Un filo rosso unisce i popoli yemenita e palestinese

Dal 25 marzo scorso ( oltre 200 giorni di guerra ) lo Yemen è sotto attacco da parte del regime totalitario di Casa Saud. Lo Stato arabo più ricco di tutta l’area – che in realtà con la cultura araba non ha nulla a che vedere – aggredisce, nell’indifferenza della Comunità Internazionale, il paese più povero.
Il numero delle vittime è pauroso: oltre 6000 yemeniti sono rimasti uccisi dai bombardamenti wahabiti, 500 di questi, purtroppo, sono bambini. Bahar Kimyongur nota che: “ll numero delle vittime civili della guerra in Yemen è proporzionalmente superiore al numero dei civili uccisi nella guerra di Siria. Infatti in Yemen la metà dei morti sono civili, mentre in Siria sono “solo” un terzo. E tuttavia, nessuno degli umanisti professionali impegnati ad insultare Assad leva la propria voce contro il re Salman”’.
Nessuno dei “difensori dei diritti umani”, pronti ad accusare Bashar Al Assad (come sottolinea Kimyongur ), ha puntato il dito contro una delle più orrende dittature che esistano sulla faccia della terra. Nell’agosto del 2014 l’ISIS decapitava due prigionieri statunitensi ed il mondo si indignava, ma nello stesso mese Riyadh uccideva 14 prigionieri politici nell’indifferenza globale. Cosa spinge l’occidente a cullare in questo modo il regime wahabita?
Nuove informazioni, di scarsa (se non nulla) diffusione, mettono in risalto le alleanze strategiche nel vicino oriente, gettando una nuova luce sulla ipocrisia occidentale. Cerchiamo allora di ripercorrere il filo della politica estera ( imperialistica ) saudita.
Wahabismo – Sionismo: chi detiene la regia ?
La distruzione dello Yemen vede una netta corresponsabilità di Israele – lo Stato “per soli ebrei” – coi sauditi; se il governo di ultradestra sionista ha fornito copertura militare ai wahabiti, certamente, le lusinghe economiche di Riyad verso Tel Aviv non mancano.
Durante un’ intervista concessa sabato scorso alla rete iraniana Al-Alam, il colonnello yemenita Sharaf Luqman, ha affermato che l’esercito saudita ha intensificato i bombardamenti contro Sana’a, capitale dello Yemen. Secondo l’alto ufficiale, Casa Saud ha offerto ad Israele ben 4 milioni di dollari affinchè l’esercito sionista partecipasse direttamente alla carneficina in corso.
Si tratta del resto di uno scambio di favori di lungo corso che tiene unite la dittatura wahabita e il regime sionista. Sempre di recente, il sito web statunitense Consortium News ha riferito che Riyadh negli ultimi 2 anni ha girato ad Israele ben 16 miliardi (sì, 16 miliardi !) di dollari per dare un impulso maggiore alla colonizzazione della Cisgiordania. Il giornalista Robert Perry riprende fonti vicine alla CIA e dice: “Le somme versate dall’Arabia saudita sul conto israeliano sono state spese per dei progetti pubblici, come la costruzione di colonie di popolamento sioniste in Cisgiordania. Finanziando Israele, Riyad mira ad approfittare dell’influenza che esercita la lobby sionista negli Stati Uniti. L’Arabia saudita e Israele hanno giocato un ruolo importante nel rovesciamento del governo dei Fratelli musulmani in Egitto. In Egitto, Riyad sosteneva Abdelfattah al-Sissi, e negli Stati Uniti, la lobby sionista tentava di evitare ogni azione ostile al colpo di Stato contro Mohammed Morsi, il presidente eletto. È grazie ai petrodollari dell’Arabia Saudita che Benjamin Netanyahu è riuscito a sfidare Barack Obama e a spingere dei congressisti e dei responsabili statunitensi a ostacolare le negoziazioni sul nucleare (con l’Iran NDT)”.
Se Israele è, in tutto e per tutto, uno Stato neoconservatore che ha come ideologia di governo la guerra permanente di Leo Strauss, Kissinger ed Hungtinton, l’Arabia Saudita è la lunga mano della destra nord-americana in Medio Oriente. Il loro obiettivo è uno solo: distruggere l’Iran ed i movimenti rivoluzionari sciiti, troppo pericolosi per i progetti imperialistici di Washington.
Un aspetto desta grande impressione: la disponibilità economica di Casa Saud nel finanziare i progetti colonialistici di Tel Aviv, un vero rapporto di sostegno reciproco quello fra sionisti e wahabiti, direi addirittura che l’uno non possa fare a meno dell’altro. Cosa li lega? E’ una simbiosi recente oppure parte da lontano? Si tratta di domande difficili a cui dobbiamo iniziare a dare delle risposte.
I totalitarismi saudita ed israeliano si scontrano con i lavoratori e i popoli musulmani
Ogni aggressione genera una reazione e così è anche nel mondo arabo e musulmano. Oggi, 29 settembre, ben 63 mercenari sauditi si sono arresi al movimento popolare yemenita Ansarola. Nello stesso giorno, riferisce l’agenzia di stampa Mandab Press, l’Esercito regolare yemenita ( alleato degli Houthi ) ha liberato la provincia di Taiz nel sud est del paese. E’ importante rendere noto come i militari, una volta sconfitta Al Qaeda, hanno dato mano libera ai comitati popolari: un chiaro impulso ad una ricostruzione anticapitalistica dello Yemen.
Non solo nello Yemen: sappiamo che in Palestina le Brigate Al Qassam – ala militare di Hamas ed alleate dell’Iran – hanno chiamato il popolo palestinese a sollevarsi per una Terza Intifada, tutto questo in un comunicato commemorativo del decimo anniversario della fine della Seconda Intifada ( 2000 – 2005 ). Porre fine alla battaglia – dicono i dirigenti di Hamas – e controllare la Moschea di Al Aqsa non sarà facile senza una Intifada popolare. Queste le loro parole che speriamo siano sostenute, presto, da fatti concreti.
Oggi le resistenze di Ansarola e delle Brigate Al Qassam riecheggiano quelle di Cuba e dei guerriglieri sandinisti in Nicaragua. E’ secondario, da un certo punto di vista, che i primi siano islamici – sciiti e sunniti – ed i secondi marxisti, perché ciò che conta è il livello di radicalizzazione delle masse che davanti a chiari progetti di pulizia etnica, è analogo. Tutto il mondo della sinistra progressista, negli anni ’70, sostenne Cuba e poi i sandinisti; perché ora volta le spalle ai combattenti yemeniti e palestinesi? Le amare parole di Bahar Kimyongur fotografano bene la situazione attuale: ‘’Oggi il movimento internazionale per la pace, non solo non difende il diritto del popolo yemenita alla resistenza col pretesto – tra l’altro – che è aiutato dall’Iran e dalla Siria ma, in più, non difende nemmeno quello che è la sua ragion d’essere, la pace’’.
Eppure la pace ha due grandi priorità: la liberazione di Gerusalemme e di Riyadh. Difficile eludere la questione..
http://www.ossin.org/yemen/1831-yemen-per-un-goccio-d-oro-nero
http://amedeosartorio.blogspot.ch/2015/09/larabia-saudita-accorda-un-credito-di.html
http://www.hispantv.com/newsdetail/Yemen/57728/arabia-saudi-yemen-israel-4-mil-millones-ejercito-agresion
http://www.hispantv.com/newsdetail/Yemen/58956/63-mercenarios-saudies-se-rinden-ejercito-yemeni
http://hispantv.com/newsdetail/Palestina/59026/hamas–nueva-intifada-israel

1 commento per “Un filo rosso unisce i popoli yemenita e palestinese

  1. alfio
    1 ottobre 2015 at 2:43

    era facile per la sinistra progressista identificarsi con le lotte politiche e di liberazione di cuba
    e del Nicaragua non solo perché castro o che guevara fossero personalita’ carismatiche e di
    alto profilo politico, ma anche’ perché l’ideologia comunista alla quale si rifacevano e’
    sostanzialmente un prodotto della cultura politica occidentale, elemento che permetteva
    di meglio capire la natura delle loro lotte di liberazione , tra l’altro in un periodo quello della
    guerra fredda in cui le contrapposizioni politiche erano piu’ chiare anche se non meno
    problematiche.e non e’ un caso che un gruppo come i clash abbia intitolato un loro album ‘ sandinista’
    e’ invece piu’ difficile in un contesto internazionale profondamente mutato e assai piu’
    articolato e complesso non tanto comprendere la lotta di liberazione del popolo yemenita,
    quanto invece identificarsi con essa anche perché non sono ancora apparse tra le sue fila
    capi visibilmente riconoscibili come un Arafat od un Mandela , capaci di comunicare le ragioni
    della propria lotta .

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