Perché, da marxista, difendo la Repubblica Islamica dell’Iran

Il comunicato del Partito comunista iraniano (Tudeh), aderente ad una prospettiva marxista-leninista, condanna l’imperialismo statunitense e le mire di conquista dei razzisti israeliani nella regione mediorientale. Ciononostante, sembra mantenere una (non condivisibile) equidistanza fra la Repubblica Islamica dell’Iran e l’imperialismo americano-sionista, optando per il ‘’né, né’’ prassi ritenuta erroneamente ‘’trotskista’’. Arrivati ad un certo punto, il Tudeh ci propone una interpretazione fattuale assolutamente fuorviante: ‘’Lo sviluppo di una situazione di emergenza nazionale e di guerra in Iran, – al punto che il crescente movimento popolare negli ultimi mesi ha comportato una seria sfida al regime teocratico – sarà usato come scusa per intensificare l’atmosfera di repressione e terrore in Iran. Una situazione di emergenza nel Paese porterà a condizioni più dure e più severe per qualsiasi espressione di opinione, nonché a conseguenze più gravi per tale espressione’’ 1.

Quali sono i principali errori di metodo dei, pur stimabili, comunisti iraniani?

  • Prima di tutto sottovalutano il ruolo antimperialista dell’Iran, a livello regionale. La Repubblica Islamica dell’Iran sarà anche uno stato teocentrico (ma non teocratico), ma ha permesso ai partiti comunisti libanese, siriano e palestinese di sopravvivere alle aggressioni dell’imperialismo israeliano. L’antimarxismo interno non ha avuto nessuna proiezione internazionale, tutt’altro.
  • Qual è il muro che si contrappone all’arroganza di Washington? I microgruppi trotskisti e maoisti, oppure gli oltre dieci milioni di iraniani che hanno pianto l’eroe Qasem Soleimani?

Nell’articolo “L’importante ruolo dell’Iran nel fronte antimperialista” sottolineavo che: ‘’Il Partito comunista iraniano si oppone alla guerra ed alle scorribande dei razzisti israeliani differenziandosi dai Fedayn, ciononostante bisogna andare oltre: l’Iran è un alleato tattico nella lotta contro l’imperialismo americano-sionista, è necessario appoggiare la fazione più vicina agli interessi del proletariato ossia i ‘’soleimanisti’’’’ 2.

La domanda a cui, indirettamente, cercavo di rispondere è ‘’Il generale Soleimani che cosa rappresenta per le masse musulmane?’’. Milioni di oppressi, in quella regione, riconoscono in lui un protettore dinanzi alla violenza dei sionisti israeliani e del terrorismo dell’ISIS, per questa ragione il ruolo oggettivo svolto dalle Brigate Gerusalemme deve essere considerato progressista ed antimperialista. Il proseguo è eloquente: ‘’La liberazione del Medio Oriente passa per la liberazione di Gerusalemme, ma non per ragioni religiose, il movente conflittuale ha una natura di classe: Israele è un paese imperialista caratterizzato da un feroce razzismo, citando Chavez ‘’il braccio assassino dell’Impero yankee’’’’. Per Khomeini, la liberazione di Al Quds sarebbe stata il cuore strategico della Rivoluzione degli Oppressi. L’antimarxismo (ma non l’antisocialismo) della guida spirituale sciita è documentato da fonti sovietiche, ciononostante la globalizzazione del conflitto di classe ha marginalizzato l’anticomunismo khomeinista, valorizzando il sostegno alla causa palestinese. Una nazione può essere egemonizzata da una ideologia populista e svolgere, globalmente, un ruolo di rottura rispetto alle dinamiche neocolonialiste ed imperialiste.

Che ne è stato della sinistra radicale islamica? Il giornalista Angelo Vinco, nel sito di Sollevazione, ci fornisce un quadro eloquente sullo slittamento ‘’riformista’’ del neomarxismo musulmano: ‘’Significativa e fondamentale differenza tra la Destra rivoluzionaria populista (Ahmadinejad) o principialista (Soleimani) e la Sinistra radicale è rappresentata dal fatto che per le fazioni di destra l’antagonismo strategico con Israele e con l’Occidente anglosassone rimane la quintessenza dello Stato rivoluzionario islamico iraniano, mentre sia per il Centro che per la Sinistra radicale si può su questo transigere su un piano meramente tattico, non di prospettiva ultima. Va precisato che riformismo, nel linguaggio politico iraniano e nella lotta di frazione, a differenza di quanto si pensa in Occidente non significa deislamizzazione o liberalizzazione occidentalista quanto la prospettiva di una “democrazia parlamentare islamica” — non presidenzialista e plebiscitaria come quella odierna — basata su principi socialdemocratici molto avanzati’’ 3.

L’errore dei musulmano-marxisti è strategico: l’imperialismo interviene là dove la classe operaia mette in discussione il dominio neocolonialista, imponendo violentissime dinamiche di accumulazione capitalista. Gli Usa sono una potenza super-imperialista perché riescono ad imporre più guerre d’aggressione contemporaneamente. Non si può abdicare alla solidarietà antimperialista, per l’edificazione di un improbabile comunismo ‘’in un solo paese’’ (Iran). Questa è la più importante lezione di Mao, Ernesto Guevara e Fidel Castro, teorici di un tuttora attuale marxismo terzomondista.

Si può appoggiare una nazione ed un governo in rotta di collisione con l’imperialismo senza condividere la visione del mondo dei suoi governanti? Certo, ed è un dovere incondizionato. Chiediamo aiuto, in tal senso, a Lev Trotsky, fondatore dell’Armata Rossa e teorico marxista di prim’ordine:

‘’Maxton (Indipendent Labor Party) e altri affermano che la guerra italo-etiope è “un conflitto tra due dittatori rivali”. Per questi politici sembra che questo fatto sollevi il proletariato del dovere di scegliere tra due dittatori. Definiscono quindi il carattere della guerra dalla forma politica dello stato, nel corso del quale essi stessi considerano questa forma politica in modo abbastanza superficiale e puramente descrittivo, senza prendere in considerazione le basi sociali di entrambe le “dittature”. Il dittatore può anche svolgere un ruolo molto progressivo nella storia; per esempio, Oliver Cromwell, Robespierre, ecc. D’altra parte, proprio nel mezzo della democrazia inglese Lloyd George ha esercitato una dittatura altamente reazionaria durante la guerra. Un dittatore dovrebbe mettersi a capo della prossima rivolta del popolo indiano per distruggere il giogo britannico: Maxton rifiuterebbe quindi a questo dittatore il suo sostegno? Si o no? In caso contrario, perché rifiuta il suo sostegno al “dittatore” etiope che sta tentando di scacciare il giogo italiano?’’ 4

La posizione di Trotsky è chiara: la democratizzazione passa per la sconfitta della principale potenza neocoloniale, negli anni ’30 del secolo scorso la Gran Bretagna, nel 2020 gli USA. La vittoria della Resistenza islamica contro Washington e Tel Aviv darebbe vigore alla de-globalizzazione del mondo, rivitalizzando le classi lavoratrici europee contrapposte alle ruberie della Nato. Fra Washington e Teheran, gli antimperialisti (seppur non teocentrici) stanno con Teheran, una nazione che, in conformità al diritto internazionale, sta portando avanti una sacrosanta politica difensiva. Il fondatore dell’Armata Rossa ci insegna che il ruolo di un dittatore non è (quasi) mai statico, ma si completa nell’agone della politica internazionale dove il conflitto di classe, invece d’appellarsi ai pompieri, si accende globalizzandosi.

Una vittoria dell’ala giustizialista sciita (Ahmadinejad e Soleimani), con tutta probabilità, rilancerebbe l’ipotesi d’una ‘’“democrazia parlamentare islamica” — non presidenzialista e plebiscitaria come quella odierna — basata su principi socialdemocratici molto avanzati’’, garantendo agibilità politica ai comunisti non dogmatici. Il Partito comunista iraniano, qualora il bazar venisse soffocato, si ritroverebbe in una situazione analoga al 1979; una rivoluzione antimperialista da approfondire.

https://www.linterferenza.info/contributi/comunisti-iraniani-terrorismo-trump/?fbclid=IwAR34KWVdb26upuz_xIDFSjgeZnplKFKfnHHblrK3ENuZ8u-w9V8coJeG7SM

https://www.linterferenza.info/esteri/ruolo-delliran-nel-fronte-antimperialista/?fbclid=IwAR11xf7eFnWO9WXg8HxN2qhWpH2qpkHfZzgF2tJbnUPr4jpCkg8rllny9xA

https://sollevazione.blogspot.com/2020/01/cose-e-dove-va-liran-di-vinco.html

https://www.marxists.org/archive/trotsky/1936/04/oslo.htm?fbclid=IwAR0aqceJcIlPk6QpVmwgre8H3Y3ThGU7cM2pvFFGGb7b84_Bvnd6S2XHj8Y

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Fonte foto: Corriere (da Google)

 

 

3 commenti per “Perché, da marxista, difendo la Repubblica Islamica dell’Iran

  1. Alessandro Tosolini
    19 Gennaio 2020 at 11:59

    L’alleanza tattica con l’islamismo sciita è proprio quella che ha portato i comunisti del Tudeh ad essere sterminati. Capisco non vogliano ripetere l’esperienza. E non stiamo parlando della situazione in cui l’Iran venisse invaso, in quel caso la cosa sarebbe sacrosanta. Ma al di fuori di questa eventualità, l’Iran e Hezbollah appoggiano la repressione in Iraq e Libano, quindi non possono essere alleati. Per quanto riguarda il terzomondismo, valeva in presenza di un blocco socialista ormai inesistente.

  2. augusto
    21 Gennaio 2020 at 9:13

    Molto bello e pieno di equilibrate dissertazioni ma il compagno Trotsky non era certamente mussulmano teocratico e l’art di Sollevazione contro Pasquinelli e il patriottismo iracheno (che per molte cose per un socialista occidentale era ben preferibile di chador e teocrazie) afferma che i riformisti appoggiano la tesi di una democrazia parlamentare in Iran non certo Ahmadinejad. Il doveroso sostegno all’Iran non è in discussione.

    • Marcus
      22 Gennaio 2020 at 21:10

      “che per molte cose per un socialista occidentale era ben preferibile di chador e teocrazie”

      Appunto, per un socialista occidentale. Quindi lasciamo che ogni nazione cerchi la propria alternativa al capitalismo, senza cercare di insegnare agli altri popoli come vivere, che’ l’eurocentrismo ha già fatto fin troppi danni.

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