Kazakistan: terreno di scontro fra l’Unione Eurasiatica e la dottrina Rumsfeld/Cebrowski?

La rivolta in Kazakistan ha incendiato la steppa nel giro di pochissime settimane: come troppe volte accade, una legittima mobilitazione popolare, per ragioni strettamente geopolitiche, è stata presa in custodia dalle ONG imperialiste per proiettare la dottrina della ‘’guerra perpetua’’ nelle regioni caucasiche. L’obiettivo geopolitico dell’imperialismo USA è la dissezione neocoloniale della Federazione Russa, ciononostante la situazione del Kazakistan va inquadrata con metodo marxista: la contraddizione principale si sovrappone a quella secondaria interna.

La transizione al capitalismo nella regione caucasica ‘’ha causato un aumento della disuguaglianza sociale, caratteristica di tutto il mondo, escludendo Cina, Vietnam e altri stati” e “è necessaria una revisione della politica socio-economica nella maggior parte dei paesi della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI)”, come ha recentemente osservato Dmitri Novikov, vice-presidente del Partito Comunista della Federazione Russa, citato dal giornalista marxista Massimiliano Ay su Sinistra.ch. Il Kazakistan,in quanto stato nazione, da oltre trent’anni è una delle vittime della disgregazione degli Stati (per quanto autoritari) antimperialisti con una base economica semi-socialista nell’area ex sovietica: l’imperialismo occidentale prima impoverisce le ‘’zone tempestose’’ (come le chiamava Mao), per poi gettarle nel caos.

Il governo di  Nazarbayev rappresenta un mix di neoliberismo interno ed una politica estera autodefinitasi ‘’multi-vettoriale’’, ciononostante la proiezione internazionale di un governo è (quasi sempre) il prolungamento delle questioni interne: dopo una attenta disamina storica, sappiamo che un blocco sociale anti-proletario non è nelle condizioni di sistematizzare la transizione al mondo multipolare, quindi Nazarbayev non ha disdegnato l’affarismo banditesco con alcune fazioni della borghesia metropolitana europea ed anglo-statunitense, compreso l’imperialismo ‘’straccione’’ italiano. Come ha scritto il giornalista investigativo Pepe Escobar:

‘’Viene inevitabilmente in mente la prospettiva di un’altra rivoluzione colorata: forse Turchese-Giallo, che riflette i colori della bandiera nazionale kazaka. Soprattutto perché al momento giusto, acuti osservatori hanno scoperto che i soliti sospetti – l’ambasciata americana – stavano già “avvertendo” delle proteste di massa già nel 16 dicembre 2021.

Maidan ad Almaty? Oh sì! Ma è complicato.’’ 1

Domanda: il Kazakistan sarà il nuovo terreno di scontro fra l’Eurasia e la dottrina Rumsfeld/Cebrowski? Gli analisti devono rispondere a questa domanda, l’unica in grado di inquadrare le ragioni strategiche dello Stato profondo ‘’dem’’ che, in perfetta continuità con l’amministrazione Trump, persegue la distruzione d’una porzione del pianeta.

 

Kazakistan: la ‘’cospirazione’’ delle elite contro la Federazione Russa

In Kazakistan è iniziato il piano geopolitico dell’Elite Anglo-Sionista contro Russia e Cina: la testata marxista Sinistra.ch, pubblicando un eccellente articolo Kazakistan in fiamme: Russia e CSTO mobilitati contro il terrorismo, ha inquadrato il legame della borghesia ‘’vendi patria’’ con gli Stati Uniti e l’Unione Europea. Leggiamo:

‘’Uno dei leader è Mukhtar Ablyazov, per breve tempo ministro dell’energia, industria e commercio alla fine degli anni ’90, successivamente figura politica d’opposizione al presidente Nasarbayev, infine rifugiato politico in Europa. Oggi risiede in Francia, al riparo da innumerevoli condanne (frode, appropriazione indebita e persino omicidio su commissione) che si è guadagnato in patria. Negli scorsi giorni egli ha attivamente aizzato i manifestanti attraverso i social, ponendosi come organizzatore delle proteste. In un post egli trae esplicita ispirazione dall’Euromaidan di Kiev, e afferma che “Noi siamo come gli americani, i francesi, i tedeschi, gli italiani, e costruiremo un paese figo tanto quanto l’America e l’Europa”. Visto lo sviluppo non positivo (per lui) degli eventi, ha successivamente dichiarato di non avere nulla a che fare con le proteste in Kazakistan, ma internet non dimentica e i suoi post sono rimasti immortalati nella rete.’’ 2

Le informazioni raccolte dal pubblicista Nil Malyguine sono preziose per comprendere la contraddizione principale, ciononostante non abbuonano al governo del Kazakistan la brutale transizione dal socialismo burocratizzato al neoliberismo selvaggio: la distruzione dell’URSS ha rilanciato l’unilateralismo del Pentagono, ma anche le ricette economiche, a dir poco mafiose, dei Chicago Boy. Il capitalismo dei disastri (con qualche eccezione nel mondo non globalizzato: es. Cuba, Cina, Iran e Venezuela) rappresenta una tendenza mondiale che, con cinismo e nell’indifferenza, sta determinando la de-popolazione su scala globale.

L’obiettivo USA potrebbe essere quello di creare un diversivo strategico anti-russo ed anti-cinese, per proiettare la dottrina della ‘’guerra senza fine’’ nelle regioni caucasiche. La costruzione della nuova Architettura di potere, attraverso la gestione militarizzata della pandemia, non può rimanere circoscritta alle nazioni occidentali, ma deve trovare uno sbocco imperialista ed est: il fascismo tecnocratico in un solo paese non è una via percorribile.

Massimiliano Ay, per Sinistra.ch, è stato uno dei pochi dirigenti politici che ha proposto una sistematizzazione teorica marxista delle proteste (inizialmente legittime, poi monopolizzate dai terroristi ‘’americano-sionisti’’) in Kazakistan:

‘’Chi legge, ad esempio, le proteste di questi giorni in Kazakistan come una lotta esclusivamente derivante dall’aumento del prezzo dell’energia, non vedendo il rischio di una controrivoluzione colorata (cioè di un golpe filo-atlantico e liberista come è avvenuto nel 2014 in Ucraina) è rimasto fermo forse a Marx, ma ha capito poco del rinnovamento portato da Lenin alla teoria rivoluzionaria e rifiuta di prendere in considerazione l’ulteriore passo avanti del mondo che è stato determinato dall’emergere della Cina di Xi Jinping come potenza. Destabilizzare oggi il Kazakistan significa infatti, non solo accerchiare la Russia (aprendole un nuovo fronte militare che comporterà un suo indebolimento economico e quindi anche un disimpegno nel suo ruolo di equilibrio nei confronti dell’aggressività di Washington e Bruxelles), ma significa anche sabotare la strategia cinese della Nuova via della seta. Frenare quest’ultima significa oggi – non negli anni ’90, ma oggi! – rallentare il processo di liberazione nazionale dei paesi poveri sotto controllo neo-coloniale da parte di USA e UE, e quindi perpetuare più a lungo il dominio atlantico e il loro sfruttamento capitalistico.’’ 3

Le proteste contro il carovita sono sacrosante e vanno appoggiate in qualsiasi parte del mondo, ciononostante la lotta di classe ha assunto (a causa della debolezza della sinistra socialista, in Europa come in Kazakistan) una dimensione geopolitica riproponendo il conflitto fra Atlantismo ed Eurasia. L’Eurasia, in questa congiuntura storica, propone la cooperazione; l’Atlantismo è sinonimo di guerra e sfruttamento della classe operaia attraverso meccanismi perversi di manipolazione psicologica (oltre al tradizionale conflitto fra Capitale e Lavoro). La prospettiva rivoluzionaria si gioca su un altro piano: il conflitto fra chi vuole un mondo multipolare, come la Repubblica popolare cinese e chi non lo vuole: USA, Ue e lo Stato sionista. L’intelligence russa è (legittimamente) intervenuta per osservare da vicino l’evolversi della conflittualità, geopolitica ma anche sociale: fazioni dell’Elite in cerca di potere, con gli USA che, per quanto indeboliti dal coronavirus, non hanno dismesso il ruolo di boss malavitoso del mondo.

Il pluripremiato giornalista investigativo, Julian Assange, sta morendo in un lager inglese: USA, Gran Bretagna e lo Stato israeliano, sfruttando l’aderenza del giornalismo lubrificato alla geopolitica sionista, hanno incendiato diverse aeree geografiche (Etiopia, Eritrea, Birmania, regioni caucasiche) proiettando il militarismo dentro e fuori la ‘’società del controllo ‘’ globale. Chi racconta i crimini dell’imperialismo occidentale ha due opzioni: incarcerato o deriso.

https://comedonchisciotte.org/steppe-in-fiamme-la-rivoluzione-colorata-del-kazakistan/

https://www.sinistra.ch/?p=12832

https://www.sinistra.ch/?p=12860&fbclid=IwAR0z0Dv7o60ciLrteK1ysz13BZIoZFQeWzxYgyqWlMmP0OLow8SLn8d8oSU

Vacilla il regime in Kazakistan. Il presidente Tokayev promette le riforme

Fonte foto: Agi (da Google)

1 commento per “Kazakistan: terreno di scontro fra l’Unione Eurasiatica e la dottrina Rumsfeld/Cebrowski?

  1. Federico Lovo
    12 Gennaio 2022 at 22:54

    diverse fonti, traduzioni… consultate. L’interessante sito “Politnavigator” escludeva la natura “esterna” delle provocazioni terroristiche, indicando per esse una natura “interna”. Tale valutazione appare sbagliata, come sbagliato il considerare il governo kazako “completamente filo-occidentale” (cito lo stesso Politnavigator). Nulla da obiettare sulla cialtroneria liberale dei dirigenti kazaki, ma il fattore geopolitico pesa, ed il Kazakistan appartiene alla UEE e aderisce alla BRI, anche il solo confinare con Russia e Cina (Xinjang) fornisce alla RAND e altri circoli dell’orrore valide ragioni per incendiare il Kazakistan. Video abbastanza coimprensibile dell’ottimo Berletic, con tanto di link per chi volesse conferme: https://www.youtube.com/watch?v=GMtOme-J3D4&list=WL&index=180&t=94s

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