Non solo Agamben

Il 15 ottobre un gruppo di intellettuali e filosofi in risposta agli interventi di Agamben ha redatto una lettera a favore della gestione attuale della pandemia, si schierano apertamente per il greenpass; non si può restare che sorpresi dinanzi a talune affermazioni. Si dichiarano filosofi e intellettuali, definirsi filosofi significa elaborare un postura significativa e personale, porre un percorso di verità ben diverso dall’esattezza scientifica. Il filosofo trasforma la propria vita in testimonianza del proprio pensiero, senza voler nulla togliere ai filosofi e intellettuali che hanno scritto la lettera, trovo sempre un certo imbarazzo verso chi si dichiara filosofo, tale è l’altezza della condizione esistenziale del filosofo nella mia ottica di eterno studioso. Nella lettera il riferimento è ad Agamben, ma sono innumerevoli gli studiosi che ne condividono la posizione teorica. Nella lettera si afferma che la filosofia non può mettere in discussione i dati scientifici, ma può, aggiungo, contestualizzarli e problematizzarli evidenziando l’implicito presente nell’uso dei dati scientifici. La scienza è astratta, mentre la filosofia è concreta, riporta il dato all’interno della sua emersione genealogica. Il dato scientifico in sé non esiste, ma è il prodotto di un’istituzione in cui operano uomini e donne, per cui il dato è già “pieno di teoria”. L’emergenza sanitaria è paragonata all’epidemia di colera del 1973, paragone problematico, perché non risulta che in quella data fosse stato messo in atto un provvedimento simile alla tessera verde. Usare l’italiano, anziché l’inglese globale è già prassi critica. La chiarezza della traduzione può fornirci elementi per comprendere l’uso che si potrebbe fare di esso in futuro. La crisi pandemica attuale ha comportato l’uso della tessera verde per andare a lavoro, la si può ottenere con il tampone e il vaccino. Gli stipendi medi sono bassi, molti sono vicini alla povertà: in Italia si può lavorare ed essere poveri, per cui molti sono “liberi” solo di vaccinarsi. Se un lavoratore non può  o non vuole la tessera verde è sospeso dal lavoro, il risultato è che la sua sopravvivenza biologica è minacciata: non può cibarsi, non può pagare casa, non può pagarsi le medicine. I firmatari applaudono al provvedimento, ma non considerano gli effetti e le conseguenze. Nessun cenno ai tagli della sanità che certo hanno favorito la gestione crispina dell’emergenza. Gli uomini della provvidenza attuale sono gli stessi che hanno contribuito a contrarre il servizio sanitario e a sospendere i diritti civili con lo stato di emergenza. La terapia domiciliare è stata nei fatti ignorata per prediligere il vaccino. Quest’ultimo non è definito “sperimentale”, si ricorda che il vaccino, o meglio il siero, ha un’autorizzazione, ma è ancora sperimentale, solo dal 2023 si otterrà la certificazione di vaccino approvato. Si ricorda che Jonas con l’euristica della paura ci ha insegnato che è preferibile non mettere in atto misure le cui conseguenze sono imprevedibili e irreversibili. Non è un caso che i vaccinati sottoscrivono di assumersi ogni responsabilità sui rischi. I casi avversi, inoltre, devono essere segnalati da coloro che sono incappati  nel problema, per cui molti non sono segnalati. Si immagini una persona alla prese con un problema di salute e che deve presentare online i documenti. Non secondario è il clima di “ridimensionamento” di questi casi, molti non trovano ascolto presso i medici. I firmatari da intellettuali e filosofi sanno che l’asse portante della nostra Costituzione è il rispetto per la dignità della persona. Non sono un filosofo, né un intellettuale, ma mi chiedo: il ricatto per spingere le persone a vaccinarsi attuato con la tessera verde, è rispettoso della dignità della persona? Non si poteva informare, lasciare libertà di scelta, e nel contempo sostenere opzioni alternative come i tamponi gratis nei luoghi di lavoro e investimenti nelle cure e negli ospedali pubblici. Si effettua una comparazione tra la patente di guida e un vaccino sperimentale: la patente è indispensabile per evitare “incidenti il più possibile”, il vaccino idem, ma paragonare un  siero sperimentale con la patente sembra una forzatura. La patente, inoltre, la si acquisisce liberamente, il siero sperimentale nei fatti è obbligatorio. Si sciorinano numeri sulle adesioni, ma manca il “perché” dei numeri. Si occulta un dato rilevante che anche i vaccinati possono contagiare, sicuramente il vaccino attenua in molti casi la patologia, ma un medico vaccinato presente in corsia non è una garanzia, si suppone possa contagiare quanto  un non vaccinato. Non vi è nessun paragone con la gestione della pandemia con altre nazioni europee. Europeisti sempre pronti all’uso della lingua inglese, dovremmo allargare gli orizzonti patri per decodificare “la nostra gestione” comparandola alle altre. Il pensiero plurale insegna che dato un problema i modelli per poterlo risolvere sono al plurale. La libertà di parola e di scrittura è sempre utile per capire e riflettere, e mettere a dura prova le posizioni personali, pertanto è sempre un “bene” esprimersi, la democrazia ci accomuna nella libertà, malgrado le divergenze. Il dispotismo fascista, stalinista e capitalista (capitalismo assoluto) è sempre un male, la libertà insegna a riconoscere il male e a praticare il bene altrimenti è solo privilegio e violenza.

A CHE PUNTO SIAMO? LE RIFLESSIONI DI GIORGIO AGAMBEN SULLA PANDEMIA: UN  OTTIMO AIUTO PER COMPRENDERE UN PRESENTE PIENO DI OMBRE

Fonte foto: da Google

2 commenti per “Non solo Agamben

  1. stefano
    24 ottobre 2021 at 15:43

    Sulla questione credo sia utile, tra le tante possibilità, consultare due link: http://www.leparoleelecose.it/?p=42600 e https://comedonchisciotte.org/se-questa-e-filosofia/
    Concordo in linea generale con l’autore e direi che,secondo me, questo paragone con la patente, presentato al punto 3 dai nostri filosofi, tra i quali alcune firme davvero importanti come De Caro e De Monticelli, è la buccia di banana su cui scivolano parecchi intellettuali ossequiosi. Il mancato possesso della patente non ha alcuna conseguenza inibitoria. Certo, il suo mancato possesso impedisce di guidare un autoveicolo a motore per percorrere spazi e, volendo, risparmiare tempo. Lascerei da parte gli incidenti il cui numero non credo sia influenzato dal possesso o meno della patente stessa. Ma, detto questo, il mancato possesso della patente non impedisce alcunché! Se voglio andare al cinema, a teatro, a una manifestazione qualsiasi, a trovare sani e malati ecc. uso i mezzi pubblici. Se, in quanto genitore, voglio partecipare a un consiglio di classe di un/a mio/a figlio/a, uso i mezzi pubblici e ci vado. E potrei continuare all’infinito. E’ questo il senso della carta verde? Certo che no! Il suo senso, prima ancora che, ammesso che lo sia, sanitario, è sociale: se non hai il green pass non vai al cinema, non vai a una manifestazione culturale/politica, non vai al consiglio di classe di tuo/a figlio/a, non vai a lavorare e, quindi, non percepisci il salario. Che un sofisma del genere (patente = green pass) sia sostenuto da un esimio studioso del libero arbitrio come il prof. Mario De Caro è veramente desolante.

  2. Giulio Bonali
    24 ottobre 2021 at 19:48

    Non contesto la contestazione del lasciapassare verde come obbligo vaccinale sutrettizio, vigliacco e iniquo da parte del governo (se dipendesse da me lo imporrei a chi svolge professioni potenzialmente a contatto diretto con soggetti anziani e cosiddetti “fragli” esplicitamente e prendendomene senza alcun problema la responsabilità, dal momento che la reputo in tutta tranquillità una scelta giusta, che correttamente affronta nel modo migliore umanamente stimabile tanto i rischi della pandemia reale quanto quelli dei vaccini in avanzata ma non conclusa fase di sperimentazione e ciononostante giustamete approvati -e ovviamente non imposti per obbigo a nessuno- dalle autorità competenti di fronte all’ emergenza).
    Men che meno contesto la contestazioone della progressiva e apparentemente interminabile vandalica distruzione della sanità pubblica (e del resto dello stato sociale) da parte dei governi occidentali a partire circa (e secondo me non a caso!) dalla caduta del muro di Berlino.

    Ma, presuntuosamente ritenendomi un filosofo, rilevo che:

    la filosofia può e deve (per sua natura) sottoporre a conseguente, “spietata” critica razionale tutto, compresi dati (empirici; “di partenza” e di “arrivo”) scientifici e pure ipotesi e conclusioni teoriche scientifiche, cercare di individuarne attendibilità, criteri e condizioni di verità, senso e limiti nei quali possono e/o devono essere considerati veri;

    la scienza é conoscenza generale astratta del divenire naturale materiale (cioé consocenza delle sue modalità generali, universali e costanti, astraibili da parte del pensiero teorizzante dai paritolari concreti); ma cionondimeno su osservazioni empiriche concrete si deve fondare in qualità di conferme (a determinate condizioni da studiare criticamente) o falsificazioni della verità e oggettività delle sue teorie;

    la conoscenza del dato scientifico (empirico) é, ovviamente teoria in toto (non solo “pieno di teoria”); ma invece il dato scientifico (empirico) stesso é realtà oggettiva (anche se solo alla condizione che siano vere talune premesse indimostrabili essere vere né essere false: Hume! Tuttavia tali che chiunque sia comunemente considerato sano di mente per lo meno si comporta come se vi credesse); é realtà oggettiva anche se la conspevolezza della fallibilità umana deve sempre tenere aperto il dubbio metodico cartesiano sull’ esattezza, il “grado di verità” (mai intergale, perfetto, sempre inevitabilmete “condito” da qualche falsità e imperfezione tendenzialmete da cercare di superare) e spesso sull’ attendibilità e fondatezza delle teorie scientifiche che ne sono conoscenza (non integrale e perfetta); per “spesso” intendendo allorché non é possibile elaborarle in termini precisi, “apodittici”, ragionevolmente certi ma solo ragionevolmente statistici-probabilistici).

    Invece superstizioni e irrazionalismo sono convinzioni circa la realtà del tutto soggettive e non razionalmente fondate, che solo per “puro culo” potrebbero eventualmente azzeccarci Paragonarle alla scienza sarebbe come paragonare il vincere una certa cifra a una lotteria al guadagnaròa in seguito allo svolgimento di un determinato lavoro secondo quanto stabiito da un regolare contratto.
    C’ é una bella differenza a mio parere!

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