Che rotta ha preso il banco?

Sulle c.d. sardine mi sono limitato finora a qualche battutaccia sarcastica, dal momento che quanto credevo di poter dire era giá stato scritto da altri, ma la comparsa su Il Fatto Quotidiano di martedí 17 di un articolo illuminante a firma di Barbara Spinelli (titolo: “Che cosa non va in quei 6 punti”) mi induce ad approfondire la riflessione su un tema che, per quanto poco appassionante, potrebbe richiedere un approccio piú serio di quello iniziale.
L’ex europarlamentare della defunta Lista Tsipras mostra di non sottovalutare (come molti hanno fatto, me compreso) l’apparentemente vacuo “esalogo” di piazza san Giovanni, traendo al contrario dall’attenta lettura del testo delle conclusioni che, pur abbozzate e non definitive, inquietano alquanto. L’accento é calcato sul punto 5, che cosí recita: “La violenza venga esclusa dai toni della politica in ogni sua forma. La violenza verbale venga equiparata a quella fisica”. 
Il generico auspicio buonista contenuto nella prima proposizione puó suscitare un sorrisetto di sufficienza e invogliare a cestinare il documento, ma il seguito é assai meno banale: in cauda venenum, potremmo chiosare, ed é un veleno insidioso perché mischiato alla melassa. La Spinelli, battutasi senza esito ma meritoriamente a Bruxelles per la depenalizzazione del reato di diffamazione, cautamente ci suggerisce che dietro un’invocazione “gandhiana” potrebbe celarsi un intento censorio, o perlomeno che un accoglimento della bizzarra proposta determinerebbe una restrizione della libertà di parola. Seguo il ragionamento e a mia volta mi domando: lo svarione rilevato é addebitabile a tenera ingenuità o a malafede, cioé ad una ben precisa visione del mondo? In questa vicenda pol-ittica abbastanza insulsa (tanto essa é ricca di slogan quanto povera di fatti che non siano reclamizzati “eventi”) dubbi e ambiguità la fanno da padroni: impossibile dire se il successo della prima “nuotata” bolognese sia stato un inatteso regalo delle circostanze oppure il frutto di una strategia concepita a tavolino – e comunque a rischio zero: alla peggio i nostri baldi giovani sarebbero rimasti invisibili ai margini della marea salviniana. Qualche utile indizio, tuttavia, le sardine-pilota (che non solo cronologicamente precedono il banco) l’hanno disseminato lungo la fin qui fortunatissima rotta. Che degli scanzonati trentenni armati di tazebao a forma di pesce suscitino simpatia non mi sconvolge, ma che questo sentimento si tramuti al volo in un’entusiastica isteria capace di contagiare la generalità dei media (usualmente cinici) sembra a chi scrive piuttosto singolare, per non dire sospetto – specie se si tiene a mente che a venir propagandato é qualcosa che rassomiglia ad un prepolitico “bon ton”. Riscoperta del naif? Di solito i nostri commentatori fanno gli schizzinosi nei confronti di fenomeni nati per strada, ma siamo poi così certi della ruspante genuinità degli attuali protagonisti? Il rifiuto di affrontare temi quali l’Ilva e il MES (questioni da lasciare agli “esperti”) per focalizzarsi su problematiche “non divisive” o di scarso rilievo puó non essere una prova di immaturità, ma il suo esatto contrario: un attestato di destrezza politica. Malgrado lo sguardo un po’ da pesce lesso, d’altronde in coerenza col brand, il pilota Santori non pare affatto uno sprovveduto: avete notato quale naturalezza dimostra (un giorno sí e l’altro pure) davanti alle telecamere? Niente male per uno venuto su – televisivamente parlando – dal nulla: non si impappina, non tradisce emozioni, rintuzza con un sorrisino i pochi attacchi. Bravo, forse troppo. Quanto all’impressione che non dica niente, l’errore é nostro, di prospettiva: semplicemente non dice niente di sinistra, e solo per questo ci pare muto. All’occorrenza sa alzare i toni (contro chi si azzarda a proporre dall’interno contenuti “divisivi”), e soprattutto i silenzi su MES, Ilva, autonomia differenziata sono eloquentissimi – non meno del presunto infortunio evidenziato dalla Spinelli. Tendiamo gli orecchi: il giovanotto ci sta bonariamente ammonendo che l’economia – cioé l’odierna declinazione della politica – é roba da tecnici (magari, perché no?, neoliberisti), perció dobbiamo ritirarci dal campo in buon ordine senza intrometterci. Egli ci esorta serafico a occuparci delle forme (garbate, mi raccomando) e a tralasciare la sostanza delle nostre vite: non essendo noi abbastanza competenti per prendere decisioni rilevanti dobbiamo avere la decenza e l’umiltà di subirle senza troppe proteste. Ho immaginato dapprincipio che le sardine fossero l’alter ego buonista di Salvini: come lui nuotano nelle piazze (lui le incendia, loro le annacquano), come lui riempiono di sonorità il vuoto di idee. Ora scorgo qualche differenza che prima non notavo: i pesci pilota sono assai piú allineati di Matteo II, perché del sistema occidentale essi non mettono in discussione proprio nulla, manco gli aspetti piú odiosi – lo accettano tout court come “il migliore dei mondi possibili”.
Guai insomma a chi gli rivolge critiche: il disallineamento va punito al pari della violenza fisica (art. 5?). Forse é questo il segreto del successo altrimenti inesplicabile delle sardine: il loro messaggio ci esorta a sottometterci con rassegnata dolcezza. Le migliaia e migliaia di persone che in perfetta buona fede e animate da ideali autentici pinneggiano al seguito dell’avanguardia stanno andando nella direzione sbagliata.
Sapranno invertirla? Mi concedo, sotto Natale, il lusso del pessimismo.
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