L’Unione Europea, la Germania e il proletariato

La UE non è un blocco unitario, il mitico imperialismo europeo, e la conflittualità interna e nella politica estera è sempre più evidente. Non è neppure un’alleanza tra imperialismi nazionali per essere in grado di competere con grandi stati come USA, Cina, Russia. Quando il federalismo europeo era ancora soltanto un progetto, Bordiga ne descriveva i caratteri fondamentali: una maschera di un’organizzazione di guerra a comando USA, che consolidava il dominio del capitale finanziario statunitense sull’Europa e sul proletariato americano, e che rendeva impossibile la nascita di comuni rivoluzionarie a Parigi, Bruxelles, Milano, Monaco… (1) C’è un fondamentale parallelismo tra NATO e UE, e i cosiddetti europei neutrali sono nell’orbita americana più ancora di vecchi atlantici come la Turchia. Basterebbe una cartina delle basi Nato e di quelle gestite direttamente solo dagli USA, per dimostrare la sudditanza europea. Il rapporto tra gli imperialismi europei e gli USA ricorda quello tra i gangster e il capobanda, colui che in ultima istanza decide.

Il primo segretario generale della Nato, Hastings Lionel Ismay, disse che l’Alleanza era stata creata per «tenere gli Usa dentro (l’Europa ndr), la Russia fuori e la Germania sotto». L’enorme peso economico della Germania alla fine ha reso impossibile mantenere questa direttiva.

Documenti, scoperti da Joshua Paul, dimostrano che vi fu un intervento americano a favore del federalismo europeo, un recinto che permetteva di controllare i satelliti del nostro continente:

“Un memorandum, datato 26 luglio 1950, dava istruzioni per una campagna destinata a promuovere un Parlamento Europeo pienamente sviluppato. È firmato dal generale William J. Donovan, capo dell’Ufficio Servizi Strategici (OSS) americano del tempo di guerra, precursore della CIA.

I documenti, scoperti da Joshua Paul, un ricercatore presso la Georgetown University di Washington, comprendono fascicoli rilasciati dagli Archivi Nazionali statunitensi.

Il principale strumento di Washington per dare forma all’agenda europea fu la Commissione Americana per un Europa Unita, creata nel 1948. Il presidente era Donovan, all’epoca apparentemente un avvocato privato: il vicepresidente era Allen Dulles, il direttore della CIA negli anni ’50. Il comitato comprendeva Walter Bedelì Smith, il primo direttore della CIA, e una lista di personaggi ed ufficiali ex-OSS, che si erano spostati dentro e fuori la CIA.”(2)

I documenti mostrano che l’ACUE (Comitato americano per l’Europa unita) finanziava il Movimento Europeo, la più importante organizzazione federalista negli anni del dopoguerra. Nel 1958, ad esempio, fornì il 53,5 per cento dei fondi del movimento.

Il capitale americano assicurò la ripresa dell’Europa distrutta dalla guerra, a prezzo di uno sfruttamento bestiale dei lavoratori, ma non appena lo sviluppo industriale cominciò a minacciare la supremazia americana, Nixon sganciò il dollaro dall’oro, e i satelliti europei, come tanti altri paesi, dovettero accettare cartaccia verde in cambio di merci reali. Altro momento importante fu la crisi della lira e della sterlina, attribuita alla speculazione di un privato, Soros. Solo gli ingenui possono credere che questa operazione non fosse concordata col governo di Washington. Per fare un esempio più recente, lo scippo della Fiat all’Italia, formalmente compiuto da Marchionne e dagli Agnelli, non sarebbe stato possibile senza i generosi prestiti garantiti direttamente da Obama.

Il dominio degli USA, oggi, comincia ad essere messo in forse dall’ascesa della Germania. Ecco cosa dice lo studioso francese Emmanuel Todd:

Nella globalizzazione, la Germania non cerca l’equilibrio per una cooperazione economica con i partner, ma per la loro distruzione industriale. Allo stesso modo, la Cina affronta i vicini del sud. La gente vive con un’idea falsa, capovolta dell’Europa: non è affatto una zona per proteggersi, per sopravvivere, al contrario è una zona di guerra economica massima. L’abbassamento del costo del lavoro è una strategia contro il vicino: si cerca di essere l’ultimo a sopravvivere nel processo di abbassamento dei livelli di vita, di annientamento del futuro. Nel contesto della competizione feroce tra vicini sociali, economici, geografici, gli effetti economici delle differenze di forza legati all’antropologia e alla storia sono massimizzati” (3)

Non è una questione morale, ma di rapporti di forza. La piccola Grecia è rimasta schiacciata, non solo da Germania, Francia, Stati Uniti(tramite il Fondo Monetario Internazionale), anche i governi italiani hanno dato una mano ad affondarla.

Chi non parte da considerazioni di classe, se la prende col popolo in generale: i tedeschi, i francesi, gli americani. E’ un’assurdità, nei popoli bisogna sempre distinguere proletariato e classi sfruttate dai capitalisti. Mentre banchieri e industriali tedeschi accumulano cifre favolose, milioni di lavoratori sottopagati e i disoccupati sono al livello della fame. Chi avesse dubbi, può leggere “L’inferno del miracolo tedesco” di Olivier Cyran, su “Le monde diplomatique” allegato al manifesto di settembre: “Il lavoro interinale esplode, passando da 300.000 reclute nel 2000 a quasi un milione nel 2016.Al tempo stesso, la proporzione dei lavoratori poveri – con stipendi inferiori a 979 euro al mese- passa dal 18 al 22%. Nel 2015, la creazione del salario minimo, fissato a 8,84 euro all’ora (nel 2017) non ha invertito la tendenza:4,7 milioni di attivi ancora oggi sopravvivono con un minijob da 450 euro al mese. La Germania ha convertito i propri disoccupati in bisognosi.”

Un collaboratore di un job center di Berlino ha sintetizzato il problema in una frase: “Forniamo ai datori di lavoro un economico materiale umano”. Berlino, bengodi per i capitalisti, miseria programmata per proletari.

La tendenza alla disgregazione della UE e del Patto Atlantico non è solo frutto dei conflitti interni all’Europa, ma è anche sintomo dell’indebolimento del controllo USA. Uno scenario possibile: l’imperialismo tedesco per primo si emancipa dalla soggezione USA, provocando la frana di NATO e UE, quello francese, dopo avere a lungo giocato a fare il partner di Berlino, corre a rifugiarsi sotto l’ala di Washington, quello italiano viene irrestibibilmente attratto nell’orbita tedesca. Uno scenario pericoloso, e tutt’altro che nuovo, ma le grandi concentrazioni di capitale sono conflittuali. Si dirà: ma Berlino non ha l’atomica, come può ribellarsi a Washington? Stati come Germania e Giappone hanno una tecnologia tale da poter produrre l’atomica in poco tempo.Trump, con le sue chiassate sulla Corea del nord, sta fornendo pretesti al Giappone per riarmarsi, e la Germania potrebbe cogliere l’occasione di un peggioramento delle relazioni USA -Russia, o approfittando delle crescenti fratture che si sviluppano all’interno degli USA, delle quali la polemica contro Trump è solo la parte visibile dell’iceberg. A parole, il riarmo sarebbe contro la nuora Russia, in realtà, contro la suocera padrona USA. Se queste operazioni riuscissero, avremmo cinque potenze, USA, Russia, Cina, Germania e Giappone, ciascuna con una propria sfera d’influenza e propri satelliti. Francia e Gran Bretagna potrebbero mantenere un certo peso solo restando alleate degli Stati Uniti, l’Italia, un tempo potenza manifatturiera, ha perduto quasi tutte le grandi industrie e ha una classe dirigente oscenamente servile, incapace ormai di una politica estera. Queste non sono previsioni del futuro, sono tendenze già operanti, che solo chi si attiene alle dichiarazioni ufficiali non vede. Non è detto, però, che gli USA non riescano a intralciare e a ritardare questo processo, o a bloccarlo per un certo periodo con minacce militari. Il riarmo e le operazioni vicino alla frontiera russa sono anche un avvertimento alla Germania.

La cause fondamentali di queste fratture vanno cercate nell’economia, ma questo non esclude particolari influenze politiche, militari, diplomatiche. Le sanzioni USA contro la Russia colpiscono particolarmente Germania e Italia. Molti pensano che sia nell’interesse dei tedeschi e degli italiani avvicinarsi a Mosca, ma, come lo spostamento di masse continentali provoca terremoti e maremoti, così lo spostamento ad est di un gigante economico come la Germania creerebbe sconvolgimenti sia ad occidente sia ad oriente. Il commercio non unisce i popoli, come sostiene la retorica ufficiale, la concorrenza ha vincitori e vinti, e l’integrazione economica con la Germania potrebbe essere fatale alla Russia. La Germania, nel 2016, grazie alle esportazioni, ha raggiunto un surplus record attorno ai 310 miliardi di dollari, superando la Cina, e guai ai paesi che pensano di poterla affrontare sul piano del libero scambio. Non a caso, gli USA sono ricorsi all’enorme potere derivato dalla supremazia politica e militare che permette loro di sanzionare imprese come la Volkswagen, che non sono riusciti a sconfiggere sul piano puramente concorrenziale.

La Germania ha tuttora una struttura politica non molto adatta alle esigenze dell’imperialismo, si pensi alla struttura federale, che può avere un senso per un paese dalle dimensioni continentali o in paesi plurinazionali, ma è un’assurdità per uno stato poco più grande dell’Italia. Può darsi che gli aspetti più folcloristici del federalismo vengano lasciati intatti, ma la marcia verso una crescente centralizzazione è inevitabile. E il militarismo, oggi ancora abilmente nascosto, verrà sempre più in primo piano, come sta avvenendo in Giappone. L’indebolimento dell’europeismo, come si vede dalla sconfitta dei socialdemocratici e dall’arretramento della Merkel, agisce in direzione del nazionalismo. La distanza tra Berlino e Washington inevitabilmente crescerà, non solo nei confronti di Trump, ma anche verso Obama, Clinton, Soros. E la Merkel, troppo vicina agli USA, non è funzionale al nuovo corso, e dovrà essere sostituita.

Todd scrive: “Ma se si passa nel mondo del realismo strategico, che vede la realtà dei rapporti di forza senza riferimento ai valori, reali o mitici, si constata che esistono oggi due grandi mondi industriali sviluppati, l’America da un lato e questo nuovo impero tedesco dall’altra parte. La Russia è una questione secondaria.

Si deve dunque considerare tutt’altra cosa nei vent’anni futuri che un conflitto est -ovest: l’ascesa della potenza del sistema tedesco suggerisce che gli USA e la Germania entreranno in conflitto. E’ una logica intrinseca fondata su rapporti di forza e di dominazione. A mio parere, è irrealistico immaginare un’intesa pacifica nel futuro.”(4)

Ci risparmiamo il predicozzo finale, in cui Todd decanta la superiorità dei valori americani su quelli tedeschi. E’ incredibile come uno studioso dall’analisi realistica, dopo avere spiegato in diversi scritti la crescente integrazione e subordinazione economica della maggior parte dei paesi europei a Berlino, passi a propinare ai lettori la giaculatoria dei valori americani. Non si capisce, inoltre, la sottovalutazione di paesi come Cina, Russia e Giappone, non proprio secondari. Ma sulla crescente importanza del contrasto USA Germania, Todd non sbaglia.

La UE, questa galera di popoli, deve saltare. L’alternativa non è il ritorno al nazionalismo, la borghesia nazionale in Europa è marcia. La classe dirigente italiana, ad esempio, non merita alcun rispetto; se non ha più il peso di un tempo, deve rimproverare solo se stessa. L’Italia non è mai stata attaccata, ha sempre aggredito, è sempre entrata in guerra, spesso sollecitata, ma non materialmente costretta, salvo buscarle alla grande. Politici che cercavano di nascondere con la retorica la completa impreparazione dell’esercito ad affrontare una guerra mondiale, come Mussolini, generali che non osavano opporsi agli errori più pacchiani per non danneggiare la carriera, e davano colpa degli insuccessi alla truppa, che non mancava di coraggio. Non un uomo, non un soldo per la rinascita del nazionalismo italiano. Lo stesso vale per una Federazione Europea illusoria, “democratica”, che si basi su un capitalismo “onesto”. Tra lo stato nazionale borghese e il socialismo non c’è posto per una società intermedia. L’unica via al socialismo è la dittatura del proletariato. Non è detto che abbia le stesse forme della Comune, o dei Soviet, può avere forme diverse, ma la sostanza deve essere il potere dei lavoratori e l’espropriazione degli espropriatori, i capitalisti.

Come lottare ad un tempo contro la UE e contro il nazionalismo? Non basta la lotta economica, cioè respingere tutti i tentativi di far pagare ai lavoratori gli effetti della concorrenza, il peso delle ristrutturazioni delle industrie, le spese della burocrazia e quelle militari ed ecclesiastiche. Occorre anche una lotta specifica in politica interna e politica estera. Si è già detto che l’Italia ha una posizione geografica particolare, è un ponte sul Mediterraneo, da cui partono gli attacchi all’Africa (Libia) o alla penisola balcanica (guerra del Kossovo), per cui, quando parliamo di “nemico in casa nostra”, è pedantesco distinguere tra forze armate italiane e forze Nato (americane, ma non solo). Si può partire da proteste che già esistono, come quelle contro il Muos in Sicilia. Qui si uniscono problemi locali, riguardanti la salute della popolazione e problemi militari, e di oppressione delle popolazioni dell’Africa e del Vicino Oriente.

“A denunciare l’insostenibilità ambientale del MUOS e le “gravi carenze” degli studi effettuati dagli statunitensi ci ha pensato nel novembre 2011 il Politecnico di Torino, attraverso un report dei professori Massimo Zucchetti e Massimo Coraddu:

“Con la realizzazione delle nuove antenne si verificherà un incremento medio dell’intensità del campo in prossimità delle abitazioni più vicine pari a qualche volt per metro rispetto al livello esistente”, scrivono i due ricercatori. “C’è poi il rischio di effetti acuti legati all’esposizione diretta al fascio emesso dalle parabole MUOS in seguito a malfunzionamento o a un errore di puntamento. I danni alle persone accidentalmente esposte a distanze inferiori ai 20 Km saranno gravi e permanenti, con conseguente necrosi dei tessuti”.”

“Il MUOS dovrà assicurare il collegamento della rete militare Usa (centri di comando, controllo e logistici, le migliaia di utenti mobili come cacciabombardieri, unità navali, sommergibili, reparti operativi, missili Cruise, aerei senza pilota, ecc.), decuplicando la velocità e la quantità delle informazioni trasmesse nell’unità di tempo e rendendo sempre più automatizzati e disumanizzati i conflitti del XXI secolo”(5)

La Sardegna ha i tre più grandi poligoni militari d’Europa, e le servitù militari sono un peso insopportabile, per l’inquinamento ambientale, soprattutto delle acque.

“la Sardegna ospita anche una moderna fabbrica di bombe: la RWM Italia di Domusnovas, che vende la sua produzione all’Arabia Saudita per la guerra nello Yemen”.(6)

Queste lotte coinvolgono vaste fasce di popolazione, ma sarebbe un grave errore per i comunisti classificarle come piccolo borghesi e disinteressarsene. Non si può confondere il pacifismo che chiacchiera con l’antimilitarismo che lotta. Lottare contro gli strumenti di guerra che schiavizzano l’Africa e il Vicino Oriente è uno dei compiti più importanti dei comunisti. Non si può ripetere l’errore di Bebel: a Karl Liebknecht che chiedeva una battaglia specifica contro il militarismo, rispose che nella politica generale della socialdemocrazia era già implicita l’opposizione alla guerra. Questi movimenti sono importanti, e i comunisti devono rapportarsi con gli elementi più combattivi e portarli alla piena consapevolezza di classe.

Poi bisogna riprendere la campagna per il ritiro delle truppe italiane nelle varie missioni militari, nella piena consapevolezza che ottenere ciò equivarrebbe all’estromissione dell’Italia dalla NATO, e una crisi non piccola della dannata alleanza. I comunisti potranno superare la loro dispersione e darsi un’organizzazione unitaria soltanto entrando nelle lotte reali, che non sono mai proletarie allo stato puro. In politica, come in natura, lo stato puro non esiste.

Una sola forza può evitare lo scontro mortale tra potenze, il proletariato, alla testa delle masse sfruttate, a patto che si dia un’organizzazione rivoluzionaria internazionale.

 

Note

1) United States of Europa, Prometeo n.14, gennaio- febbraio 1950.

2)Articolo di Ambrose Evans-Pritchard, The Telegraph, Londra, 19 Settembre 2000. Traduzione italiana tratta da Nexus New Times n. 30, Febbraio – Marzo 2001.

3)Débat Todd / Gaino sur l’Europe : “L’Europe avance, vers le mal…”, Les Crises – Des images pour comprendre

17Nov2014.

4)Emmanuel Todd, “La montée en puissance du système allemand suggère que les États-Unis et l’Allemagne vont au conflit”, Les Crises – Des images pour comprendre, 5 Sep 2014.

5) “Che cos’è il MUOS di Niscemi? Un’arma ambientale” di Antonio Mazzeo (sito), Agorà vox Italia

venerdì 12 aprile 2013

6)Servitù militari in Sardegna: “Sardegna, la lotta contro le servitù militari riprende quota: “A Foras”“, Today, 1-6 2017.

 

L’articolo è apparso in  SottoleBandieredelMarxismo e http://www.rottacomunista.org/

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