L’imperialismo americano-sionista è al tramonto?

La rivolte popolari in America Latina (Haiti, Ecuador e Cile) e lo sconfitta dello Stato profondo USA in Medio Oriente segnano un passo in avanti nella de-globalizzazione del mondo. L’imperialismo USA arretra mentre Gran Bretagna ed Israele sono sempre più vulnerabili di fronte all’iniziativa delle forze sciite. Il sionismo, dopo aver decimato popolazioni innocenti, dovrà fare i conti col suo lascito politico: un “modello” capitalistico inefficiente, peraltro su basi etniche. Dall’altra parte la dicotomia destra/sinistra riemerge dall’eclissi in cui totalitarismo ideologico neoliberista l’aveva cacciata; se l’antimperialismo sciita rappresenta la sinistra della de-globalizzazione, il corporativismo islamico dell’AKP turco è indubbiamente l’estrema destra intollerante e militarista.
L’analisi del giornalista Thierry Meyssan è quanto mai attuale:

“La liberazione in una settimana di un quarto di territorio siriano non è soltanto la vittoria del presidente Bashar al-Assad – “l’uomo che deve andarsene” ormai da otto anni – segna altresì lo smacco della strategia militare finalizzata a consolidare la supremazia del capitalismo finanziario. Quel che sembrava inimmaginabile è accaduto. L’ordine del mondo si è ribaltato. Il seguito è ineluttabile.
L’accoglienza in pompa magna del presidente Vladimir Putin in Arabia Saudita ed Emirati Arabi è sintomo dello spettacolare capovolgimento delle potenze del Golfo, che hanno cominciato a spostarsi nel campo russo” 1

Putin, da maestro della diplomazia internazionale, sta portando Erdogan e Casa Saud nel ‘’campo russo ’’ (come scrive Meyssan), ciononostante il presidente siriano Bashar al-Assad continua (giustamente) a considerare il capo di stato turco “un ladro” e gli antimperialisti sciiti iracheni hanno giurato di combattere la monarchia wahabita dal “cuore di pietra” e l’ “ingiustizia” di Turchia e Qatar. Il governo russo vorrebbe mediare fra la de-globalizzazione di destra (Erdogan) e quella di sinistra (Siria, Iran e Cuba), ma quest’opera di “conciliazione”, non soltanto è destinata a fallire ma rappresenta il limite maggiore del “putinismo”.
Chiarito ciò, il riposizionamento geopolitico russo fa il gioco delle forze antimperialiste ostacolando la globalizzazione sul modello della Dottrina Monroe. La megalomania dello Stato profondo USA si è squagliata come neve al sole dinanzi alla coerenza di Mosca che, per quanto riguarda la guerra convenzionale, dispone di un esercito sicuramente in grado di competere con tutti quelli occidentali.
Il 20 agosto scorso scrivevo: “La caratteristica di Trump è quella d’aver “nazionalizzato” la demagogia populista, globalizzata fin dai tempi dell’amministrazione Reagan. Se la famiglia Bush ed i Clinton hanno mondializzato l’arroganza USA, Trump l’ha riportata entro i confini nazionali trasformando in neofascismo evangelico un piano di conquista pan-planetario” 2. Il “trumpismo”, differenziandosi dall’imperialismo cosmopolita “clintoniano”, si basa sull’alleanza strategica dei movimenti di destra e razzisti su scala internazionale (Brasile, Italia, Ungheria, Israele, ecc …); l’obiettivo del guru neoevangelico Steve Bannon è la costituzione d’una “internazionale neofascista” capace di tenere insieme il neonazismo tradizionale col neoconservatorismo “yankee”. L’arroganza dell’Impero, contrariamente a quello che credono i populisti di destra, si sovrappone al processo di de-globalizzazione proiettando nel ventunesimo secolo anacronistici piani di colonizzazione.
La Siria è la prima nazione a resistere all’esportazione del “caos creativo” americano-sionista; l’imperialismo “cosmopolita” nel 2016 accusò una umiliante disfatta militare, anticamera della vittoria elettorale di Trump. In Francia, il movimento dei Gilet Gialli promuove un programma patriottico di fuoriuscita dal neoliberismo europeista. Le scuse della corporazione accademica fanno ridere, il capitalismo finanziario è disprezzato dai lavoratori, ma anche dalla piccola e media borghesia un tempo alleate dell’imperialismo.
L’articolo continua: “Il patriottismo post-rivoluzionario iraniano ha un nemico strategico: il nazionalismo conservatore di Erdogan. Negli stessi termini il populismo occidentale non ha nessun legame con le politiche nazional-popolari delle forze di centro-sinistra sudamericane. La demagogia “trumpista”, così come il “sionismo laburista”, è un prodotto mal digerito dell’establishment USA, l’ultimo espediente per fermare la transizione dal capitalismo globale a quello nazionale”. Il centro-sinistra sudamericano promuove progresso, democrazia e diritti civili, ma non mette in discussione il capitalismo. Statisti come Morales, Correa ed i Kirchner hanno resistito alla Dottrina Monroe contrapponendogli la cooperazione paritaria, però con i loro governi il capitalismo ha semplicemente cambiato forma: dal neoliberismo al laburismo distributivo. Il compito degli anticapitalisti sarà quello di andare oltre il populismo “rivoluzionario”, trasformando la de-globalizzazione di sinistra in antimperialismo radicale e socialista.
Gli USA sono più deboli, Israele è screditata mentre le Resistenze nazionali di Iran, Cuba e Venezuela si guadagnano il rispetto dei popoli. La Dottrina Monroe è defunta, pensare di attualizzarla e globalizzarla è folle, dall’altra parte la borghesia commerciale “trumpista” ha soltanto una cosa da offrire: sfruttamento.
Il giornalista marxista, Andre Vltchek, ha inquadrato il tema della debolezza occidentale: “Gli Stati Uniti sono deboli perché moralmente defunti. Non c’è nulla di incoraggiante nel terrorizzare altre nazioni. Gestire un impero è profondamente nichilista e cupo. Vivere di saccheggio è deprimente. Depressione e pessimismo, nichilismo e continue esplosioni di aggressività indeboliscono l’animo. D’altro canto, la resistenza positiva e lo spirito rivoluzionario rafforzano sia nazioni che individui” 3. USA, Gran Bretagna ed Israele sono stati imperialisti, ciononostante le società angloamericana ed israeliana risultano sterili, prive di certezza e piene di paura. Cuba aveva edificato, negli anni ’80, il miglior sistema sanitario mondiale, mentre a pochissimi chiilometri di distanza la sbudellata società nord-americana veniva decimata dalla prima epidemia di AIDS. Il capitalismo, anno dopo anno, somiglia sempre di più ad un organismo umano gravemente compromesso; il neoliberismo economico è una sorta di”HIV” politico.
Il capitalismo finanziario agonizza sotto i nostri occhi; Trump (contrariamente a quello che dice Meyssan) non è nelle condizioni di contestarlo ed i conservatori sono l’altra faccia della medaglia della “sinistra imperiale”. La globalizzazione della Dottrina Monroe è fallita, l’ingresso nel mondo multipolare a discapito dell’imperialismo americano-sionista aprirà le porte ad una nuova dialettica politica dove il conflitto fra capitale e lavoro potrà riprendere fiato e corpo.
https://www.voltairenet.org/article208019.html

La de-globalizzazione del mondo confligge con l’imperialismo “cosmopolita” USA

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Fonte foto: FarodiRoma (da Google)

3 commenti per “L’imperialismo americano-sionista è al tramonto?

  1. karbala no zog
    25 ottobre 2019 at 15:12

    Le analisi di Meyssan (ho letto tutti i suoi libri) spesso vanno nella direzione giusta ma dell’Iran spesso dice cose inesatte, come quando afferma che la Guida ha tradito l’ex presidente iraniano Ahmadinejad a Omam con emisarri di Clinton nel maggio 2012. Non risulta questa fattualità, non so da dove l’abbia potuta trarre Meyssan. Ahmadinejad si è voluto autonomamente allontanare dalla competizione nel momento in cui ha proposto candidati sgraditi alla popolazione.
    Inoltre la Rivoluzione iraniana non è leggibile con lenti ideologiche occidentali secolarizzate (iran cuba venezuela), la rivoluzione degli oppressi è un fatto unico nella storia che non si vedeva dai giorni dell’Insurrezione di imam Hossein, per questo molti iraniani consideravano l’imam il mahdi…
    Putin vorrebbe salvare il salvabile ma l’Iran è in guerra dal 1980 a oggi (sanzioni, bombardamenti, guerra ibrida sempre più aggiornata di 5 generazione ) e se non vi fosse stato Soleimani l’Isis sarebbe arrivato nelle pianure asiatiche a ridosso della Russia

  2. Federico Lovo
    25 ottobre 2019 at 20:21

    complimenti per l’articolo. Nel testo manca solo il ruolo della Cina, alla quale manca solo l’ascesa militare per divenire il principale becchino dell’ordine unipolare. Non è da escludere i Comunisti Cinesi riescano a colmare il gap militare in un periodo non così lungo.

  3. 26 ottobre 2019 at 18:27

    Non mi pare che gli sciiti siano questa gran minaccia per Gran Bretagna e Israele. La Gran Bretagna è in difficoltà per le questioni europee (potrebbe addirittura frantumarsi). In quanto a Israele è sempre lì tranquillo.

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