Sinistra e globalizzazione

La fase storica in cui ci è capitato di esistere permette qualsiasi estremismo. Nei nostri tempi, essendo venuta meno la forza di una parola capace di produrre verità, qualsiasi parola sembra poter racchiudere “la” verità. Capita lo stesso con la distinzione classica destra/sinistra. Ci sono coloro che la considerano esausta, mentre altri la ritengono ancora viva sebbene tradita da alcuni personaggi di basso profilo. Altri ancora, sono convinti che proprio quei personaggi di basso profilo incarnino nella maniera migliore la vera sinistra oggi. Ciascun esponente di queste posizioni è convinto di essere nel giusto e di avere l’evidenza storica dalla sua parte. Pochi pensano sia necessario uno sforzo ulteriore che consenta di toccare con mano i veri problemi della sinistra del nostro tempo. Sia agli uni, sia agli altri è necessario ricordare, pertanto, che la distinzione destra/sinistra – nata non a caso in territorio illuministico e poi irrobustita e definitivamente consolidata dall’hegelo-marxismo – abbia trovato nella fine del mito del progresso (filosofia della storia progressiva, volta verso l’emancipazione) una vera e propria pietra tombale. La sinistra così come l’abbiamo conosciuta nel corso dell’Ottocento, e poi soprattutto nel Novecento, si è irrimediabilmente estinta insieme alla convinzione che il capitalismo nutrisse in sé una serie di contraddizioni tale da poter, attraverso una giusta coscienza di queste dinamiche, traghettare l’umanità occidentale verso “il sole dell’avvenire” socialista. È del tutto evidente che il capitalismo ha saputo ben superare le proprie contraddizioni – il capitale, anzi, ha fatto di quelle addirittura il motore di un dinamismo più esteso e più forte. Non ci sono allora più possibilità per la sinistra? Neppure questo è corretto. In realtà, oggi come sempre, la storia è in trasformazione ed è del tutto fatuo immaginare che le istanze classiche della sinistra (la difesa dei diritti dei più deboli, il pacifismo, il rispetto della terra in quanto ecosistema, la marcia verso una libertà comune più ampia) siano scomparse per sempre dalla storia. Occorre però essere convinti che, nel tempo della tecno-finanza, nel tempo cioè in cui le soggettività sono formate (già sul piano scolastico) dai dispositivi di potere del capitale (così come avveniva in embrione già nei grandi sistemi totalitari) non è più possibile pensare ad una strutturazione spontanea della destra e della sinistra in una polarizzazione automatica. Neppure è più immaginabile, visto l’irrefrenabile sviluppo planetario della tecno-globalizzazione capace di ergersi oggi come città globale elettronica (Ecity), pensare alla ricostruzione di una sensibilità di sinistra all’interno degli Stati nazionali, oggi posti inesorabilmente l’un contro l’altro armati dalla prassi capitalistica dominante. Se si vuole inaugurare una nuova sinistra oggi, occorre anzitutto recuperare il concetto di storia orientata. Per farlo, però, non si può più supporre che il capitale possegga in sé una dialettica capace di deragliare, sboccando nel grande mare del socialismo. Occorre pensare, al contrario, che le speranze di recupero della sinistra sono strettamente legate al recupero di soggettivazioni diverse ed alternative a quelle prodotte ogni giorno dal capitale. È necessario, inoltre, riprendere l’idea d’una storia collettiva non frammentata (né sul piano nazionale, né internazionale) ed estenderla a livello globale. Ora come non mai ciò che è necessario alla sinistra è – appunto – l’internazionalismo. Ora come non mai, necessitiamo d’una visione totalmente diversa e nuova della globalizzazione.

Foto: Inchiestaonline (da Google)

2 commenti per “Sinistra e globalizzazione

  1. armando
    25 agosto 2018 at 22:15

    La sinistra , con rarissime eccezioni (una era quella di Bordiga, nonostante molte cose che non mi concorde) è sempre stata contaminata dal mito del progresso, sulla base dei suoi stessi autori di riferimento. Marx stesso, nelle sue opere principali, può essere definito come accelerazionista, nel senso che credeva che il capitalismo dovesse sviluppare tutte le sue potenzialità come premessa strutturale del comunismo. Lo stesso slogan di Lenin, il socialismo come “elettrificazione + soviet” ne è un chiaro esempio. Tuttavia Marx, negli ultimi anni di vita, ebbe un ripensamento ipotizzando che il comunismo potesse nascere in Russia sulla base della proprietà e delle strutture comunitarie delle obscine, le antiche comuni rurali russe, senza, sono parole sue, “passare dalle forche caudine del capitalismo”. Di questo Marx la sx non ha mai tenuto conto, e se da una parte ha finito per accettare in toto non solo il modo di organizzare l’economia ma l’intera struttura di pensiero, antropologica e culturale, del capitale, dall’altra , come ha fatto l’ex operaista Toni Negri, si è spinta ad essere fautrice dell’impero americano come ptrcondizionr x la presa del potere da parte delle moltitudini, nel momento in cui x lui tutto il compito di socializzare la produzione ed unificare il mondo lo avrebbe già compiuto il capitale. Alle moltitudini non rimarrebbe che prendersi il potere. In ciò Negri è coerente con la parola d’ordine dell’operaismo anni.sessanta”lo sviluppo al capitale, il potere agli operai” Tuttavia il padre dell’operaismo, Tronti, ha riconosciuto con franchezza che seguire il capitalismo sulla strada della modernità si è rivelato un errore del movimento operaio, nei fatti subordinandolo al capitale. Se è così, come credo, tutte le questioni devono essere riconsiderate, internazionalismo compreso, che oggi mi pare quello del capitale piuttosto che del proletariato, il quale sbaglierebbe di nuovo illudendosi che il.”lavoro sporco” sia il capitale a svolgerlo. insomma, di lotta di classe internazionalista non si vede l’ombra, mentre le contraddizioni sembrano focalizzarsi sul contrasto geopolitico fra grandi aree geografiche. In certo senso si pone di nuovo la questione su cui si interrogava Marx, ossia sul fatto che il comunismo sarebbe dovuto necessariamente nascere nelle aree più sviluppate, come la Germania e l’occidente in genere. Marx, come ho detto, ne fu convinto a lungo, salvo poi rivalutare quelle antiche strutture comunitarie precapitalistiche. Io credo che debba essere abbandonata ogni illusione modernista d progressista dello stesso marxismo e iniziare a pensare che il capitalismo non prepara assolutamente il comunismo. La sx dovrebbe in certo senso diventare di destra, non quella liberista ovviamente, ma quella che difendeva valori e modi di essere precapitalisti e comunitari, come aveva intuito Pier Paolo Pasolini.

  2. Donato Salvia
    26 agosto 2018 at 19:41

    Penso che a sinistra e a destra si sia smesso di pensare in termini di correttezza. Ci sono cose che sono giuste e cose che sono sbagliate a causa di ciò che producono su un lungo periodo di tempo. Mi sembra che ora sia sempre scorretto quello che il proprio avversario fa, indipendentemente dall’analisi. Oggi, se Peppone dice che va bene Don Camillo non approva e viceversa. Ne abbiamo visti di film e ci siamo divertiti, ma li amavamo perché i due personaggi non dimenticavano la correttezza, l’amicizia e il rispetto anche dell’avversario.

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