Arabia Saudita: rivoluzione unica salvezza

Quando si parla dell’Arabia Saudita, si pensa al petrolio e ai beduini. Eppure “il tradizionalismo beduino è di recente invenzione … la dimensione urbana risale in Arabia alla più remota antichità e rappresenta un elemento strutturante dell’identità saudita, dell’identità araba in particolare e dell’identità islamica in generale”(1).
I pregiudizi sul mondo arabo non sono solo frutto di una naturale ignoranza, ma sono diffusi a bella posta con gli strumenti di comunicazione più moderni. Solo un terzo dell’Arabia è deserto, ci sono montagne, oasi, altopiani, e nelle vicinanze del mar Rosso – spiega Ménaret- paesaggi simili alla Borgogna. All’inizio del XXI secolo, gli abitanti delle città erano oltre l’85% della popolazione, e in seguito l’urbanesimo è ulteriormente cresciuto.
Non è possibile qui riassumere la storia della monarchia saudita nel novecento, ci si deve limitare a pochi cenni.
I Saud non sono di origine beduina, anche se hanno molto utilizzato il folclore dei nomadi. Con l’appoggio dell’Inghilterra, i Saud hanno comprato le tribù, invece di combatterle. Le hanno sottomesse con la politica dei matrimoni. Abdelaziz(2) sposò centinaia di donne delle principali tribù nomadi e stanziali, ebbe un centinaio di figli, e così legò a sé le famiglie del regno, costituendo una casta privilegiata che oggi supera le 12.000 persone. Attorno a costoro, un’immensa clientela.
Abdelaziz utilizzò i beduini per la conquista della penisola arabica. Fu creato un esercito beduino, che, col permesso di Londra, conquistò La Mecca, Medina, Gidda; nel dicembre 1925 Abdelaziz fu proclamato re dell’Higiaz(3) da nobili e ulema.
I beduini, da tempo immemorabile, portavano le greggi nel Sinai, in Giordania, Iraq, ma, stabiliti i confini, gli inglesi li accolsero con le mitragliatrici. Abdelaziz riuscì per un certo periodo a sedare i nomadi, promettendo di negoziare con gli inglesi, ma infine la rottura fu inevitabile: le mitragliatrici inglesi e le truppe di Abdelaziz sconfissero definitivamente i beduini. Il colpo economico finale fu sferrato nel 1968, con la lottizzazione delle terre collettive, per cui la proprietà tribale divenne illegale.
All’inizio del XXI secolo i beduini erano ridotti al 3% della popolazione. Eppure, mai come adesso, vige la retorica beduina, anche gli stanziali da tempi immemorabile rivendicano una presunta origine beduina; si tratta di folclore e di ideologia di stato.
Negli anni venti furono create camere di commercio elettive a Gidda, Riyadh, Al-Khobar, e fino agli anni settanta ebbero un peso determinante nella vita economica del paese. Il potere delle corporazioni, legato al pellegrinaggio religioso a La Mecca e Medina, fu progressivamente eroso. L’amministrazione statale ebbe un forte sviluppo, e nacque nel 1960 un istituto ispirato alla francese Scuola nazionale di amministrazione (ENA).
Negli anni ’70, la situazione dei mercati permise all’Aramco (non ancora nazionalizzata) di alzare i prezzi, e le entrate passarono da 4,3 miliardi di dollari del 1953, a 33,5 nel 1976 a 116,2 nel 1981. La maggior parte delle tasse e imposte furono abolite, gli strumenti fiscali per il controllo dell’economia vennero abbandonati. Lungi dal diminuire, i funzionari aumentarono a dismisura, ogni saudita voleva divenire funzionario, per i lavori manuali c’erano gli immigrati.
Crebbe al massimo livello la corruzione: il ministro della difesa veniva chiamato “principe 5%”, e la sua attività era pienamente legalizzata. L’alleanza con la borghesia dello Higiaz fu abbandonata, e si concentrarono nel Neged e nella capitale Riyadh la maggior parte delle funzioni pubbliche. Venne allevata artificialmente una borghesia del Neged, e, grazie a gigantesche sovvenzioni, questa regione arida cominciò a esportare prodotti agricoli verso le zone fertili dell’Asir, mandando in rovina le vecchie coltivazioni. Le lobby agricole e industriali di nuova formazione non erano smantellate neppure quando il prezzo del petrolio crollava, e imprese, che in un’economia di mercato sarebbero spazzate via in un giorno, erano e sono mantenute in vita dallo stato.
La svolta ultrareazionaria ebbe effetti negativi anche sulle donne: dal 1980 venne proibito loro di andare a studiare all’estero e di apparire in televisione.
Ma la gigantesca rendita petrolifera saudita ebbe anche effetti internazionali importantissimi: nella politica di restaurazione mondiale l’Arabia Saudita ha avuto un peso enorme perché:
° ha combattuto e vinto l’influenza dei nazionalisti, contribuendo fortemente, con Israele e l’imperialismo USA ed europeo, a frustrare il sogno di Nasser di unificare i paesi arabi;
° ha finanziato il progetto di Brzezinski per la formazione di organizzazioni jihadiste, dai Talebani ad Al Qaeda contribuendo alla distruzione del regime progressista di Najibullah e facendo cadere nella trappola fatale della guerra afgana l’Unione Sovietica;
° Con USA e Qatar ha dato vita all’ISIS, ed è intervenuta, ovunque ci fossero musulmani con la propaganda e le azioni jihadiste;
° ha partecipato al criminale intervento delle potenze occidentali in Libia.
Le ultime operazioni non sono stati così favorevoli per Riyadh. Il tentativo di rovesciare Assad è fallito per la presenza russa, in Yemen i sauditi hanno abbandonato la tattica di intervento indiretto tramite mercenari o jihadisti di altri paesi e si sono precitati in una guerra tra le più infamanti degli ultimi decenni, colpendo prevalentemente i civili; tuttavia il risultato militare è scadente.
Il golpe di MBS (Mohammad bin Salman) è stato possibile per questa situazione di crisi.
“Il ramo di Salman dell’attuale re e del principe ha eliminato ogni potenziale concorrente. Ciò va contro al modulo consensuale alla base del dominio della famiglia saudita del secolo scorso. Decine di migliaia di clan e persone dipendevano dal patrocinio dei principi e funzionari rimossi. Non si limitavano a sedersi sulle loro fortune mentre evaporano. Un effetto delle purghe sarà la concentrazione della ricchezza saudita nelle mani di Salman. Una delle persone arrestate è il presunto sesto uomo più ricco del mondo, il principe Wali bin Talal (video). Aveva un patrimonio del valore netto tra 18 e 32 miliardi di dollari. Walid si era scontrato pubblicamente col presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Walid era l’azionista più grande della Citygroup che sostenne il governo Barack Obama prima di ricevere un enorme aiuto dal governo. Un altro caso è Baqr bin Ladin, fratello di Usama bin Ladin, presidente del gruppo Binladin e quinto uomo più ricco del Paese. Il pretesto ufficiale sono le accuse di corruzione risalenti al 2009. Tale raid permetterà a Salman di confiscare la ricchezza degli accusati, per un bottino confiscato pari a decine di miliardi di dollari. Un nuovo comitato anti-corruzione è stato creato per il principe ereditario Muhamad bin Salman, dai poteri dittatoriali e che può congelare e confiscare qualsiasi attività finanziaria meritevole della sua attenzione: “Può prendere tutte le misure che ritiene necessarie per affrontare gli accusati di corruzione pubblica e prendere tutto ciò che ritiene proprietà di persone, entità, fondi, beni mobili e immobili, in patria e all’estero, e restituirli al tesoro dello Stato e registrarli a nome della proprietà statale”(4).
Le monarchie assolute – e l’Arabia Saudita lo è ancora – prima di essere travolte da insurrezioni popolari, conoscono manovre e golpe di palazzo, usurpazioni, ribellioni militari, e solo quando la vecchia classe dirigente è logora e incapace di reagire efficacemente, la rivoluzione si può sviluppare pienamente. La storia conosce più casi in cui un centro della controrivoluzione si trasforma in centro rivoluzionario, l’esempio più clamoroso è la Russia zarista.
Ci dispiace per quei marxisti accademici che hanno decretato che nel tardo imperialismo non sono più possibili rivoluzioni borghesi, ma la rivoluzione in Arabia comincerà proprio come rivoluzione borghese; se poi trascrescerà in proletaria, non lo possiamo sapere, dipenderà dalla situazione internazionale, dall’intervento delle potenze, a cominciare dalla Santa Alleanza NATO.
Una cosa è certa, indietro non si torna. Mohammed Bin Salman (MBS) non è un Atatürk, non possiamo attenderci dal suo regime soluzioni borghesi avanzate. Non emanciperà le donne, si limiterà a dare qualche contentino, non farà nulla per i lavoratori, specie per quelli immigrati. Quanto a principi e religiosi, quelli che si opporranno faranno una brutta fine, come il figlio dell’ex principe ereditario, morto in un “misterioso” incidente di elicottero con alcuni funzionari. La fazione opposta potrebbe rendergli la pariglia – ormai la vita dei principi non vale più un soldo bucato. Nella guerra delle due rose, gran parte dei feudali d’Inghilterra si fecero fuori a vicenda, e con loro tramontò il feudalesimo. Qui non c’è feudalesimo, e i beduini sono ormai una minoranza della popolazione, ma le strutture sociali e politiche sono anacronistiche, rispetto allo sviluppo economico. La carneficina, cominciata dai Sauditi ( e non solo da loro) in Libia, Siria, Yemen, ora si estende ai palazzi del regno e ai religiosi (per ora arrestati più di mille Imam e teologi).
Per troppo tempo un regime precapitalista ha potuto convivere con una economia basata sulla rendita petrolifera, che non è un residuo del passato, ma presuppone forti investimenti e grandi trasformazioni tecniche. Tale convivenza non è più possibile.
Su piano militare, le forze determinanti sono 1) L’esercito. 2) la guardia reale, che è formata da elementi tribali finora fedeli alla dinastia Saudita. 3) i servizi segreti, come quelli occidentali penetrati da CIA, Mossad, ecc.. MBS può contare soprattutto sull’esercito (per ora).
L’esercito negli anni sessanta ha tentato più volta di ribellarsi: “Un pilota dell’aeronautica militare, rifugiato in Egitto, rivela dal 1962 l’esistenza di un’organizzazione rivoluzionaria all’interno dell’esercito; nel 1969 viene sventato, con il probabile aiuto della CIA, un colpo di stato militare; centinaia di ufficiali, operai e funzionari sono arrestati. In meno di un anno, tre nuovi tentativi di colpi di stato saranno sventati.”(5) Il regime reagì cercando di comprare i funzionari dell’esercito, con forti aumenti di stipendi, e rafforzando la Guardia nazionale. Negli anni più recenti, l’esercito saudita è stato sottoposto a una sorveglianza accuratissima da parte dei servizi segreti americani.
L’esercito gli sarà fedele se potrà contare sulla vittoria, ma, a giudicare dall’ossessiva propensione alla guerra del nuovo despota, è pensabile che il favore dell’esercito non duri a lungo. La rottura con i militari non avrebbe conseguenze rivoluzionarie, se l’esercito restasse sotto la tutela americana; se invece riuscisse a liberarsi di questo asfissiante controllo, le conseguenze andrebbero ben oltre i confini dell’Arabia Saudita, e ciò significherebbe la fine dell’egemonia americana in Medio Oriente (che frettolosi critici ammiratori di Putin hanno prematuramente data per avvenuta). Nei paesi in cui la borghesia è troppo debole o, come accade spesso, è infingarda, l’esercito può iniziare la rivoluzione borghese, che non va fino in fondo senza l’intervento del proletariato e delle classi sfruttate.
Il proletariato non può identificare la propria causa con quella degli altri protagonisti, ma deve contribuire in modo determinante a dare una spallata al regime, e approfittare delle lotte tra i suoi avversari per portare avanti le sue rivendicazioni: innanzitutto ottenere la cittadinanza per i lavoratori immigrati, perché metà del proletariato nel paese non è di origine locale, quindi è ricattabile con la minaccia di espulsione; la completa emancipazione della donna, la riduzione per legge dell’orario di lavoro, l’agibilità politica e sindacale. Dovrà organizzarsi in partito di classe unico per tutti i paesi arabi e scrivere a lettere cubitali nel suo programma: lotta per una federazione di repubbliche socialiste dall’Atlantico al Golfo.

 

1)Pascal Ménoret, “Sull’orlo del vulcano. Il caso dell’Arabia Saudita”.Le notizie sintetiche sulla stroria recente sono tratte principalmente da questo testo.
2)Abd al Aziz III Ibn Saud (1887-1953), re dell’Arabia Saudita(1932-1953). Unificò i territori della penisola arabica in un solo regno, l’Arabia Saudita.
3) Higiaz (o Hegiaz), Regione occidentale dell’Arabia Saudita, lungo le coste del Mar Rosso. Città principali: La Mecca, Medina, Gidda. Il Neged è una regione centrale e la città principale è la capitalr Riyadh. Asir, regione meridionale su Mar Rosso.Città principale Abhà.
4) “La ‘notte dei lunghi coltelli’ sauditi annuncia il panico”, Aurora, 6 novembre 2017.
5) Menoret, op. cit.

 

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Foto: businessinsider.com (da Google)

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