Pakistan: una proiezione della geopolitica israeliana nel cuore dell’Eurasia?

Il colpo di stato statunitense in Pakistan non è soltanto un caso di colonialismo diretto USA contro una grande nazione islamica ‘’non allineata’’, ma rappresenta il rilancio della dottrina della ‘’guerra eterna’’ in Asia: l’asse sino-pakistano era un perno antimperialista per la liberazione dell’Eurasia.

Il terrorismo nord-americano sta incendiando l’Eurasia: gli allievi dell’ideologo Leo Strauss hanno rilanciato lo stragismo in Moldava sperando d’obbligare Mosca ad estendere l’Operazione Z: il lanciarazzi RPG da cui è partito l’attacco, secondo alcune fonti accreditate 1, è di provenienza NATO. Non si tratta (soltanto) di rovesciare un regime anti-statunitense, ma di far sprofondare una intera area geografica nel caos. Il golpe pachistano non deve essere letto come un rilancio del colonialismo diretto, piuttosto come un aggiornamento alle necessità strategiche dell’imperialismo USA nel ventunesimo secolo.

 

La dottrina di Imran Khan: una politica favorevole agli interessi nazionali del Pakistan

Il presidente Khan ricostruì, in una prospettiva capitalista, lo stato sociale islamico, riposizionando Islamabad come ‘’capitalismo nazionale’’ semi-indipendente. La cooperazione con Kabul e Pechino negli ultimi mesi era diventata strategica attraverso gli accordi sul gasdotto Pakistan Stream (PSGP) e PAKAFUZ, chiave per l’indipendenza energetica di un’ area geografica storicamente ‘’ridotta all’osso’’ dagli anglosassoni.

Khan rifiutò (coraggiosamente) d’ospitare le basi militari USA dopo la catastrofica disfatta di Washington in Afghanistan e respinse le pressioni diplomatiche europee dinanzi la richiesta/ordine di condanna dell’Operazione Z: ‘’Siamo vostri schiavi?’’, con questa domanda lo statista islamico ha ribadito che la sovranità nazionale è il perno per abbandonare l’unilateralismo passando ad un mondo multipolare. Nel 2019 mise la questione del Kashmir al centro della sua politica estera, galvanizzando le popolazioni musulmane contro Nuova Delhi e dando inizio ad una campagna globale di contrasto dell’islamofobia: la situazione pakistana deve essere letta come una proiezione della geopolitica sionista, ovvero l’Asse Tel Aviv – Nuova Delhi, nel cuore dell’Eurasia.

 

Per i comunisti pachistani Khan ha aperto la strada a Washington

Il Partito comunista pachistano ha attribuito la violenza del golpe ad alcune ambiguità dell’ex presidente:

  • Le organizzazioni sindacali e comuniste non sono mai state riconosciute, al contrario Khan si è limitato a rilanciare l’anti-americanismo della sinistra di classe senza subordinare la geopolitica ad un programmazione sociale radicale.
  • Alcuni oligarchi dalla doppia cittadinanza, pachistana-statunitense, hanno monopolizzato le leve economiche del paese ostacolando l’abbandono del neoliberismo: lo stesso antimperialismo di Khan si è rivelato, quanto meno, imperfetto.

I comunisti pachistani hanno rilevato alcuni presupposti, strutturali (economici) e sovrastrutturali (politici-istituzionali), che hanno permesso ai militari filo-statunitensi di trasformare il paese in uno stato clientelare:

 

‘’Il PCP è dell’opinione che, a causa delle indescrivibili condizioni economiche del paese, la classe dominante è stata messa in difficoltà per la mancanza di fondi per sostenere la sua vita di stravaganza e di lusso, situazione che li ha spinti a darsi la zappa sui piedi. Qui il benessere e la ricchezza pubblica non si vedono. È meglio che le masse non si aspettino nulla di buono da questi saccheggiatori e contrabbandieri che appartengono all’élite dirigente politica e apolitica. Non sono la sostanza che porta conforto e benessere nella vita della gente comune. Non possono risolvere gli annosi problemi di disoccupazione e inflazione. Aspettarsi che questi capitalisti al potere e queste forze sfruttatrici li mettano sulla via del progresso e della prosperità non è altro che chiedere la luna, come dice l’antico proverbio.

È ora che le masse si rendano conto che la politica è basata sulla classe e che i partiti politici non sono altro che i rappresentanti di classe di colori diversi. I partiti parlamentari sono in quanto tali i partiti rappresentativi degli aristocratici, dei signori feudali, dei proprietari di possedimenti, dei padroni, dei banchieri e dei capitalisti. Tali gruppi possono arrivare a qualsiasi grado di meschinità e brutalità per entrare nei corridoi del potere. La cricca dei generali con il passare del tempo si è evoluta in una classe a sé stante. Tutte queste classi e gruppi si occupano di questioni e problemi popolari per indurre le masse a votare a loro favore alle elezioni.

Queste circostanze non ci lasciano altra scelta che sollevarci in rivoluzione contro tutte queste forze sfruttatrici. Solo una rivoluzione può portarci a costruire il socialismo e portare il potere della classe operaia e delle masse. Solo il socialismo può consentire un vero stato sociale con istruzione gratuita, strutture sanitarie e lavoro per tutti. Nello stato socialista le risorse del paese sono usate per il miglioramento e lo sviluppo del suo popolo, non per l’armamento e il mercimonio.’’ 2

L’eredità multipolare di Khan non potrà mai essere smantellata (come ha scritto l’analista strategico Andrew Korybko 3), ciononostante la geopolitica non deve diventare una protesi ideologica per nascondere il carattere obsoleto del modo di produzione capitalista: la borghesia nazionalista (a cui appartiene Khan, in aperto contrasto con l’oligarchia anti-nazionale) non è (più) nelle condizioni di risolvere, da un punto di vista neo-borghese, il problema della sovranità nazionale e del rilancio della dignità patriottica. Korybko, al contrario dei marxisti pachistani, dà una rilettura generosa dell’operato dello statista musulmano:

‘’È difficile prevedere cosa succederà in Pakistan, un paese che è sempre stato caratterizzato da intrighi politici e improvvisi cambiamenti radicali che spesso prendono molti alla sprovvista, ma è chiaro che l’eredità multipolare di Imran Khan non potrà mai essere completamente smantellata. Ha lasciato il segno nel suo popolo, che ora è ispirato dall’esempio che ha dato durante il suo mandato, soprattutto per quanto riguarda il ripristino del loro orgoglio e il rispetto del mondo per il loro paese. Per quanto imperfetta sia stata la sua premiership, non si può negare che abbia avuto un impatto immenso in termini di rimodellamento delle percezioni in patria e all’estero, anche attraverso la sua politica di sicurezza nazionale multipolare.’’ (Ibidem)

La lotta contro l’islamofobia ha avuto un impatto immenso nella coscienza delle masse popolari di una delle nazioni più popolose del pianeta. L’establishment statunitense non può cancellare l’eredità dei leader non allineati: l’anti-americanismo è la lotta di classe del ventunesimo secolo, l’unico modo che la Nazione ha, davanti la violenza della dottrina Rumsfeld/Cebrowski, di rimanere in piedi.

https://www.voltairenet.org/article216680.html

https://www.resistenze.org/sito/te/po/pk/popkmd19-025141.htm

https://comedonchisciotte.org/leredita-multipolare-di-imran-khan-non-potra-mai-essere-completamente-smantellata/

Imran Khan's Conspiracy Play - WSJ

 

 

 

 

 

 

11 commenti per “Pakistan: una proiezione della geopolitica israeliana nel cuore dell’Eurasia?

  1. Paco
    1 maggio 2022 at 21:51

    Cito la conclusione che “L’anti-americanismo è la lotta di classe del ventunesimo secolo”. Quindi la lotta di classe non sarebbe più internazionalista dentro i campi nazionali e geopolitici, come ha scritto quel vecchio arnese di Marx. Ma all’insegna di quell’anti-americanismo anti-anglosassone predicato da Carl Schmitt e Julius Evola.

  2. Stefano Zecchinelli
    1 maggio 2022 at 23:39

    Dovresti firmare le imprecisioni che scrivi puntualmente.

    Ho letto diversi libri di Carl Schmitt, a partire dal saggio di Filosofia del diritto intitolato ”Teoria del partigiano” e ti posso assicurare che non era anti-americano: Schmitt non si limitò ad appoggiare il terrorismo dell’OAS in Algeria, ma sostenne sottobanco il Complotto Walzer contro il Generale antifascista Charles De Gaulle. Ti comunico che Leo Stauss, uno dei fondatori del neoconservatorismo USA, era un allievo di Schmitt il quale creò un canale accademico, con la mediazione della Fondazione Rockefeller, al proprio pupillo proprio negli Stati Uniti.

    Gli evoliani presero parte al Convegno del Parco dei Principi, nel ’64 a Roma, dove teorizzarono una ”rivoluzione restauratrice” sotto il protettorato USA contro il ”pericolo comunista”. Il sostegno di Evola ai ”centurioni nord-americani” in Vietnam è cosa nota per gli storici.

    Gli Stati Uniti sono la più importante potenza imperialistica mondiale, è evidente che qualsiasi nazione la quale, per un motivo o per un altro, dovesse entrare in conflitto con l’Impero andrebbe a porre problematiche geopolitiche e di classe nello stesso tempo. A riguardo, mi limito a ricordare il sostegno critico che il giovane Ernesto Guevara diede a Peron nel ’54. La storia del movimento anti-colonialista è piena di questi esempi, basterebbe studiare invece di scrivere quattro righe scarne, mettendo in evidenza le proprie scarsissime conoscenze.

    SZ

  3. Paco
    2 maggio 2022 at 3:21

    I testi di Carl Shmitt e Julius Evola li conosco bene. Non confondiamo l’aspetto teorico delle opere di Carl Shmitt – dibattute e seguite anche a sinistra, non solo in ambienti americani – con l’aspetto ideologico di contrapposizione geopolitica tra potenze di terra e potenze di mare, quelle anglosassoni, dove il Carl Smitt nazista applica il rapporto amico/nemico alle nemiche potenze di mare anglosassoni, allora negli anni ’30 a guida inglese, e che oggi sono a guida americana.
    L’Anti-americanismo è dichiarato chiaramente da Julius Evola, per esempio in “In piedi tra le rovine” del secondo dopoguerra, ma anche e in modo più approfondito nel più tardo “Cavalcare la tigre” che individua nella società e nella cultura americana la fase avanzata della decadenza moderna e del declino europeo. L’anti-americanismo del tradizionalista Julius Evola è terzoposizionista, per cui di volta in volta nelle situazioni di scontro tra i blocchi si trattava di valutare opportunisticamente quale dei due blocchi era meno peggio per lo spazio di azione dei nemici della modernità. Evola era anche critico nei confronti di nazismo e fascismo, proprio per la loro “modernità”, e non si iscrisse mai al Pnf. Non a caso a “Rivolta contro il mondo moderno” di Evola si richiama esplicitamente Alexander Dugin per il suo anti-americanismo tradizionalista, e Alexander Dugin non è solo un filosofo, ma uno che ha scritto già negli anni ’90 un testo di strategia geopolitica per il ritorno dell’espansione imperiale russa – in cui già allora si predicava la necessità di riappropriarsi dell’Ucraina russificandola con le buone o con le cattive – che è diventato la “bibbia” degli apparati di sicurezza russi, mentre la sua filosofia tradizionalista anti-americana (e anti-occidentale in generale) è stata pienamente assunta dalla casta religiosa guidata dal patriarca Kirill, sodale di Putin e degli apparati di sicurezza russi in generale.
    È corretto che il giovane Che Guevara era critico, ma non del tutto avverso al peronismo, un caso di rossobrunismo arrivato al potere, che diede ospitalità ai nazisti in fuga ed era amico del regime di Francisco Franco. Ma il giovane Che Guevara del periodo argentino non era marxista, e lo divenne solo successivamente.
    Come la lotta di classe nell’anti-capitalismo marxista non era anti-inglese quando la principale potenza imperialista era la Gran Bretagna, non può essere anti-americana adesso per lo stesso motivo che è internazionalista. L’anti-americanismo appartiene ad altre culture politiche – certo non solo di matrice europea nazista, fascista, tradizionalista, ma anche di nazionalismo e rossobrunismo terzomondista – però strutturalmente nulla può avere a che fare con la lotta di classe e il marxismo.

    Fin che le regole e la moderazione del sito mi consentono di scrivere con uno pseudonimo lo faccio perchè sono riservato e non mi piace apparire.

  4. Stefano Zecchinelli
    2 maggio 2022 at 21:17

    1. La maggior parte degli allievi di Schmitt, fra cui Strauss, lasciarono la Germania a partire dagli anni ’30 per approdare negli Stati Uniti. Non è casuale che il filosofo del diritto tedesco viene considerato un ispiratore occulto del neoconservatorismo ricalcando una sorta di ”ricerca dell’antico nemico”. In ”Terra e mare”, C.S. parla della contrapposizione fra le potenze di mare e quelle di terra, ma semplicemente in funzione anti-comunista (il nemico esterno) teorizzando una alleanza strategica/razziale fra Gran Bretagna e Germania hitleriana. Nei suoi testi non abbiamo una sola condanna degli Stati Uniti, mentre la sua concezione del ”Politico” è stata ripresa da Henry Kissinger e Zbigniew Brzezinski ispirando direttamente la dottrina geopolitica sull”’Arco della crisi” di quest’ultimo.

    2. Il rapporto fra Julius Evola ed il sionismo israeliano è facilmente dimostrabile citando lo stesso Evola:

    D) In questa accusa contro la razza ebraica Lei fa rientrare certi valori tradizionali quali la Kabbala?
    R) – Certamente no. Sul piano tradizionale sarebbe frivolo creare delle opposizioni di questo genere. Solo le formulazioni sono diverse. Ad un certo livello vi è accordo fra ‘coloro che sanno’ (…)

    D) – Lei sarebbe dunque per lo Stato d’Israele?
    R) – Se esistono degli ebrei pericolosi, non sono quelli di Israele, che lavorano, si organizzano, testimoniano di straordinarie virtù militari; sono quelli delle metropoli occidentali, che grazie alla democrazia hanno le mani libere. Se oggi qualcuno vuole porre il problema ebraico arriva troppo tardi, esso non esiste più. Come Le ho detto, il problema della razza ‘interiore’ è molto più importante ai miei occhi; e gli atteggiamenti per i quali si riteneva l’ebreo indesiderabile sono oggi diffusi presso i bravi Ariani, che sarebbe ingiusto ed ingiustificato operare una discriminazione ».

    Da Un’intervista a Julius Evola (Heliodromos, n. 6, primavera 1995)

    Evola si spinse a definire la politica israeliana come ”genialità razziale”. Nulla aggiungere: la sinistra radical chic concorda coi neoconservatori nel nascondere la continuità che intercorre fra imperialismo nazifascista ed imperialismo USA, una tesi liberale che di ”socialista” non ha nulla.

    3. Idem per il peronismo, che cosa c’entra un movimento terzomondista col ”rossobrunismo” lo puoi sapere soltanto tu. Il peronismo aveva diverse fazioni interne, fra cui la fazione radicale dei Montoneros che, negli anni drammatici della dittatura militare, strinsero una alleanza tattica (militare) coi guevaristi del PRT-ERP. Il tuo è un paragone, a dir poco, senza senso.

    4. Su Dugin ed il dughinismo ho già scritto abbastanza:

    ”La debolezza ‘’duginiana’’ verso il talmudismo ben presto diventa accettazione del sionismo e della presenza di uno Stato imperialista ‘’per soli ebrei’’ 3. Julius Evola, il suo ‘’maestro spirituale’’, si spinse ad esaltare i militari israeliani presentando i loro crimini contro i palestinesi come manifestazione di ‘’straordinarie virtù militari’’. Per Evola, mai stanco d’elogiare la dittatura hitleriana, ‘’il problema della razza ‘interiore’ è molto più importante’’ e in Israele ha trovato la sua soluzione definitiva: uno Stato etnicamente omogeno. Dugin, il teorico del ‘’neo-eurasiatismo’’, su questi aspetti rappresenta l’approdo definitivo dell’’’evolismo’’: l’etnicismo nazifascista si fonde con la teocrazia israeliana delineando una ripartizione imperiale del mondo fra ‘’elite guerriere’’.”
    https://www.linterferenza.info/esteri/dugin-rasputin-fra-occultismo-neonazismo-fondamentalismo-religioso/

    Quindi, di cosa stiamo parlando? Sono tematiche che affronto da anni.

    Sei ”riservato e non ti piace apparire”: che problemi hai a mettere la faccia davanti le tue posizioni politiche? La riservatezza è un’altra cosa e, per quanto mi riguarda, fino a questo momento ho l’impressione di polemizzare con un fantasma.

  5. Paco
    3 maggio 2022 at 4:39

    Io sarò un fantasma, ma tu mi sembri un maestro dei diversivi.
    L’ideologia anti-anglosassone del nazista Carl Shmitt è scritta nero su bianco nei suoi testi, e non è certo cancellata dal fatto che il suo concetto di politico sia stato condiviso da Leo Strauss (ebreo, in fuga negli Usa dal nazismo) e da molti altri sul piano teorico, e che Shmitt sia stato (anche) anticomunista, cosa ovvia essendo nazista.
    L’antiamericanismo di Evola riempie decine, se non centinaia di pagine dei suoi libri, e non è certo cancellato dal fatto che apprezzasse la cabala esoterica (Evola, oltre che tradizionalista, è stato anche un esoterista scrivendo molti noti libri sul tema) e le virtù guerriere di Israele perchè fin dagli anni ’30 il suo razzismo non era quello naturalistico predominante, che criticava, ma “spirituale” contro la mentalità mercantile, e l’arianità per Evila erano proprio le virtù guerriere.
    Dugin, ispirandosi a Evola, segue la stessa linea di pensiero del tradizionalismo imperiale guidato dalla casta dei guerrieri, che vede realizzarsi anche nella Russia putiniana comandata dai “siloviki”, gli “uomini della forza”. Che sono quelli che fanno con Israele l’accordo per dare il via libera ai bombardamenti contro la presenza iraniana in Siria, per rendere Assad meno diprendente dall’Iran, ma anche perchè il tradizionalismo russo è imperiale, considera la casta sacerdotale subordinata, e mal sopporta, anche se gli tocca in sorte come alleato geopolitico, il tradizionalismo sacerdotale iraniano, dove a comandare sono i preti.
    Per negare il rossobrunismo (nella migliore delle ipotesi) del peronismo citi i Montoneros (lato nazionalista di sinistra del peronismo) oscurando il predominante lato fascistoide con per esempio l’ospitalità ai criminali nazisti ricercati, la consonanza del generale Peron con Francisco Franco che lo portò a scegliere come esilio la Spagna franchista, la costituzione del gruppo paramilitare AAA – Alleanza Anticomunista Argentina – da parte del suo segretario personale Josè Lopez Rega (per conto di chi essendo suo segretario personale?), tornato presidente la dura condanna dei Montoneros nel suo comizio del 1 maggio 1974. Certo il peronismo era antiamericano, nel suo debole lato sinistro, ma anche nel suo predominante lato fascistoide.
    Tu trasformi in oro qualsiasi piombo nazionalista del terzo mondo purchè sia antiamericano. Posizione legittima ovviamente, ma che nulla a che fare con la marxiana lotta di classe. Tornando a bomba, l’anticapitalismo, dentro tutti i capitalismi, è la lotta di classe di tutti i secoli e non “L’antiamericanismo è la lotta di classe del ventunesimo secolo” come hai scritto.

  6. Paco
    3 maggio 2022 at 4:49

    Correggo l’errore materiale: non Shmitt, ma Schmitt

  7. Giulio Bonali
    3 maggio 2022 at 8:52

    Da antiimperialista mi considero antiamericanista, non antiamericano.
    Nel senso che non ho nulla contro l’ America in generale (settentrionale, centrale e meridionale) e nemmeno contro la popolazione degli
    Stati Uniti genericamente e complessivamente intesa (per esempio Raquel Corrie, una ragazza statunitense sepolta viva dai sionisti di Israele mentre manifestava per i diritti degli Arabi Palestinesi in me é sempre presente come fonte di conforto e di speranza in questo mondo infame in cui mi é toccato di vivere); bensì contro l’ imperialismo americano in generale e gli incivili, barbarici pseudovalori che informano l’ ideologia dell’ imperialismo corrente tutto, che in USA non sono nati ma si sono fortemente sviluppati (in negativo) e irrobustiti.

  8. Stefano Zecchinelli
    3 maggio 2022 at 11:36

    L’anti-americanismo di Schmitt ed Evola credo che, da parte tua, sia una costruzione ideologica per legittimare (almeno in parte) la politica dell’imperialismo liberale. Denota un approccio tipicamente eurocentrico, tipico di una certa sinistra radical chic, funzionale ai piani statunitensi distruzione del mondo non globalizzato.

    Il contributo di Schmitt nella definizione del neo-conservatorismo USA, dalla Teologia politica in poi, è centrale. Abbiamo, prima d’ogni cosa, il diritto/potere delle classi sovrastanti di congelare i diritti civili e politici a proprio piacimento, una mania di conquista compendiata nella frase ”sovrano è chi proclama lo stato d’emergenza”. Entrambi attingono alle medesime radici ideologiche, l’irrazionalismo tedesco di Nietzsche ed Heidegger, inoltre il concetto di ”sfere d’influenza” messo a punto dal filosofo tedesco venne rilanciato da Henry Kissinger: di anti-americanismo politico nemmeno l’ombra. Gli ”straussiani” sono in debito con C.S. e, uno storico, dovrebbe riflettere su questa interconnessione ideologica.

    Lasciamo stare il tuo sostegno diretto/indiretto alla destabilizzazione imperialista di Siria e Nuova Russia: la Federazione Russa è legittimamente intervenuta in sostegno dei propri alleati, Dugin non c’entra nulla con la scelta del presidente Putin di impedire la caduta di Damasco o lo sterminio delle popolazioni russofone nel Donbass. La Dottrina Putin attinge, semmai, dalla Dottrina Breznev, il militarismo difensivo post-staliniana, presupposti necessari per il riposizionamento della Russia in quanto potenza capitalista, ma anche ”multipolarista”.

    Insisti sul ”rossobrunismo” nei movimenti terzomondisti, dimostrando una spocchia fastidiosissima tipica degli intellettuali occidentali. Fu proprio Ernesto Guevara ad affidare al peronista di sinistra, Jorge Ricardo Masetti, il compito di formare la guerriglia in Argentina; altro che ”rossobrunismo”. I Montoneros diedero vita ad una Resistenza eroica contro il regime militare, pagando un contributo di sangue immenso: migliaia di guerriglieri vennero uccisi, imprigionati e torturati a morte. L’alleanza col PRT-ERP divenne, da tattica, strategica subito dopo il terribile massacro di Trelew, del 1972: in quella circostanza militanti peronisti e guevaristi vennero trucidati, senza distinzioni politiche ed ideologiche, dai nazisti della dittatura militare.

    Il tuo approccio, tipicamente accademico ed eurocentrico, è sintomatico rispetto ad un razzismo rovesciato, quello della ”sinistra imperiale” tatticamente funzionale ai piani dell’imperialismo USA. Non hai il senso della storia.

  9. Paco
    4 maggio 2022 at 0:57

    Nella tua costruzione ideologica geopolitica “globalismo americano vs nazionalismi terzomondisti”, ripeto legittima ma che nulla c’entra con la marxiana lotta di classe, per poterla tenere in piedi travestendola da qualcosa di sinistra, elimini tutti gli elementi di destra e fascistoidi presenti nell’antiamericanismo parlando d’altro e/o semplicemente rimuovendoli.
    Parli d’altro sul nazista Carl Schmitt (parlando dell’ebreo Strauss) e sul tradizionalista Julios Evola (parlando della Cabala) rimuovendo le decine di pagine anti-anglosassoni e anti-americane dei loro testi.
    Rimuovi tutti i fatti che mostrano il prevalente carattere fascistoide del generale Peron e del peronismo parlando solo dei Montoneros, che certo era un nazionalismo di sinistra, ma nettamente minoritario nel peronismo, e alla fine espulso dallo stesso Peron.
    Parli d’altro tirando fuori il ruolo russo in Ucraina e Siria (di cui non ho parlato) per rimuovere il fatto citato che Israele bombarda gli iraniani in Siria con il via libera dei russi, via libera che non contesto, anzi – meglio la Russia che l’Iran in Siria – ma che contraddice nei fatti il tuo schema precostituito.
    In sostanza rimuovi tutte le contraddizioni dal tuo schema che glorifica qualsiasi robaccia purchè antiamericana, mentre l’antiamericanismo ha un senso anti-imperialista solo in una prospettiva di classe, non certo come marmellata di tutti i nazionalismi terzomondisti.
    Le posizioni mi sembrano chiare e chi legge può valutarle dal suo punto di vista, per cui da parte mia chiudo qua.

  10. Federico Lovo
    4 maggio 2022 at 16:44

    ma possibile che ancora esistano questi “dogmatici” – mi contengo nelle definizioni – che vedono la stessa roba dappertutto senza una minima – MINIMA! – capacità di distinzione ?! Ma poi “meglio i Russi che gli Iraniani in Siria”… ma che c–zo vuol dire?!

  11. Federico Lovo
    4 maggio 2022 at 17:26

    oltretutto, questo riesce ancora a scrivere che Dugin – semi-sconosciuto, ignorato… forse “perculato” (giustamente) in Russia – sarebbe la Bibbia dello Stato profondo russo. L’ennesimo “rivoluzionario” che ripete le scemenze del main-stream del tipo “Dugin filosofo di Putin”… letto su Repubblica? Su La Stampa?
    Cito (con divertimento): “Fin che le regole e la moderazione del sito mi consentono di scrivere con uno pseudonimo lo faccio perchè sono riservato e non mi piace apparire.”.
    E certo! I divi cercano sempre disperatamente un pochino di privacy…

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