Hong Kong: la “rivoluzione colorata” delle mafie finanziarie

Pubblichiamo questi tre articoli, molto diversi fra loro, che però ci offrono un quadro molto chiaro, lucido ed esaustivo (e soprattutto alternativo alla vulgata mediatica dominante) su quanto sta avvenendo ad Hong Kong e a quella che dai media occidentali viene descritta come una sorta di “rivoluzione democratica” (stile “rivoluzioni colorate”…) contro il totalitarismo cinese.

In realtà – come spiegato nei tre articoli di cui sopra – si tratta di una mobilitazione reazionaria promossa e organizzata dalle mafie finanziarie (sostenute, naturalmente, dalle potenze occidentali) che da sempre hanno in quella sorta di “città-stato” una loro centrale operativa.

Consigliamo soprattutto di vedere questo video prima di leggere gli articoli:

https://youtu.be/0zIwfP6XNuY

Di seguito gli articoli:

https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/15639-pino-arlacchi-hong-kong-la-storia-che-non-leggerete-2.html

https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/15644-nucleo-comunista-internazionalista-hong-kong-contro-la-democrazia-contro-la-liberta-del-businnes-e-dei-businnesmen-di-ogni-razza-e-colore.html

https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/15651-francesco-santoianni-hong-kong-qualcuno-vi-ha-raccontato-che-il-famigerato-trattato-di-estradizione-con-la-cina-lo-ha-stipulato-anche-l-italia.html

 

 

Risultati immagini per manifestazioni ad Hong Kong immagini

Fonte foto: Huffington Post (da Google)

6 commenti per “Hong Kong: la “rivoluzione colorata” delle mafie finanziarie

  1. armando
    21 agosto 2019 at 16:10

    tutto molto interessante ed istruttivo perchè evidenzia le micidiali contraddizioni e gli intrecci d’interesse del mondo di oggi, nei quali è sempre più difficile “navigare” rintracciando un filo comune. Un tempo questo filo era la lotta di classe, almeno come ipotesi teorica, ma oggi non se ne vede l’ombra. C’era anche, come suo surrogato, l’appoggio obbligato ai paesi socialisti (o sedicenti tali) che comunque si contrapponevano al capitalismo occidentale in nome di un modo fondato su basi diverse, e poco importa se anche teoricamente e concretamente salde o meno. Quello che contava era la speranza suscitata nelle classi subalterne dell’occidente e la capacità di attrazione verso i popoli dell’allora definito terzo mondo. Giustamente uno degli articoli ricorda a più riprese il carattere capitalistico dell’economia cinese (del resto comune anche alla Russia), apertamente rivendicato da quella dirigenza. Sembrerebbe una partita tutta interna, ma le differenze stanno 1)nel fatto che il capitalismo cinese è ferreamente controllato dalla politica che tenta di torcere l’economia al suo servizio, il che non è poco anche se non si tratta di un tentativo del tutto nuov. Mi si perdoni l’ardire del passaggio, ma anche il fascismo fu un tentativo nella stessa direzione. 2) il controllo politico dell’economia lascia sperare che prima o poi possa esserci una evoluzione in senso non capitalistico, cosa esclusa nei regimi occidentali, keinesismo incluso. Infine, l’esistenza di differenti poli capoitalistici in lotta fra loro lascia aperte molte contraddizioni. E queste possono favorire l’evolversi favorevoli delle contraddizioni. Insomma un mondo multipolare è pur sempre meglio di un mondo unipolare.

    • Marcus
      22 agosto 2019 at 16:02

      “2) il controllo politico dell’economia lascia sperare che prima o poi possa esserci una evoluzione in senso non capitalistico, cosa esclusa nei regimi occidentali, keinesismo incluso.”

      Forse ricordo male, ma non era questa una possibilità ipotizzata anche da Giovanni Arrighi nel suo libro “Adam Smith a Pechino”?

  2. Marcus
    22 agosto 2019 at 12:45

    Conosco abbastanza bene i cinesi, tra i quali ho numerosi colleghi ed amici, nonché la mia ragazza. Una delle caratteristiche che a mio avviso li rende più diversi dagli occidentali è lo iato tra la loro credulità alla narrazione ufficiale degli eventi storici fatta dalla scuola cinese e l’incredulità alle notizie riportate dai media, cinesi e non (l’occidentale medio al contrario tende a non dare troppo credito alle fonti scolatistiche ed a bersi invece ogni cazzata propinata dai media ufficiali).
    Per esempio, fra le mie conoscenze anche i più critici verso il governo ed il partito comunista non mettono in dubbio il (sacrosanto) diritto della Cina a rivendicare Taiwan, né la validità delle annessioni di Tibet e Xinjang (a mio avviso queste due invece assolutamente sbagliate ed ingiustificate dal punto di vista storico, anche se concordo con quanti dicono che ormai non si può tornare indietro), sostanzialmente perché è ciò che la scuola insegna loro.
    Viceversa tutti quanti, compresi i membri del PCC che ho conosciuto finora, sanno benissimo che dei media e delle dichiarazioni ufficiali dei governi non ci si può assolutamente fidare, siano essi cinesi o stranieri.
    Questo fatto, unito ad uno spontaneo nazionalismo difensivo basato sulla memoria storica di tutte le umiliazioni subite per mano degli stranieri durante il periodo Qing (proprio ieri una mia amica dello Shanxi ha definito la protesta a Hong Kong come la continuazione delle guerre dell’oppio!), a mio avviso fa sì che, a differenza degli hongkonghesi, i cinesi del “mainland” siano oggi difficilmente manipolabili dalle potenze straniere.
    I soli elementi veramente pericolosi fra loro sono gli studenti occidentalizalizzati del ceto medio che avendo già la pancia piena hanno tempo da perdere chiedendo cazzate come libertà di espressione e democrazia (non ho mai sentito un solo dissidente cinese protestare per chiedere il welfare o la fine dello sfruttamento operaio!), mentre le proteste dei lavoratori vengono fatte per cose serie come l’aumento dei salari, la diminuzione degli orari di lavoro, l’estensione del servizio sanitario ecc.
    E forse almeno un aspetto positivo della scollatura fra diritti civili e sociali, e definitiva sostituzione dei secondi con i primi anche nella narrazione della sinistra occidentale, potrebbe consistere nel fatto che, a differenza di quanto avvenuto nell’89, questa volta non sarà facilmente possibile una manipolazione delle (sacrosante) proteste degli operai cinesi, che chiedono cose serie, da parte dei dissidenti che protestano invece “per la Coca Cola”, come diceva il compianto Sanguineti.

  3. armando
    25 agosto 2019 at 16:30

    “I soli elementi veramente pericolosi fra loro sono gli studenti occidentalizalizzati del ceto medio che avendo già la pancia piena hanno tempo da perdere chiedendo cazzate come libertà di espressione e democrazia (non ho mai sentito un solo dissidente cinese protestare per chiedere il welfare o la fine dello sfruttamento operaio!),”.
    Esattamente come in Russia!!

    • Marcus
      2 settembre 2019 at 20:04

      E come in Romania, dove mentre gli studenti manifestavano contro Ceausescu i minatori facevano contro-manifestazioni in suo appoggio.
      D’altronde il grande Costanzo Preve ci ricorda che la vera causa della fine del socialismo est-europeo fu la contro-rivoluzione dei ceti medi desiderosi di aver le stesse opportunità di arrichimento e prestigio sociale dei loro omologhi occidentali (non so se fu lui il primo a sviluppare questa tesi o se la riprese da altri autori, comunque è ampiamente ribadita nei suoi scritti).
      Nell’89 a Pechino stava per succedere la stessa cosa: in quell’occasione la Repubblica Popolare si salvò per un soffio.
      Comunque, nell’intervento precedente sono stato un po’ troppo frettoloso nel dire che gli unici elementi pericolosi per la Cina sono gli occidentalizzati del ceto medio: una minaccia piuttosto seria è rappresentata anche dagli indipendentismi tibetano e uiguro, ed in particolare dal secondo.
      Tuttavia, per quanto io sia sinofilo e contrario ad una loro eventuale secessione (ormai la frittata è fatta), in questo caso a mio avviso la colpa è soprattutto della Cina. Anche volendo tralasciare il fatto che all’epoca le due annessioni non erano giustificabili (soprattutto nel caso del Tibet), la Cina deve smetterla di bistrattare le due minoranze in questione (soprattutto gli uiguri) e dare loro un’autonomia locale reale, e non solo sulla carta. Oltre a fare cosa buona e giusta in sé, eviterebbero anche la radicalizzazione delle proteste.

      • Fabrizio Marchi
        2 settembre 2019 at 20:15

        “Anche volendo tralasciare il fatto che all’epoca le due annessioni non erano giustificabili (soprattutto nel caso del Tibet), la Cina deve smetterla di bistrattare le due minoranze in questione (soprattutto gli uiguri) e dare loro un’autonomia locale reale, e non solo sulla carta. Oltre a fare cosa buona e giusta in sé, eviterebbero anche la radicalizzazione delle proteste”. (Marcus)
        Sono d’accordo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Dichiaro di essere al corrente che i commenti agli articoli della testata devono rispettare il principio di continenza verbale, ovvero l'assenza di espressioni offensive o lesive dell'altrui dignità, e di assumermi la piena responsabilità di ciò che scrivo.