Lo stato, forte con i deboli e debole con i forti

Pochi giorni fa ho visto su una tv un servizio sul clan dei Casamonica che per decenni ha esercitato il suo dominio criminoso nella Capitale dopo la fine del ciclo della “banda della Magliana” controllando un intero quartiere, la Romanina, trasformato nel suo quartier generale. Due fenomeni criminali completamente diversi l’uno dall’altro. La banda della Magliana trafficava in droga ed era legata alla P2 e ai servizi segreti che gli commissionavano tutta una serie di lavori sporchi. Fra le altre cose circa 20 miliardi di vecchie lire della banda servirono a finanziare il sindacato polacco, Solidarnosc (fu coinvolta in questo “smistamento” di fondi sporchi anche la “Banca vaticana”, segno che i soldi non puzzano mai, da qualsiasi parte provengano…).

I Casamonica erano e tuttora sono (anche se da qualche tempo il clan è stato parzialmente smantellato perchè colpito da numerosi arresti) una banda di strozzini e di estorsori, naturalmente molto violenta. Hanno taglieggiato e ricattato commercianti, piccoli imprenditori e anche tanta gente di estrazione popolare, lavoratori, gente comune che, trovatasi in difficoltà economica, è finita nella rete del clan. Chi non riusciva a pagare gli interessi usurai imposti dalla banda veniva massacrato oppure espropriato di tutto quello che aveva. Emblematico il caso di un uomo anziano di Pietralata che aveva “ereditato” il debito del figlio morto poco prima ed è stato costretto a lasciare al clan la sua casa popolare finendo a dormire letteralmente sotto i ponti.

Ma la cosa che mi ha sconcertato in questo servizio è stato vedere l’atteggiamento timido delle istituzioni e delle forze di polizia rispetto a queste organizzazioni criminose. Dopo la requisizione di una villa, alcuni del clan erano tornati ad occuparla. Dopo non so quanto tempo la polizia è tornata per far rispettare l’ordinanza. Il funzionario di polizia preposto parlava con questi esponenti del clan (uomini e donne) che imprecavano e urlavano di tutto ai giornalisti presenti, cercando di convincerli a lasciare la villa. Non so se sono stato chiaro. Invece di buttarli fuori senza tanti complimenti quel funzionario stava dialogando con questa gentaglia cercando di persuaderla a lasciare l’immobile.

Ora, non mi pare che quando si tratta di sgomberare uno stabile occupato da famiglie di senza casa o da immigrati, le forze di polizia si perdano in cerimoniali. Manganellate, lacrimogeni, suppellettili buttate fuori dai balconi e dalle finestre, gente malmenata senza nessuno scrupolo. In quel caso, quando ci sono di mezzo i poveracci, il diritto di proprietà è sacro e inviolabile e non sono ammesse deroghe. Due pesi e due misure? Sembrerebbe proprio di sì…

Ancora più stupefacente la sindaca Raggi che, intervistata (ed siccome era buona fede, il tutto è ancora più tragico) raccontava il giorno dello sgombero di una serie di immobili occupati dai Casamonica. “Eravamo in 500 – spiegava – fra agenti di polizia municipale e di stato, alle 4 del mattino, si respirava la tensione, e ci siamo fatti coraggio fra noi prima di entrare nelle ville occupate e poi espropriate…”.

“Ci siamo fatti coraggio?”, dice la Raggi. Ma vi rendete conto? Lo stato che “deve farsi coraggio” per sgomberare una banda di criminali…Una dimostrazione di inquietante debolezza da parte delle istituzioni.

Ma in realtà è errato parlare di “debolezza”, più corretto parlare di non volontà politica. In fondo le organizzazioni criminali null’altro sono se non aziende capitaliste che operano in parte nell’illegalità e in parte nella “legalità”. Da sottolineare che gruppi come i Casamonica, per quanto pericolosi e violenti, sono una inezia rispetto ad organizzazioni quali la mafia, la ‘ndrangheta, la sacra corona e la camorra che oltre al traffico della droga, delle armi e della prostituzione, controllano ampi settori della politica, della pubblica amministrazione, dell’industria del turismo, gestiscono appalti pubblici, lo smaltimento dei rifiuti e tante altre attività lecite e illecite.

L’esistenza di questa rete di organizzazioni criminali che in taluni casi arrivano a controllare militarmente il territorio e a costituire una sorta di “secondo stato” che impone la sua legge sui cittadini, non è casuale ma è la conseguenza del sistema sociale (capitalista) in cui viviamo. In uno stato socialista l’esistenza della criminalità organizzata non è neanche pensabile. Esiste forse la criminalità organizzata (ma neanche spicciola…) a Cuba? No, ovviamente, perché non esiste l’humus, il brodo di coltura all’interno del quale quella può proliferare, ma anche perché esiste uno stato che impone con fermezza il rispetto della legalità. Esiste ed è classe dominante invece in tanti altri paesi dell’America latina dominati dal capitalismo liberista selvaggio. Del resto, è la logica del profitto la molla della criminalità ed è ovvio che proliferi dove le condizioni economiche e sociali lo rendono possibile.

I governi e gli stati fingono di combatterla ma in realtà in molti casi sono conniventi. Per la semplice ragione che la criminalità agisce simbioticamente con le leggi non scritte dell’economia capitalista, al punto tale che diventa difficile se non impossibile distinguere fra economia legale e illegale.

E’ questo che spiega la “debolezza” dei governi e delle istituzioni nel combattere i fenomeni criminali. Appunto perché non si tratta di una vera debolezza ma di una sostanziale connivenza. Pensiamo veramente che uno stato, se realmente lo volesse, non sarebbe in grado di smantellare una organizzazione criminale?

A tal proposito, tornando all’incipit, ancora più stupefacente la testimonianza di un commerciante taglieggiato dai Casamonica che, trovato il coraggio, si è recato al commissariato di zona e si è sentito placidamente rispondere dagli agenti che se c’erano di mezzo i Casamonica era meglio che lasciasse perdere…

E’ quindi evidente come le persone comuni abbiano la netta percezione per non dire la certezza di sentirsi praticamente indifese (e lo sono) di fronte alla prepotenza della criminalità, a tutti i livelli.

E’ a questo punto fondamentale chiarire un punto: garantire la sicurezza dei cittadini significa garantire la libertà. La sicurezza non è un concetto di “destra” ed è politicamente criminale lasciarlo alla destra. La criminalità prolifera proprio nell’assenza di regole, nel liberismo (capitalismo) selvaggio. E un autentico stato di diritto è tale anche e soprattutto quando è in grado di preservare e garantire la sicurezza e quindi la libertà dei cittadini. Ed è evidente che se il cittadino è esposto alla prepotenza e alla violenza della criminalità, in tutte le sue manifestazioni, non è libero.

Un auspicabile nuovo soggetto socialista e di classe deve fare (anche) della sicurezza (e quindi della libertà) dei cittadini un suo cavallo di battaglia, né più e né meno dei diritti sociali, del lavoro, del welfare, delle libertà democratiche, del rifiuto delle politiche colonialiste e imperialiste.  Troppo spesso il concetto di “garantismo” è stato confuso con quello di permissivismo. Sono due concetti completamente diversi. Il permissivismo è in realtà proprio quello vigente oggi dove la criminalità più o meno organizzata fa il bello e il cattivo tempo. Lo stato di diritto è tutt’altra cosa ed è quello stato che garantisce le libertà democratiche e proprio per questo è estremamente fermo nel combattere ogni forma di prepotenza e di criminalità. Lo stato di diritto deve essere forte con i prepotenti e protettivo verso i più deboli. Purtroppo, come diceva un vecchio leader socialista, si verifica il più delle volte il contrario.

Tema sulla criminalità organizzata - Studentville

Fonte foto: StudentVille (da Google)

2 commenti per “Lo stato, forte con i deboli e debole con i forti

  1. ndr60
    24 settembre 2020 at 13:18

    I Casamonica e (praticamente) tutti i clan criminali controllano pacchetti di voti, molto utili per eleggere chicchessia a qualsivoglia carica pubblica; gli immigrati e i senza tetto, i voti li fanno perdere a tutti coloro che si vogliono occupare del problema. E’ la democrazia, bellezza.

  2. Giulio larosa
    26 settembre 2020 at 12:01

    Nelle Duesicilie conosciamo questo tipo di situazioni. Da sempre si sente l infame e falso ritornello che a noi manca il senso dello stato. NO! Da noi è lo stato che non ha “il senso dello stato”

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