Pakistan: la violenza di Washington aprirà le porte a nuove rivoluzioni antimperialiste?

La complessità della politica estera di Vladimir Putin sta nella capacità dello statista post-sovietico di mantenere ottime relazioni inter-statali con i suoi partner a prescindere dalla natura politica dei governi: al vertice di Samarcanda, la Federazione Russa ha accelerato la transizione al multipolarismo iniziando a strappare il Pakistan all’imperialismo economico USA.

Il presidente Khan, un visionario del nuovo mondo multipolare, è stato deposto con un colpo di stato pinochetista, nonostante ciò l’applicazione delle ricette economiche della Scuola di Chicago nelle zone periferiche potrebbe provocare l’effetto opposto, nuove rivoluzioni socialiste, quindi il golpismo nord-americano deve essere inquadrato (quasi sempre) come una mezza vittoria della controrivoluzione globale. Islamabad, se dal lato militare è tornata ad essere un prolungamento del Pentagono (principalmente contro India ed Iran), economicamente è rimasta un ponte verso l’Eurasia, un ‘’modello’’ di politica internazionale contradditorio che ha trovato in Erdogan un doppio Cavallo di Troia: difficile da gestire per la Nato; un partner inaffidabile per Russia e Cina. Il dittatore Sharif, al vertice della SCO, ha spiazzato una parte dell’opposizione interna mantenendo una linea cooperativa con Mosca e Pechino.

Putin non è un rivoluzionario, ma un moderno De Gaulle. L’Operazione Militare Speciale Z è una manovra necessaria che, a causa della linea moderata del presidente post-sovietico, non ha ancora assunto le caratteristiche di una operazione anti-terroristica (come è successo in Siria). Mosca non ha dichiarato guerra al capitalismo occidentale, ma si è posta l’obiettivo limitato di sradicare ‘’una banda di drogati e neonazisti’’: non è le FARC-EP, ma una nazione capitalista che guidando la transizione al multipolarismo potrebbe favorire l’ascesa di nuovi movimenti popolari e quindi, là dove svolge un ruolo anti-statunitense, è corretto appoggiarla tatticamente.

Il Pakistan, al di là della natura fascista del governo, è un partner strategico della Federazione Russa: l’obiettivo di Mosca è quello di costruire un nuovo attore strategico nei mercati globali, l’Eurasia. Un progetto ambizioso che non elimina la lotta di classe, ma pone le basi per ridare margini di manovra al movimento proletario internazionale in ritirata dopo la dissoluzione dell’URSS. L’analista strategico Andrew Korybko ha ben riassunto la dottrina Putin:

‘’Ciò che rimarrà sempre più importante per lui e per il suo governo nel suo insieme sono le relazioni interstatali tra la Russia e i suoi partner, indipendentemente da chi guida quest’ultimo, che si tratti di un visionario multipolare come l’ex primo ministro Khan o di un segnaposto installato negli Stati Uniti come il primo ministro in carica Sharif. Questo spiega perché il presidente Putin ha ancora parlato così bene delle relazioni russo-pakistane e ha riaffermato il suo precedente ottimismo sul loro futuro che aveva condiviso in occasione del Giorno dell’Indipendenza di quel paese il mese scorso.’’ 1

Gli Stati Uniti utilizzeranno Islamabad per rifornire d’armi l’Ucraina neonazista e spezzeranno l’alleanza iraniano-pachistana avvicinando il gigante sunnita a Tel Aviv; dall’altra parte, le relazioni sino-pachistane potrebbero venire incrinate dal sostegno del dittatore Sharif al terrorismo uiguro. Le intelligence di Mosca e Pechino giocano una partita differente rispetto alla diplomazia della SCO: l’intelligence post-sovietica non avrà scrupoli nel colpire quella pachistano-statunitense. Khan, al contrario, aveva promosso una politica d’interesse nazionale: transizione al mondo multipolare e sostegno alle Resistenze antimperialiste islamiche. Non è un leader anti-americano: come Putin non è certo Fidel Castro, Khan non è Khomeini. La violenza ottusa di Washington potrebbe creare le basi per nuove rivoluzioni democratiche ed antimperialiste.

Il Pakistan, dopo il colpo di stato definito da Korybko‘’post moderno’’, è diventato un centro strategico della CIA contro la guerriglia antimperialista e conservatrice dei Talebani; un conflitto con l’India nel Kashmir potrebbe collocare Pechino dalla parte di Nuova Delhi soltanto per il venir meno del ‘’cessate il fuoco’’ concordato da Khan, al di là dell’occupazione indiana (illegittima) dei territori musulmani. Scrive Korybko:

‘’L’America sembrava quindi aver premiato i suoi delegati del colpo di stato postmoderno per aver promosso i suoi interessi strategici dopo che il Dipartimento di Stato ha annunciato mercoledì che stava approvando la potenziale vendita di apparecchiature F-16 per un valore fino a $ 450 milioni che erano state congelate sotto l’amministrazione Trump. In quella che non è stata una coincidenza, Cina e India hanno deciso un giorno dopo di disimpegnare reciprocamente le loro forze militari dalla frontiera contesa in quella che è stata una grande riduzione del loro dilemma sulla sicurezza , dovuto al fatto che Pechino ha apprezzato l’orgogliosa dimostrazione di Delhi di strategie strategiche autonomia di fronte alle pressioni statunitensi.’’ 2

Il duplice elemento che dobbiamo prendere in considerazione sta nel fatto (in primis) che il vassallaggio militare non è seguito da quello economico (come spiegò il giornale marxista cinese Global Times), ma la repressione para-fascista potrebbe diventare la causa scatenante d’una Rivoluzione islamica sul modello di quella iraniana. Il capitalismo è un modello produttivo/di sfruttamento, non un sistema di comando, ciononostante l’autoritarismo neomoderno e para-fascista mobilita lo spirito patriottico della classe operaia.

In Ucraina, il moderatismo di Putin ha allargato il consenso dei ceti proletari verso la linea dura del Partito Comunista della Federazione Russa (PCFR) e dei nazionalisti anti-occidentali ceceni: passare da una manovra ad obiettivi parziali ad una  operazione anti-terrorismo su grande scala. Così facendo, Washington vedrebbe uno ‘’stato lacchè’’ spazzato via da una Rivoluzione antimperialista nel cuore d’Europa. Kiev ha assunto il ‘’modello’’ capitalista bianco israeliano: una seconda Israele “fascista-liberale”. La sconfitta del ‘’nazionalismo integrale ucraino’’ potrebbe provocare la caduta del sionismo territoriale gettando tutte le ideologie che generano oppressione in quella che Leon Trotsky chiamava ‘’la spazzatura della storia’’.

https://korybko.substack.com/p/pakistans-successful-sco-summit-shouldnt?fbclid=IwAR1NLzHh9RfwLvqM76g8QqlsWwWH5Krx6KMn6xslosMDFtAr88ueD6WbaXs

https://italiaeilmondo.com/2022/09/13/le-conseguenze-globali-del-grande-riorientamento-strategico-dellasia-meridionale-di-andrew-koribko/

Nawaz Sharif's fate will be determined by the two chiefs of Pakistan

Fonte foto: ThePrint (da Google)

 

1 commento per “Pakistan: la violenza di Washington aprirà le porte a nuove rivoluzioni antimperialiste?

  1. Raf
    19 Settembre 2022 at 16:15

    Provo ad accennare per sommi capi il contesto fattuale.

    L’ex campione pakistano di cricket Imran Khan aveva ottenuto con il suo partito “populista” (ovviamente semplifico) poco più del 30% alle ultime elezioni, riuscendo poi a formare in parlamento, anche grazie all’appoggio dell’èlite militare, una coalizione di maggioranza che lo ha eletto primo ministro.

    Ma poi questa coalizione si è sfarinata per tre fattori fondamentali, la riforma della scuola, il peggioramento della situazione socio-economica, e, infine, goccia che ha fatto traboccare il vaso e perdere la maggioranza in parlamento, la posizione equidistante assunta sull’Ucraina, che ha causato la decisiva perdita dell’appoggio dell’èlite militare, da sempre influente sulla politica estera e sul posizionamento strategico del paese.

    Così il 10 aprile scorso l’Assemblea Nazionale lo ha sfiduciato in base all’art.95 della Costituzione, e poi ha eletto con una nuova maggioranza parlamentare un altro primo ministro. Con il quale il Pakistan è rientrato nel solco della sua tradizionale politica estera e strategica filo-americana, anti-iraniana e anti-russa, ma sempre parallela, sull’altro lato della propria posizione geografica, all’alleanza con la Cina in funzione della via della seta e anti-indiana.

    L’India, storico nemico del Pakistan, ha fin dalla sua nascita perseguito l’autonomia strategica con il movimento dei non allineati. Ma, negli ultimi anni, ha declinato il concetto di autonomia strategica in modo nuovo diventando per un lato paradossalmente alleato degli Stati Uniti come il nemico Pakistan, aderendo al Quad con Giappone e Australia, oltre agli Stati Uniti, anche con manovre militari navali congiunte, per contenere l’espansione cinese, in ragione delle dispute di confine, ma soprattutto della competizione per l’influenza su Nepal, Bhutan, Sri Lanka, e contro la progettata via della seta marittima con il tentativo di espansione cinese nel mar indiano attraverso lo stretto di Malacca.

    Ma, all’appartenenza al Quad anti-cinese, si affianca per l’India la volontà di mantenere le storiche relazioni con la Russia, ponendosi così in una posizione a parti invertite rispetto al nemico Pakistan, anche alleato Usa per un verso, ma per altro verso amico della Cina, mentre l’India affianca l’alleanza con gli Usa all’amicizia con la Russia. Anche se l’India, come la Cina, è stata disturbata dalla guerra in Ucraina, e ancor di più dal suo prolungarsi, vista come fonte di instabilità e crisi economica, per cui preme sulla Russia per un ripristino delle condizioni di pace, trovandosi in questo affiancata all’avversaria Cina.

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