La retorica progressista

L’odierna retorica progressista è condita ovunque di espressioni come “si sono fatti passi avanti” e “tuttavia l’obiettivo non è ancora stato raggiunto”… Ovviamente, in cambio della rappresentazione di questa marcia progressista verso l’uguaglianza si rimuove completamente dall’orizzonte dei problemi la questione sociale e di classe. Infatti gli obiettivi progressivi in marcia da completare riguardano sempre nemmeno i diritti civili seriamente intesi (sarebbe già molto), bensì i diritti individuali, comportamentali ed esteriorizzati, legati all’identità così come viene definita non dai rapporti sociali e di lavoro, ma principalmente dal diritto di apparire nelle sue diverse declinazioni, telegenico e spettacolarizzabile, dunque altamente compatibile con la civiltà dell’intrattenimento avviata dalla televisione e proseguita enfaticamente dai social; diritto che io ovviamente non contesto, ma bisogna capire dove sta e cosa viene tolto in cambio. I diritti neoliberali dell’apparire devono espellere dal discorso pubblico i diritti sostanziali legati all’essere sociale, che trova definizione nei rapporti di lavoro, economici, materiali, di forza e di classe, sui quali non a caso, proprio mentre la marcia progressista prosegue inarrestabile, ancorché ancora incompleta (e certamente, perché se fosse completa, l’illusione ottica verrebbe dissolta, quindi ha bisogno di rimanere incompiuta), si è registrato negli ultimi decenni uno spaventoso arretramento. Sempre più impoveriti per il vantaggio di pochi sempre più ricchi, ma sempre più liberi?
Mentre si dà a intendere che il completamento del cammino progressista fino al trionfo finale condurrà infine alla vera uguaglianza e all’emancipazione, si coltivano in profondità tutte le nuove forme di alienazione al centro del capitalismo digitale (lo stesso che dispensa con proprio enorme profitto tutte le protesi narcisitiche ed ego-centriche dell’apparire e trasforma ricchi imprenditori-influencer depositari di quella tavola di valori negli idoli della nuova “sinistra”), ottenendo lo straordinario risultato che sono proprio i subalterni al culmine storico dell’alienazione a sostenere e promuovere la piattaforma progressista. Questa si spaccia costantemente come egualitaria ma ha sostituito l’essenza sociale dell’egualitarismo, è dunque reazionaria, classista, intrinsecamente discriminatoria e anche guerrafondaia, come si sta vedendo bene, perché traduce gli interessi del capitalismo digitale strutturalmente egemone (e delle sue emanazioni politiche), al quale fornisce le strutture discorsive e di giustificazione.

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