L’Islam politico contro l’Egitto

La strage nella moschea Sufi  di Al Rawdah a Bir al Abed, nel Sinai, una macelleria ‘’wahabita’’ che ha portato oltre trecento morti, non è stata ancora rivendicata da nessuna organizzazione islamista malgrado tutte le piste conducano alla Fratellanza Musulmana. I Fratelli Musulmani sono dal 2013 in guerra contro il governo nazionalista e filorusso del generale Al Sisi, un personaggio non esente da errori politici (nonchè misfatti) alcuni dei quali, davvero, molto gravi. Domanda: per quale ragione il terrorismo islamista è tornato ad insanguinare l’Egitto?

Pochi giorni fa, proprio Al Sisi si rifiutò di condannare, entrando in rotta di collisione con l’Arabia Saudita, gli Hezbollah (e di conseguenza l’Iran) riconoscendo nel movimento sciita libanese, non una organizzazione terroristica, ma un legittimo movimento popolare di liberazione – arrivati a questo punto sarebbe più corretto scrivere d’unità – nazionale. Il falso golpe (se l’esercito non fosse intervenuto Morsi ed i suoi seguaci avrebbero massacrato un popolo inerme) di questo generale eclettico fece esultare l’estrema destra israeliana che lo proclamò ‘’eroe d’Israele’’ ma, adesso, la situazione si è capovolta: l’Egitto è sempre più vicino alla Russia, riconosce l’Iran in quanto campione indiscusso nella lotta contro Daesh, e cerca un ponte con le fazioni – islamiche e patriottiche – della resistenza palestinese. Certamente non diventerà una ‘’nazione rivoluzionaria’’, non armerà i guerriglieri palestinesi, ma l’orientamento geopolitico di Il Cairo non è più a stelle e strisce. L’asse Al Sisi, Assad e Putin – il tutto in una prospettiva multipolare – spaventa, non poco, gli USA. Insomma, dal 2013 ad ora molte cose sono cambiate.

I Fratelli Musulmani non sono wahabiti, ma la maggioranza dei neo-jihadisti (da non confondere coi patrioti musulmani), si sente attratta dal messaggio che Said Qutb, ideologo della setta egiziana, ha articolato nella sua opera più importante, Pietre miliari. L’Islam politico, seguendo la rilettura di Qutb, perde la sua carica politica e sociale anticoloniale, lo atato nazionale, centrale negli studi di Al Banna, scompare per far posto al Califfato ed alla ‘’crociata’’ anticomunista ed antinazionalista. Per questa ragione il colonialismo britannico e l’imperialismo USA sovvenzionarono la Fratellanza Musulmana contro Nasser in Egitto ed Hafez Al Assad in Siria. La ‘’sovversione islamista’’ era ed è un ‘’piede di porco’’ contro l’unità araba ed in favore del ‘’Grande Israele’’, il progetto, ultimo e devastante, dei neoconservatori USA e dei revisionisti israeliani. Il progetto delle due destre – statunitense ed israeliana – prende, in questo modo, forma.

I seguaci del predicatore Qutb mirano a ripristinare un grande impero ‘’islamista’’, ma – come molti sanno – l’ultimo Sultano venne deposto nel 1923 da Mustafa Kemal, il fondatore della Turchia moderna. Ataturk avvicinò il suo paese all’Urss sotto lo slogan ‘’pace in patria e pace nel mondo ’’, Nasser seguì una strada analoga. Al Sisi, cosa farà? Queste parole restano eloquenti e ci fanno riflettere sulle possibili svolte del ‘’nuovo’’ (ma fino a che punto?) Egitto: ‘’È inconcepibile che il pensiero che noi riteniamo più sacro faccia dell’intera umma (comunità musulmana mondiale, ndr) una minaccia e sia causa di ansietà, morte e distruzione per il resto del mondo ’’. Ci sono alcune domande che vorrei porre: l’incompatibilità fra la spiritualità Sufi ed il dogmatismo ‘’sunnita’’ è la ragione per cui è stata colpita, vigliaccamente, una moschea Sufi? Lo sciismo ed il sufismo possono salvare l’Islam dalla degenerazione integralista (termine più corretto del tanto abusato fondamentalista)?

I Fratelli Musulmani non hanno rivendicato l’attentato – cosa che Daesh ed il Fronte Jabat Al Nusra fanno sempre – soltanto per non compromettere la loro immagine davanti ai protettori occidentali. La Clinton come potrebbe ripresentarli in quanto ‘’difensori della democrazia’’ se, dal 2013, consumano pogrom anti-sciiti e massacri disumani? La situazione viene, ancora una volta, descritta al meglio da Fulvio Grimaldi, uno che il Medio Oriente dimostra di conoscerlo molto bene: ‘’Nessuna rivendicazione a 48 ore dall’assalto con esplosivi e mitragliatori, chè i FM non possono permettersi di rivendicare certi crimini per non perdere i futuri incarichi di protagonisti delle “soluzioni democratiche” nei paesi recalcitranti ai moduli occidentali. Ma non c’era bisogno di sventolare le bandiere nere dell’Isis perché tutti capissero chi fossero i mandanti’’ 1. Si indica come possibile responsabile la setta islamista Ansar Beit al-Maqdis la quale, da diversi anni, uccide per conto della Fratellanza. Una braccio armato ‘’wahabita’’ per non sporcare di sangue i politici di professione agli ordini di Obama e dei Clinton; i guerrafondai che pianificarono il rimodellamento teocratico del mondo arabo. Tutti gli analisti seri hanno capito chi è il mandante della strage, ma in Italia si sono messi in moto i professioni del depistaggio mediatico. Pubblicisti imprecisi, impreparati ed in cattiva fede (il più delle volte).

Il generale Al Sisi ha smesso d’essere un fantoccio dell’imperialismo? L’Egitto ha rotto con Casa Saud, si sta allontanando da Israele e vuole dialogare con Iran, Siria ed Algeria. Si tratta d’un buon inizio, adesso, però, è necessaria una svolta di sinistra interna ricucendo i rapporti col nasserismo ed i movimenti socialisti. Scriveva bene Samir Amin: ‘’L’esercito non è più quello dei tempi di Nasser. Trenta anni di corruzione sistematica praticata dalla CIA hanno creato un corpo di dirigenti dell’esercito completamente corrotto, che fa parte oggi delle nuove classi ricche dell’Egitto. La prova è che gli Stati Uniti hanno immediatamente denunciato quanto accaduto e sospeso il loro aiuto. Non escludo però del tutto che buona parte degli ufficiali medi restino malgrado tutto nazionalisti, nel senso buono del termine, e non vedano il loro ruolo come quello di uno strumento di repressione delle masse popolari. L’esercito ha probabilmente, in queste condizioni, scelto un comportamento molto saggio. Ora vedremo cosa ne seguirà. E’ una vittoria ma non è la vittoria finale’’ 2. Quello che è successo, a distanza di quattro anni, potrebbe essere interessante: Al Sisi da ‘’escort di Casa Saud’’ sembra essersi trasformato in un leader indipendente seppur non affatto antimperialista e ancora intriso di contraddizioni ed aspetti molto difficili da accettare. Non mi stupisce che l’imperialismo britannico volesse toglierlo di mezzo anche utilizzando l’ingenuo (ma non sappiamo fino a che punto) Giulio Regeni. La ‘’regenite’’ è una malattia della sinistra politicamente corretta italiana, il rovescio della medaglia degli sciovinisti che negano un ruolo attivo dell’imperialismo italiano in Africa. Le perplessità sono molte – Al Sisi vuole davvero cooperare con l’Iran? – ma l’assalto ad Il Cairo è una minaccia per la regione, una minaccia pericolosissima la quale – fra il silenzio dei mass media – va avanti dal 2013; gli attori, i registi e le comparse sono sempre gli stessi.

Il giornalista Alberto Negri ha ragione quando scrive che il punto chiave del conflitto dentro l’Islam è ‘’una battaglia culturale strumentalizzata politicamente’’ e prosegue: ‘’Non solo: la violenza contro i “miscredenti” fa parte anche di un conflitto interno ai jihadisti, tra quelli più estremisti dell’Isis e i membri di Al Qaeda, lo abbiamo già visto in Afghanistan, in Siria e Iraq. Negli attacchi dei jihadisti c’è, poi, una posta immediata, la più concreta: il Sinai è il crocevia di pipeline gasdotti, un’area strategica per i confini con Gaza e Israele, che guarda al Mediterraneo, al Mar Rosso e al Canale di Suez’’ 3. Al Sisi può non piacere, ma una sua caduta potrebbe essere devastante sul piano geopolitico.

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2017/11/ratko-mladic-abdelfatah-al-sisi-e-i.html

http://www.ossin.org/egitto/1424-samir-amin-la-caduta-di-morsi-deve-essere-considerata-come-una-vittoria-del-popolo

http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2017-11-26/l-egitto-al-sisi-guerra-contro-l-isis-081138.shtml?uuid=AEizmWID

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Foto: Life Gate (da Google)

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