Il declino dell’impero americano

La morte del neocolonialismo classico e la conseguente transizione alla dottrina della ‘’guerra eterna’’ hanno provocato, nel cuore dell’Impero americano, dei sommovimenti etnici che potrebbero decretarne la dissezione. Le rivolte razziali, negli USA ed Israele (es. ebrei-etiopi contro ebrei-caucasici), hanno rafforzato la tentazione separatista davanti a due concezioni, non sempre convergenti, del dominio: il ‘’cosmopolitismo senza radici’’ ed il nazionalismo-etnico territoriale. Le elezioni a medio-termine USA e quelle presidenziali israeliane, ci hanno consegnato un’isola-mondo ed una nazione-entità al tramonto.

Non avendo dismesso la propria tradizione schiavista-puritana, Washington ha perseguito la distruzione del proprio tessuto industriale per globalizzare la vocazione unilaterale del Pentagono. La ‘’ribellione’’ di Donald Trump nasce dalla convergenza fra il fascismo-evangelico della ‘’destra alternativa’’ con l’anarco-capitalismo del Cato Institute e dei paleo-conservatori: incapace di rendere fede al paleo-conservatorismo, Trump s’è trasformato in una macchietta dei neocons repubblicani rilanciando la Dottrina Monroe in America Latina. Lo scontro fra Trump e Biden nasce sulle modalità d’approfondimento della politica imperialista USA, senza rimettere in discussione il ruolo del gendarme mondiale ‘’yankee’’. I movimenti trumpiani (anarco-capitalisti, sionisti religiosi, fascisti etnici o ‘’sociali’’) sono una carta sporca dello ‘’stato profondo ‘’. Dall’altra parte, Biden ha arruolato il centro-liberale e l’estrema sinistra ‘’antiautoritaria’’ nel rilancio dell’Armageddon: per la prima volta nella propria storia, la ‘’sinistra’’ partecipa ad un progetto anti-illuminista ovvero la distruzione d’una porzione del pianeta.

 

La decolonizzazione d’Israele

In Israele lo scontro inter-borghese è fra chi vorrebbe circoscrivere la politica sionista alla costruzione della Grande Israele, erede del giudaismo caucasico ‘’anti-semita’’ (anti-sefardita) e fra chi vorrebbe aderire alla dottrina della ‘’guerra eterna’’, preparandosi all’Armageddon termonucleare e biochimico contro la Federazione Russa. Non esiste, per gli Oppressi, un ‘’male minore’’; tanto Bennet quanto Netanyahu appartengono a quel personale politico delle élite che – citando i rabbini Guardiani della Città‘’ha sparso fiumi di sangue’’. Israele, fino a quando rimarrà uno ‘’stato per soli ebrei’’, sarà uno ‘’stato del male ‘’.

L’establishment israeliano vive d’ingiustizie di classe: oltre alla pulizia etnica della Palestina, ancora oggi 50mila cittadini reduci dai lager nazisti sopravvivono come possono senza aiuti da parte dello Stato, uno ‘’stato neoliberista’’ e fallito che ha lo stesso riposizionamento geopolitico del Cile di Pinochet. Una classe politica corrotta non porterà mai a degli accordi di pace col mondo arabo: Israele è uno ‘’stato pazzo’’ che va verso la guerra civile. Il fattore demografico non lascerà scampo, né a Netanyahu né a Bennet: la decolonizzazione d’Israele sarà l’anticamera di nuove rivoluzioni socialiste alle porte dell’Eurasia.

 

Trump, il ‘’Gorbaciov statunitense’’?

Le differenze culturali che intercorrono fra le comunità etniche nord-americane potrebbero portare, nei prossimi anni, alla fine dello Stato federale: l’11/9 e la globalizzazione del fascismo USA iniziata da Bush e proseguita da Obama appoggiato dalla ‘’sinistra antiautoritaria’’, rallentarono questo processo. Il fattore Donald Trump ed il trumpismo come controrivoluzione mondiale, potrebbero rappresentare una tendenza di etnicizzazione del capitalismo: la dissezione neocoloniale degli Stati Uniti d’America, l’imperialismo delle portaerei, potrebbe aprire nuove prospettive per un processo di trasformazione radicale e socialista in Occidente. Che ben venga un ‘’Gorbaciov statunitense’’. Per la prima volta nella storia, un uomo della controrivoluzione (Trump) potrebbe (inconsapevolmente) favorire, nel medio-periodo, la ripresa dalla conflittualità di classe. La ‘’sinistra bianca’’ (es. Bernie Sanders) è più controrivoluzionaria del KKK?

Leggiamo cosa dice, intervistato di recente sulla guerra fra Atlantismo ed Eurasia in Ucraina, il marxista etiope Mohamed Hassan:

‘’Gli Stati Uniti hanno creato l’immagine della Russia come nemico degli europei. Ma come possiamo vedere da questa guerra, è Washington che sta danneggiando terribilmente l’Europa. La guerra in Ucraina non è solo una guerra per procura contro la Russia. È anche una guerra per garantire che l’Europa – e in particolare la Germania – non si rivolga verso est e rimanga dipendente dagli Stati Uniti.

Se la crisi continua e le condizioni dei lavoratori peggiorano, si renderanno conto che la Russia fa parte dell’Europa. Allora gli Stati Uniti avranno perso psicologicamente. La classe dirigente europea si troverà in una posizione in cui non potrà più vivere come prima. E i lavoratori capiranno che non possono più vivere come prima.’’ 1

 

Una condizione per una situazione rivoluzionaria, per Lenin. Gli USA stanno trascinando il mondo in una società di guerre e pandemie programmate nei laboratori militari, il Grande Reset neoliberista. I lavoratori, quando capiranno che lo Stato sociale è stato distrutto, cercheranno in Russia e Cina nuovi alleati tattici: per gli USA potrebbe essere l’inizio del declino.

https://www.resistenze.org/sito/os/mo/osmomm04-025676.htm

Usa, con Biden in declino e Trump vendicativo si prepara un nuovo disordine  mondiale - Il Fatto Quotidiano

Fonte foto: Il Fatto Quotidiano (da Google)

 

 

1 commento per “Il declino dell’impero americano

  1. Paolo
    15 Novembre 2022 at 1:13

    Dal punto di vista geopolitico gli Usa sono l’impero globale, sia pure informale, ma negli ultimi anni sono emerse delle criticità per questa egemonia mondiale.

    Gli Usa sono l’impero globale per alcuni principali motivi geopolitici:

    1. Geografia: sono un castello con ai 4 lati due oceani e due paesi non ostili, e sono un castello in un continente lontano dal blocco geografico eurasiatico, per cui europei e asiatici preferiscono un imperatore lontano a degli imperatori vicini.

    2. Demografia: hanno una popolazione in crescita con una vasta immigrazione che mantiene la media di età giovane, a differenza di Europa e Cina in rapido invecchiamento, e le popolazioni anziane tendono a rifuggire dalla potenza per il quieto vivere.

    3. Identità: l’immigrazione è latinoamericana, dunque cristiana che non erode l’identità religiosa del paese come in Europa con l’immigrazione musulmana.

    4. Violenza: la diffusione delle armi e la tendenza ad usarle, soprattutto nel paese profondo fuori dalle due coste, crea le condizioni per dotarsi di un esercito sia grande che professionale.

    5. Tecnologia: le principali invenzioni degli ultimi decenni, a partire da internet, vengono dagli Usa, e in particolare dal Pentagono, la cui spesa è più grande di tutte le spese militari dei successivi 9 paesi messi insieme, e costituisce due terzi della spesa militare dei paesi Nato.

    6. Dollaro: copre il 60% delle riserve valutarie dei paesi del mondo, e un altro 37% è di paesi alleati – euro 20% – con il 3% residuo di yuan cinesi. E il dollaro copre l’80% degli scambi commerciali dei paesi emergenti.

    7. Talassocrazia: la marina americana controlla gli oceani, e anche le vie marittime per le quali passa il 90% del commercio mondiale, per cui la cosiddetta globalizzazione è il controllo americano del commercio globale.

    Se questi sono i principali punti di forza dell’impero, negli ultimi anni sono però emerse due criticità principali rispettivamente esterna e interna.

    La criticità esterna è la Cina, di cui l’impero è pienamente cosciente avendola dichiarata avversario globale, e avendola fatta dichiarare avversario globale anche nel nuovo concetto strategico approvato dalla Nato nel summit del giugno scorso, alla presenza dei principali alleati asiatici.

    La Cina per ora è un avversario globale solo economico, ma in prospettiva può diventare sistemico e tale infatti è anche stato dichiarato prospetticamente.

    La Cina ha fatto capolino in campo finanziario con il 3% dello yuan. Non è avversario militare globale – 500 basi militari americane fuori dagli Usa, solo Gibuti per la Cina – ma vuole espandersi nel Pacifico sfondando a Taiwan la “cintura sanitaria” anti-cinese costruita dagli Usa con il Quad – Usa Giappone Australia India – e altri alleati asiatici minori come Corea del Sud, Filippine, Vietnam, Malesia, Singapore.

    È in funzione anti-cinese che gli Usa contrastano la Russia, di per sè considerata solo potenza regionale, per di più potenza regionale debole dato che fa guerre alle porte di casa, come ha detto espicitamente Obama.

    La criticità interna degli Usa è la “fatica di essere impero”, che emerge in tutti gli imperi, ora negli Usa con il trumpismo delle parti meno globalizzate del paese, stanche di occuparsi dell’universo mondo, come invece intendono continuare a fare i dem e i gop storici.

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