Dal partito di massa al partito-piattaforma

Riceviamo e volentieri pubblichiamo:

 

Lo strumentale sostegno ai gilet gialli da parte di Di Maio non può farci dimenticare perchè nel parlamento Europeo Beppe Grillo abbia stretto a suo tempo l’accordo con l’UKIP di Nigel Farage, uno dei fautori della Brexit in Europa, amico di Donald Trump e Robert Mercier, l’azionista e proprietario di Cambridge Analitica e Aggregate IQ (due società specializzate nell’estrazione di dati e microtargeting elettorale ) e sostenitore di tesi violentemente anti-immigrati. Infatti, se la “disinformazione organizzata ” ha influenzato tutti gli eventi elettorali dall’elezione di Trump a quella del governo giallo-verde, come ha rilevato il giornalista Jacopo Iacoboni nel libro ” L’esperimento. Inchiesta sul Movimento5Stelle ” la manipolazione del consenso ha a che vedere con il complesso militare-industriale, la psicometria e la teorizzazione della ” guerra asimmetrica condotta al più puro ed alto livello ” .In questo senso, riprendendo le puntuali osservazioni di Marco Bascetta su Il Manifesto dell ‘8 c.m, l’esperimento di Gianroberto Casaleggio può essere definito felicemente riuscito, poichè, individuando la centralità della rete nelle competizioni politiche falsate sul piano della rappresentanza dai sistemi elettorali di tipo maggioritario, ha intravisto come fra il declino dei partiti di massa e l’affermazione dei partiti personali poteva ben inserirsi la variante del partito-piattaforma. Pertanto, oggi il M5Stelle risponde ai variegati interessi speculativi della Agenzia Casaleggio Associati che, nella costante del trasformismo italico, ha silentemente intessuto una vera e propria trama di rapporti con gli apparati del potere, dai banchieri ai militari, dai giuristi ai professori, anche grazie al sostegno della Link Campus University diretta da Vincenzo Scotti. Ovviamente le responsabilità di quella che una volta si chiamava sinistra sono enormi, e risalgono all’89 .Matteo Renzi è solo l’epilogo di un rovesciamento sul piano culturale e valoriale che ci ha condotto nella melma giallo-verde.

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Fonte foto: Huffington Post (da Google)

8 commenti per “Dal partito di massa al partito-piattaforma

  1. Giovanni
    11 gennaio 2019 at 16:26

    A questo proposito segnalo un articolo di Minzolini sul leghista Galli. Ovviamente non mi piacciono né l’uno né l’altro, è un capolavoro di arroganza leghista, liberismo e secessione.

    L’articolo però sembra accreditare l’ipotesi portata avanti da Marchi, ovvero che una parte della lega mira a portar Salvini a palazzo Chigi a discapito dei suoi alleati.

    Le europee serviranno solo a frantumare M5S quando verrà fuori la vera sostanza dei loro provvedimenti che escluderanno gran parte di quelli che li richiederanno e daranno solo briciole agli ammessi e con pesanti condizionalità.

    La pensione di cittadinanza riservata a nuclei composti esclusivamente da anziani (era mai accaduta una cosa simile con l’integrazione al minimo o la pensione sociale? No) ed il collocamento dei redditodicittadinanzizzati affidato magari alle agenzie interinali (era mai accaduto con le altre forme di indennità o cassa integrazione? No).

    Sono anni che in vari commenti definisco la proposta “interinale di cittadinanza” contrapponendovi la frase di un intellettuale di sinistra che secondo me realizza una sintesi efficace: “che sia un indennità di disoccupazione e non un sussidio povertà”. La disgregazione purtroppo procede imperterrita senza che si veda cosa possa davvero fermarla.

  2. gian marco martignoni
    11 gennaio 2019 at 22:17

    Non ho letto l’intervista a Dario Galli, ma essendo stato sindaco della città di Tradate, presidente della Provincia di Varese, oltre che più volte parlamentare – oggi sottosegretario con incarico al Mise – questo ingegnere piccolo imprenditore rappresenta – come giustamente segnala Giovanni – l’arrogante oltranzismo leghista, ben radicato nel nord-est.Purtroppo, siamo in presenza di un partito strutturato e di un presunto movimento in antitesi con la concezione dei movimenti classici. Altresì, ribadito che i 5Stelle venderebbero la madre per una parvenza di potere, è evidente che i Galli impazziscono all’idea che le leve del potere non siano solo nelle loro mani.Comunque, che venga realizzata o meno, la pensione di cittadinanza si inscrive sia nella tattica della propaganda che in quella dell’assistenzialismo classicamente democristiano vecchio stampo.Inoltre, al di là delle dichiarazioni, i 5Stelle sono una formazione filo-capitalista e filo- padronale.Pertanto, se mi trovassi nella condizione di dover subire l’interinale di cittadinanza, penso che non avrei dubbi sullo sganciarmi dalla logica della subordinazione alle paranoiche macchinazioni di questa genia di modernisti ” reazionari “, eterodiretti – scusatemi se mi ripeto – dalla Casaleggio Associati.

  3. Alessandro
    12 gennaio 2019 at 9:41

    Dal partito di massa, oramai tramontato, al partito piattaforma. In mezzo c’è però anche il partito azienda e il partito lobbista. Ognuno scelga ciò che preferisce.

    https://www.diariodelweb.it/italia/articolo/?nid=20181216-534825

    Anche Gasparri vuole vederci chiaro sulla Casaleggio associati. Chiaramente scappa da ridere. Mi pare ovvio che chi ha creato qualcosa poi abbia anche un ritorno, ma da qui a dipingerlo come la nuova P2 ce ne passa.
    Sul reddito di cittadinanza poi si è totalmente scollegati dalla realtà. Io non so quanti anni abbiano coloro che scrivono e commentano, io appartengo, o forse meglio appartenevo, a quel mondo che è stato totalmente scaricato dallo Stato governato da sinistra e destra: niente lavoro, niente sussidi, niente sostegno, ma un bel arrangiati e fatti un bel mea culpa. E quando va bene un lavoretto precario. i 5S parlano a questo mondo. Non il mondo dei pensionati con il retributivo, dei dipendenti pubblici dall’età di vent’anni, dei super garantiti.
    Il reddito di cittadinanza è una schifezza? E’ sempre di gran lunga meglio di quello che lo ha preceduto. E quando tu non hai niente e c’è qualcuno che vuole darti una mano lo voti. Non basterà? Senza dubbio. I 5S si sfasceranno? Può darsi. Rimarranno i primi a essersi occupati con tutti i loro limiti, da una trentina d’anni a questa parte, di chi è stato scaricato principalmente dalla sinistra.

  4. Giovanni
    12 gennaio 2019 at 13:21

    Quello che scrive Alessandro è ragionevole ma non condivisibile in ogni parte.

    Quello che io scrivo lo scrivo proprio perché questi provvedimenti riguarderebbero direttamente me essendo fra i non garantiti.

    Che i sindacati e le sinistre varie si siano sempre occupati delle cosiddette aristocrazie operaie, ovvero i tutelati e tutelabili, abbandonando di fatto tutti gli altri al loro destino ma nascondendosi dietro la comoda bugia dei diritti in progredire è vero, è un male e deve essere denunciato fortemente. Che il reddito di cittadinanza è “sempre di gran lunga meglio di quello che lo ha preceduto” invece non ci siamo proprio. Non condivido questo ottimismo.

    Su questo punto commento ormai da anni su sollevazione tanto che sembro un disco rotto. Occorre chiarezza per non cadere nella contraddizione antitetico-polare redditisti-antiredditisti (o memmettari-antimemmettari), che imperversa nell’area noeuro, insieme ad una certa nostalgia del passato che essi idealizzano e che invece è deleteria.

    Ribadisco quello che ho scritto nel finale del mio commento: “che sia un indennità di disoccupazione e non un sussidio di povertà”, il RdC purtroppo non rientra in questa definizione.

    Ma magari rispondo meglio più tardi.

    • Giovanni
      12 gennaio 2019 at 14:22

      Nel passaggio “essi idealizzano” il pronome “essi” si riferisce genericamente alla grossa “area noeuro” e non certo a sollevazione. Giusto per evitare equivoci.

  5. Giovanni
    12 gennaio 2019 at 17:33

    Pero una cosa breve vorrei aggiungerla subito. Bisognerebbe smettere di usare le parole che il nemico ha coniato di proposito per intrappolarci. Fra queste c’è il pessimo termine “assistenzialismo”, inventato proprio per criminalizzare ogni richiesta di sicurezza sociale costringendo i più deboli a giustificarsi preventivamente di non avere la macchia di questo peccato mortale.

    Basta ad esempio guardare quel macabro gioco delle parti che è la polemica sugli indivanados tutta interna al mondo felpastellato. Dai felpati parte qualcuno che accusa gli stellati di dare soldi ai fannulloni, dagli stellati arriva immediata la giustificazione “non daremo soldi a chi sta sul divano” e via con itnerinale e formazione continua (entrambe cose inaccettabili). Il poliziotto buono e quello cattivo, ma come si permettono ‘sti felpastellati ad insultarci in questo modo.

    Ma ai cassintegrati li accusano pure di essere assistiti e starsene sul divano? No. O almeno non ancora, perché secondo me ci stanno provando visto che di cassa integrazione esistono diverse forme.

    Accusando M5S e Lega di fare politiche assistenzialiste si finisce per fare il loro gioco restando all’interno delle categorie morali del liberismo. La guerra è dura, in guerra gli errori si pagano sempre a caro prezzo e siamo noi per primi e non doverne fare.

  6. Gian Marco Martignoni
    12 gennaio 2019 at 21:45

    Comprendo le recriminazioni di Alessandro, ma se la ex-sinistra non è stata in grado di svolgere un ruolo positivo nel paese sul fronte del lavoro e del non lavoro, non tutto quello che oggi passa il convento può essere preso per edificante e soprattutto costruttivo rispetto alle prospettive delle nuove generazioni. Al di là che un analisi sul perchè la sinistra anticapitalista è giunta a questo stadio terminale nel nostro paese andrà , prima o poi, condotta – alcuni spunti il libro di Fabrizio ce li fornisce -, mi piacerebbe capire come mai la redistribuzione del lavoro, la riduzione di orario o un piano del lavoro, come la Cgil ha avanzato nel programma del suo congresso, non hanno cittadinanza nel dibattito pubblico.E’ evidente , dal mio punto di vista, che se non c’è una formazione politica in grado di rappresentare il lavoro, difficilmente le proposte sopra richiamate possono diventare oggetto di una discussione politica , per trovare conseguentemente le modalità di una loro realizzazione concreta.Per cui torniamo alla vecchia questione dei rapporti di forza, e quindi al fatto – concordo con Giovanni – che il presunto reddito di cittadinanza è un obbrobrio politico così come è formulato .Ho sessant’ anni, da un anno sono in pensione, ho due figli che studiano all’università, ma provenendo da una storia figlia della lotta di classe, non intendo farmi prendere per il culo da Di Maio, Casaleggio o, peggio ancora, da Di Battista.Costoro con la sinistra anticapitalista non c’entrano nulla, e, quindi, sarebbe utile comprendere quali sono i processi politici che li hanno generati.

  7. Giovanni
    14 gennaio 2019 at 14:36

    Avevo scritto che sarei intervenuto di nuovo, ero indeciso ed ho atteso un po’, provo a farlo così.

    Il reddito di cittadinanza ed altre proposte simili raccolgono la giusta rivendicazione di misure di carattere universale che non ci sono mai state, come una pianificazione totale dello status di disoccupato.

    Se da una lato però le proposte esistenti non invertono la tendenza alla disgregazione del mondo del lavoro perché le forze che stanno dietro a queste spinte sono sempre operanti e cercano di perseguire i propri obiettivi con altri mezzi, dall’altro lato non vi si può rispondere negando la legittimità della rivendicazione che vi è alla base e proponendo di risolvere il problema solamente aumentando la domanda di lavoro.

    La storia ci ha già dimostrato che questo da solo non funziona, i disoccupati c’erano ed erano soli anche nell’era della spesa pubblica più elevata, anche durante il new deal la piena occupazione fu raggiunta solo dalla Germania nazista, sappiamo come e sappiamo perché, inoltre fu effetto un collaterale e non certo desiderato dalla classe dominante tedesca.

    Occorre dare una risposta adeguata alla giusta rivendicazione di cui sopra senza deviare verso il proseguimento della disgregazione del lavoro con altre maschere ma senza neppure riproporre banali estensioni delle forme sindacal-contrattuali esistenti (la cosiddetta estensione dell’art. 18 a tutti è l’illusione di risolvere facilmente un problema ben più complesso su cui lucrano i sindacati complici da tempo) che attenuerebbero solamente le sofferenze sociali riproducendo le vecchie forme di esclusione.

    Ai tempi d’oro del movimento socialista il dibattito era su diverse forme di organizzazione del lavoro, questo è ciò che è necessario riprendere al più presto. Se il lavoro (pubblico o privato) non flessibilizzato è un diritto, deve esistere una strutture allocativa a cui io mi rivolgo per avere erogato quel diritto. Se quel diritto è negato io sono danneggiato e devo essere indennizzato adeguatamente finché il danno non viene rimosso. Ogni altra risposta, dal “lavoratore squillo” in tutte le sue forme (interinale, agenzia per l’impiego, ma a pensarci bene anche molti supplenti di scuola sono tali) alla risposta vetero sindacalese che guarda al passato ignorando la necessità di costruire meccanismi di allocazione universali devono essere respinte.

    Comprendo la complessità del problema ma non si può indugiare oltre.

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