E, in ciascuna delle capitali hanno dato alcune garanzie del rispetto degli interessi strategici dei principali attori regionali. Si può solo ipotizzare che tipo di garanzie fossero, ma, ad esempio, nel caso di Mosca, è lecito presumere che si trattasse di obblighi di non tentare di penetrare nei paesi dell’Asia centrale della CSI, di costruire relazioni economiche e commerciali per la ricostruzione del paese, nonché di combattere l’ISIS ( le cui cellule sono presenti nel paese ed estremamente pericolose in futuro) e il traffico di droga. Mentre a Pechino potrebbe essere stata garantita l’inviolabilità delle vie di transito via terra verso l’Iran, oltre al mantenimento degli investimenti cinesi nelle miniere afgane, o la disponibilità verso il Progetto della Silk Road, oltre ovviamente a non sostenere o appoggiare i gruppi terroristi uiguri dell’ETIM nello Xinjang. Con Teheran gli interessi sono legati alla sicurezza e controllo del confine iraniano-afghano, la lotta ai trafficanti, oltre a superare o stemperare le differenti radici religiose che hanno spesso impedito i rapporti, anche per la presenza nel paese della minoranza Hazara di fede sciita, con alcuni milioni di persone stanziata proprio ai confini dell’Iran.

Per ora i nuovi Talebani , preso il potere hanno annunciato una serie di misure e di aperture per pacificare il paese. Hanno annunciato un’amnistia generale nel Paese, invitando i funzionari del precedente governo a continuare a lavorare e restare al loro posto, hanno anche proposto un tavolo di negoziazione con la presenza di forti esponenti dei precedenti governi e personalità rappresentativi di varie tribù e minoranze etniche. Rispetto alla condizione delle donne, hanno dichiarato che il loro ruolo di conduttrici di programmi TV, di insegnanti sarà mantenuto e garantito, nessuna sarà costretta ad indossare il burka, ma soltanto lo hijab che è il fazzoletto che copre solo la testa, in uso tradizionalmente nei paesi islamici o dalle donne musulmane in tutto il mondo.

Si tratterà di vedere se queste misure saranno attuate o solo propaganda, ma va sottolineato che tali libertà, ad esempio in Arabia Saudita o nei Paesi del Golfo, che sono stretti alleati dell’occidente, non sono concessi e tutti tacciono. In effetti dal 17 agosto sul canale televisivo afghano TOLOnews, sono riprese le trasmissioni con le donne conduttrici e la direttrice della TV, Miraqa Popal ha confermato questo fatto e il mantenimento del suo ruolo, dicendo che i Talebani hanno anche predisposto alcuni uomini per la loro sicurezza da eventuali attacchi incontrollati.

 

L’inviato speciale del presidente russo Putin, direttore del dipartimento dell’Asia del ministero degli Esteri russo, Zamir Kabulov, dopo aver incontrato i più alti esponenti Talebani ha confermato che nell’incontro hanno ribadito queste misure e la volontà di cercare soluzioni negoziali per il paese, ora che lo hanno liberato dagli stranieri.

Nel colloquio la dirigenza del movimento talebano ha anche garantito che qualunque tipo di attacco contro l’ambasciata russa a Kabul, o a diplomatici stranieri sarà duramente represso e sono state dispiegate forze di sicurezza attorno al perimetro dell’ambasciata russa a Kabul.. “…I talebani sono ancora nella lista dei movimenti terroristici e sono banditi in Russia. Tuttavia, la situazione attuale ha per ora mostrato che l’ideologia dei talebani ha presentato cambiamenti significativi negli ultimi dieci anni. Se i talebani dimostrano la loro disponibilità a governare l’Afghanistan in conformità con il diritto internazionale, allora in effetti la parte russa potrebbe riconoscere la legittimità del cambio di potere in questo paese, sebbene sia chiaramente prematuro parlarne nella fase attuale…”, le parole del diplomatico.
Penso che questo approccio negoziale e aperto, condiviso e praticato anche dalla Cina, sia l’unica possibilità di affrontare la situazione creatasi in Afghanistan. Una presa d’atto della situazione concreta, al di là di condivisioni o vicinanze, che non possono esserci. La realtà ha dimostrato che militarmente o con atteggiamenti minacciosi o di ricatti, come continuano ad avere in modo inadeguato USA e paesi occidentali, non si può vincere. Allora per cercare, non di cambiare la situazione ma almeno modificarla in passaggi costruttivi e positivi, l’unica arma sono la diplomazia e il realismo, per cercare di far rispettare le garanzie dichiarate. Tutto il resto è spettacolo senza sostanza per i media, e propaganda distruttiva e deleteria per il futuro del popolo afgano.

 

Come ha detto la parlamentare USA Tulsi Gabbard , all’influente giornale The Hil: …Come avversari, siamo sdentati. Come alleati, siamo inaffidabili…”.

Un dato oggi è storicamente stabilito: il centro dello sviluppo e delle sfide mondiali si sta spostando dalla regione euro-atlantica a quella eurasiatica.

Il budget per la difesa degli Stati Uniti è più grande di quello dei primi dieci paesi messi insieme, eppure gli Stati Uniti, con una coalizione occidentale di 50 paesi vassalli, non sono riusciti in venti anni, a piegare militarmente un piccolo Afghanistan. Gli Stati Uniti e la NATO hanno qualcosa come oltre un migliaio di basi militari, che fondamentalmente presidiano l’intero pianeta, ma con risultati sempre più incerti. L’occidente considera l’intero pianeta come un suo dominio. Controllano e manipolano i governi di innumerevoli paesi del mondo, sempre con l’obiettivo di trasformarli in satrapie governate dall’interno delle loro ambasciate in loco, ma con risultati che vanno da non proficui a spinosi, spesso controproducenti. Stanno fallendo nei fatti in tutte queste cose, ma continuano a minacciare, invece di cercare interlocuzioni con il resto del mondo, non più disponibile a subire o obbedire. L’Afghanistan odierno è uno di questi risultati.

L’impero americano sta crollando e la sua credibilità anche nei paesi sotto il suo dominio, sta subendo forti ripercussioni e timori, ma i governi suoi vassalli, sanno che sono costretti di cercare di mantenerlo a galla, pena la loro stessa autodistruzione e questo causerebbe danni collaterali politici ed economici inverosimili.

“…Il processo di formazione di un mondo multipolare non sarà veloce: questa è un’era piccola ma storica. Sta succedendo faticosamente, l’Occidente fa fatica a rinunciare alla sua posizione egemonica. L’idea che la NATO debba essere utilizzata contro questa direzione è già stata messa in pratica. E la NATO, che era stata creata come un’alleanza puramente difensiva, ha dichiarato come suo obiettivo, la diffusione della sua influenza, comprese le infrastrutture militari, su scala globale. Si parla già della creazione di qualcosa come una” NATO Indo-Pacifico “, come una volta parlavano di una “NATO del Medio Oriente”. Quindi è un animale ferito, ma questo è un gruppo di Paesi molto duro, che si separerà dolorosamente dalle posizioni che hanno occupato nel mondo per molti, molti decenni …”, ha affermato il ministro esteri russo S.Lavrov a Kaliningrad.

“…Ma ci sono già molti politici ragionevoli in Europa, che capiscono che invece di affermazioni aggressive e richieste a tutti gli altri di accettare le indicazioni e gli insegnamenti occidentali, è molto più efficace concentrarsi su un’agenda positiva…Soprattutto considerando che ora il centro dello sviluppo mondiale si è spostato dalla regione euro-atlantica alla regione eurasiaticaTutto è così ovvio che è controproducente per tutti ignorarlo… le porte sono aperte per qualsiasi Paese e struttura situata nel continente eurasiatico, ma anche dei Paesi dell’Unione Europea. Attraverso questo approccio unificante e costruttivo indirizziamo i nostri  sforzi… Non vogliamo isolarci o cadere nello scontro. Naturalmente, risponderemo con fermezza a qualsiasi tentativo di ledere i nostri legittimi interessi, ma questa non è una nostra scelta. La nostra scelta sono le tendenze unificatrici che lo sviluppo globale richiede e che riteniamo molto importante incoraggiare e sostenere “, ha concluso Lavrov.

La situazione in Afghanistan non è molto diversa dalle altre decine di situazioni di guerra nel mondo, soltanto sostenendo e favorendo processi di pace e conciliazione, è l’unica opzione per dare futuro ai popoli. Oggi in Afghanistan è fondamentale sostenere e supportare i colloqui tra afgani, talebani, russi, cinesi, iraniani indiani e pakistani. Pechino e Mosca conoscono bene i veri intenti della presenza di Washington lì nel Paese, ma continuano a lavorare per soluzioni negoziali cercando di smussare le differenze, anche profonde e divaricanti politicamente con la realtà talebana. Questa è la strada e una prospettiva concreta per tutti.

Toccherà ai popoli che hanno nella difesa e ricerca dei valori dell’indipendenza, del progresso, della sovranità della propria patria, trovare la strada per la loro liberazione. Come lo stesso popolo afgano nel 1979 già dimostrò di esserne capace.

 

*Tengo a precisare e sottolineare che queste mie documentazioni  relative alla questione afgana, sono distanti anni luce dal progetto dell’Emirato Islamico afgano.

Il mio fare, analizzare e relazionarmi con protagonisti della realtà dell’Afghanistan è datato 1986, e da allora innumerevoli sono state le occasioni per approfondire e cercare di capire meglio, quella complessa e particolare realtà, soprattutto grazie alle narrazioni ed esperienze di lotte e battaglie di protagonisti e protagoniste, afgani, sovietici e russi oggi, di cui ho avuto l0nore di esserne amico e compagno.

Un mio libro sulla RDA (Repubblica Democratica Afgana), tra l’altro unica documentazione in Europa, sulla più grande esperienza rivoluzionaria della storia, laica e socialista in un paese musulmano: “Afghanistan. Ieri e oggi. 1978-2001, cronaca di una rivoluzione e di una controrivoluzione” – La Città del sole Ed. La perdita di un fratello e compagno afgano: Noor, a cui è dedicato quel lavoro, che accompagnai a Fiumicino per andare a combattere e a morire nell’ultima battaglia a Kabul nel 1982, insieme al suo presidente Najibullah e all’ultimo battaglione di donne delle milizie femminili (quelle sì del popolo…non le collaboratrici o impiegate della NATO o delle ambasciate occidentali, fotografate le scorse settimane per le strade di Kabul, fatte girare dai media mainstream e spesso anche riprese da qualche osservatore superficiale, spacciate come le donne afgane pronte a combattere Ma per chi? Per la NATO, per gli USA, per il burattino Ghani e il suo governo, comprensivi dei vari ambasciatori immediatamente scomparsi e fuggiti, per gli occupatori occidentali? Nessuno tranne poche eccezioni ( a cui va comunque dato onore) ha inteso combattere e morire per questo Afghanistan e i suoi governanti fantocci.

Da oltre 20 anni coordino con SOS Afghanistan, Progetti solidarietà concreta con le donne afgane, con AAWU ( Unione di Tutte le Donne Afgane) la cui presidente, Suraya Perlika, ex Ministro RDA e Presidente della Croce Ross Afgana, cara compagna e sorella, è scomparsa due anni fa; una donna straordinaria, con una storia di lotta, impegno, coerenza e resistenza ai criminali signori della guerra, amici dell’occidente, che fino a ieri sono stati una stampella dei vari governi gestiti dagli USA.

Così come ho avuto l’onore di essere membro onorario del Museo dei Veterani sovietici dell’Afghanistan, della Russia.

Oggi abbiamo in campo come SOS Donbass Italia/CIVG, un Progetto di Solidarietà concreta con l’Associazione dei Veterani dell’Afghanistan nella Repubblica Popolare di Donetsk, con il colonnello V. Surkov, reduce e invalido di guerra.

Oltrechè aver mantenuto relazioni e contatti con esponenti del vecchio PDPA, ormai disciolto in vari filoni.

Questo…giusto per chiarire, sono le basi e gli impegni concreti storici, per cui mi permetto di inserirmi nelle complesse e paludose vicende attuali, relative a quel sventurato paese e al suo fiero popolo.

Come sempre i miei sono lavori di ricerca e documentazione, studio e letture geopolitiche, di cose reali e non esternazioni soggettive o interpretazioni, da un lato funzionali alle esigenze dell’imperialismo occidentale, dall’altro con letture soggettive fantasiose, elegiache verso situazioni inesistenti nella realtà e quindi che non contribuiscono a capire e comprendere lo stato attuale delle cose…magari per cercare un giorno di cambiarle.

 

Enrico Vigna, 20 agosto 2021

 

Afghanistan, il capolinea geopolitico di USA, NATO e dell'occidente in Asia  – Marx21

Fonte foto: Marx 21 (da Google)

 

1 commento per “Afghanistan, il capolinea geopolitico di USA, NATO e dell’occidente in Asia

  1. Antonio
    18 Aprile 2022 at 12:50

    Per fidarsi di “questi” talebani, dovrebbero ricercare e processare i criminali mercenari pseudo islamici del 1979, e i loro predecessori che mutilarono e trucidarono Najibullah. Dovrebbero riabilitare l’esperienza del PDPA e consentirne una ricostituzione politica. Non bastano le parole.

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