Destra, sinistra e il merito. Una lezione di Ignazio Silone

Con notevole sforzo di fantasia provo ad immedesimarmi con un elettore medio del Partito Democratico all’indomani delle parole pronunciate dalla neo Presidente del Consiglio. Leggendole immagino il rossore spuntare sul viso, tipico dell’imbarazzo colpevole. Ma allo stesso tempo anche il rifugio nelle proprie petizioni di principio. Sono di sinistra e ora sono all’opposizione. Questa destra è oscurantista, arcaica, nostalgica. La mia ferrea determinazione progressista mi pone al di fuori di quel contesto culturale. Ogni essere umano cerca giacigli consolanti. Rassicurazioni assolutorie. Anche quando la tragicità delle proprie contraddizioni, la limpidezza della propria ipocrisia emergono in tutta la loro portata storica.
Arduo il compito di negare sé stessi, quando una donna al vertice delle Istituzioni snocciola uno a uno tutti, o quasi, i proponimenti della sinistra contemporanea di inizio secolo. Recitandoli con aggressiva vigoria. Tra la collocazione internazionale e i dogmi del libero mercato, Giorgia Meloni non mente. Omette un dato essenziale, causa del rossore del militante di sinistra. Quell’impostazione mentale, quel reganismo fuori tempo massimo, mal si concilia con restaurazioni morali conservatrici. La costituzionalizzazione dell’economia di mercato presuppone una discorsività evoluzionistica. Che concepisce una pedagogia di mercato e un’educazione antropologica al progresso nel mercato.
L’inganno della destra è l’altra faccia del disagio di sinistra. Tutta l’impalcatura ideologica del progressismo mercantilista è mistificata in un approccio reazionario. Che vorrebbe sposare una dimensione tradizionalista con la causa della sua disgregazione. La libertà di mercato, il libero commercio come diritto umano – valore fondante delle liberal-democrazie – ridefiniscono lo spazio attraverso bisogni de-territorializzati. La flessibilità di movimento non percepisce ancoraggi conservatori. Scintilla artistica, vena creativa acquisiscono la nobiltà del coraggio d’impresa. Che può dispiegarsi in qualsiasi anfratto geografico senza i vincoli di Dio, della Patria e della Famiglia. E priva della coscienza di sé. Dei condizionamenti di classe. Della fatica portata dalla lotta. Il coraggio resiliente equivale al merito.
Proprio il merito rappresenta la chiave di lettura più appropriata per rendere omaggio alla cultura dell’indistinguibile. Certo una società che non premia il talento sarebbe sclerotizzata, accartocciata su se stessa. Destinata all’implosione. Ma quando il merito affiora come ideologia si eleva il concetto a spartiacque dell’ingiustizia. Alibi per un darwinismo sopportabile. Passepatout per una cittadinanza a punti. Capace di moralizzare la diseguaglianza.
Ignazio Silone scrisse: “Ciò che definì la nostra rivolta fu la scelta dei compagni. Fuori dalla chiesa del nostro borgo c’erano i braccianti. Non era la loro psicologia che ci attirava, ma la loro condizione”.
Fuori da questa consapevolezza esiste la barbarie dell’esclusione sociale. Un mondo che non si consuma implodendo ma che esplode nel cinismo altezzoso di nuove aristocrazie illuminate che sfornano macerie. Le stesse che guardano raggelate il frutto della loro noncuranza. Quel costume così impunemente civilizzato, arricchito da eventi così perbene, impreziosito da salotti nei quali gesticola la gente che piace alla gente che piace, che mastica amaro di fronte al suffragio universale, viene tranquillamente inglobato, perché ne è il corollario ideologico, dalla prosopopea di destra. Una linea di continuità tracciata da ex fascisti che salverà i meritevoli fino alla conseguenza più logica e brutale. La guerra a tutti i popoli incivili.
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2 commenti per “Destra, sinistra e il merito. Una lezione di Ignazio Silone

  1. Enza
    26 Ottobre 2022 at 16:47

    Intervento di notevole spessore che merita un applauso. Grazie.

  2. Aliquis
    27 Ottobre 2022 at 20:41

    Si, intervento ammirevole.
    Come dico in un altro commento, andate a scoprire lo scrittore inglese Michael Young.

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