L’ISIS e il terrore alle porte

Nulla è più agghiacciante di un pericolo invisibile. Lo sanno bene i cattivi dei Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa che saltano in aria senza aver visto il volto del proprio nemico, né il velivolo che lo ospitava.

Mia madre mi raccontava (e tuttora mi racconta, per fortuna) dei bombardamenti Statunitensi su Roma durante la liberazione dell’Italia dai fascisti, cioè da noi stessi. Bombardieri provenienti da Sud, che in larghe formazioni procedevano verso Roma per abbattere le ultime postazioni di un regime allo sfascio e di un esercito tedesco in ritirata; bombardamenti a tappeto, e con essi qualche bomba che finiva … dove capitava. Erano i tempi delle bombe stupide. E così quando il cupo rumore della libertà si approssimava, mia nonna e i suoi tre figli correvano via da casa (una catapecchia sull’Appia Antica) per trovare rifugio. Mio nonno no, lui il rifugio l’aveva trovato già, permanente, qualche anno prima. Tale l’abitudine, che tutti sapevano distinguere a chilometri di distanza se gli aerei fossero gravidi di bombe o il parto fosse già avvenuto.

Attese e corse, col cuore in gola. Ma non terrore però, perché il pericolo lo sentivano da lontano per poi vederlo da vicino, sempre più delineato. No, niente terrore, solo paura, per se stessi, prima, per i malcapitati di turno, una volta avessero  intuito che la rotta dei bombardieri della libertà puntava altrove.

Perché il terrore non è la pistola puntata alla tempia. Il terrore è l’idea di essere nel mirino di qualcuno che non si vede e non si conosce e che quando colpisce lo fa senza preavviso e senza lasciare tracce. E senza lasciare la possibilità di un ultimo abbraccio.

La paura ti fa correre, il terrore ti paralizza. La paura richiama l’istinto alla sopravvivenza, il terrore ti chiude nella rassegnazione.

Lo sapevano bene gli architetti dell’11 Settembre, che non desideravano gettare il popolo Statunitense nella paura, ma nel terrore. Nella consapevolezza di una morte possibile inferta da un nemico sconosciuto e invisibile. E terrore fu. Con esso arrivarono le estreme misure, l’Enduring Freedom, il Patrioct Act, lo spionaggio globale, la cancellazione dell’”habeas corpus” (NDAA, cioè la detenzione a tempo indefinito senza processo), i “domestic terrorists“, le “extraordinary rendintion” e i “combattenti” di Guantanamo. Le torri gemelle non solo spalancarono le porte al petrolio di Saddam, ma aprirono la voragine in cui sprofondare i diritti basilari dell’uomo, in primis quelli degli stessi cittadini Statunitensi. Cittadini che da quella voragine non sono più usciti, e che ormai da tempo vedono presidiare le proprie strade da polizia in assetto da guerra permanente e che oggi vedono materializzarsi l’ennesimo nemico televisivo, l’ISIS.

I ribelli dell’ISIS che diventano ovviamente terroristi. Perché il ribelle combatte un potere, il terrorista vuole portare il terrore tra la popolazione. Quello che è certo è che vengono commessi crimini verso persone del nord-est Africa; vengono uccise persone di diverse religioni e soprattutto locali, in modo truculento. L’opinione pubblica Europea viene mobilitata con le immagini di Cristiani trucidati, e monta l’idea della barbarie religiosa. Nessuno dice che in realtà la maggior parte delle vittime sono musulmane. Nessuno dice cosa sta succedendo, soprattutto cosa succede in Iraq. Una guerra civile forse? L’opposizione al governo Iracheno e alla lottizzazione dell’Iraq nella cui partita entrano anche i Curdi?

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La voglia di porsi domande svanisce presto, la pancia degli Europei è già agitata dalla uccisione a sangue freddo di centinaia di uomini, molti apparentemente civili e dalla crocifissione di qualche cadavere, e dalle teste mozzate…ovviamente. La pancia è più veloce della testa. Le vittime sono locali e la minaccia è rivolta verso i locali, cosa c’entriamo noi “occidentali”? Le truculente uccisioni mandano in sesto piano il milione di civili uccisi dalla “civiltà” Euro-Atlantica dall’inizio della guerra irachena. Perché nel nostro immaginario c’è una guerra di civiltà, eh, il potere della TV. La “civiltà” Europea largamente Cristiana, non si pone più le domande più elementari; “chi sono questi?”, “cosa vogliono?”, “esiste un pericolo?”, “perché lo fanno?”, e soprattutto, “ma cosa sta succedendo laggiù?”.

Ma non è ancora terrore, è solo sdegno e un po’ di paura, paura per i malcapitati del luogo; per adesso è solo il sano pensiero di trovare un rifugio, di starsene a casa propria ed evitare luoghi apparentemente ostili e apparentemente pericolosi.

Devono saltare altre teste, quelle di giornalisti statunitensi ovviamente, prima, e di Inglesi, poi. La guerra civile in Iraq, pardon, guerra di “civiltà”, diviene terrorismo; un terrorismo “minacciato”, neanche attuato, verso Paesi distanti migliaia di chilometri. Prima Re Obama, poi il Principe Cameron, si ergono a paladini, uniti nella santa guerra contro il diabolico, per difendere la nostra “comune umanità”.

La nostra pancia si agita ma la testa ancora risponde; “sì è vero, potrei saltare in Iraq, ma qui in Europa sono ancora saldamente sulle spalle”.

Ma in men che non si dica arrivano i “flussi migratori di jihadisti” pronti ad immolarsi per la causa dell’ISIS. Uomini e anche, udite udite, donne, che lasciano i Paesi in cui vivono (o in cui sono nati) per andare a mozzare teste agli occidentali e creare lo Stato Islamico. E tra le donne jihadiste, alcune di esse adibite a gestire bordelli, in cui fanciulle, tenute in schiavitù, sono destinate a soddisfare i piaceri dei terroristi che non attendono altro che fecondare i ventri per dare alla luce altri terroristi. Farebbe ridere se non facesse piangere. Prove, quale prove? C’è bisogno di prove? Quando mozzi le teste, tutto sembra credibile, anche il cavaliere nero e il cavaliere bianco, e la principessa rinchiusa nel castello, ovviamente.

Il tweet di due ragazze disposte a lottare per l’ISIS, tre sventurati fermati alla frontiera, ed improvvisamente secondo l’attendibilissima intelligence della Casa Bianca, compaiono orde di potenziali terroristi, che potrebbero raggiungere gli jihadisti dell’ISIS, ptrebbero addestrarsi, quindi potrebbero tornare in patria dove potrebbero seminare il terrore.

Potrebbero.

E magari potrebbero fare una puntatina in Iran e prendere una bomba atomica, potrebbero smontarla, potrebbero riportarla a casa (nostra) e farla scoppiare.

Potrebbero.

Uno dopo l’altro i governi cadono nel gioco del terrore. Bandire i simboli dell’ISIS. Bloccare le persone che si ritengono (su quale base?) che potrebbero unirsi alla jihad. Bloccare i video dei mozzamenti di teste (e perché?).

Emblematico Thomas de Maiziere, Ministro degli Interni tedesco: “L’ISIS è un pericolo per la sicurezza pubblica in Germania, non sappiamo cosa stiano facendo ma potrebbero fare degli attentati”.

Potrebbero.

Un nemico invisibile che potrebbe fare qualsiasi cosa, ovunque, in qualunque momento.

Un nemico invisibile, perché il vero nemico è il terrore.

Fonte: IL REIETTO

2 commenti per “L’ISIS e il terrore alle porte

  1. Luigi Corvaglia
    16 Settembre 2014 at 22:37

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