Hanno colonizzato il nostro subconscio

Foto: www.lundici.it

Ho ancora nella memoria le locandine delle monosale cinematografiche della mia città, che annunciavano la chiusura estiva nei mesi caldi estivi.

Il cinema ambulante dell’associazione cinematografica “FuoriCircuito” ha ripreso questa buona e sana abitudine e ha terminato le sue proiezioni presso la sala della Cooperativa “Antonia Labriola” (“marxista rigoroso”secondo il maestro rivoluzionario Lenin). Il percorso cinematografico del ciclo antimperialista “Yankee Go Home” (vedi allegato) ha compiuto tutto il suo viaggio (scusandomi per l’imperdonabile ritardo della scrittura del suo ”diario di bordo”) terminando nell’Uruguay del 1970 con il film “L’amerikano” (1973) di Costa-Gavras con la storia vera, sceneggiata in maniera straordinaria da Franco Solinas dell’agente della CIA Anthony Mitrione (nel film Philip M. Santore interpretato da Yves Montand, che “sta accanto al personaggio per tutto il film” (il piddino ”Nanni Moretti docet”), che fu sequestrato dai Tupamaros per chiedere in cambio la liberazione dei loro compagni prigionieri politici.  Il film era stato girato nelle terre cilene allora socialiste di Salvador Allende.

Il Cile è presente anche in questi giorni sugli schermi cinematografici italiani  con l’imperdibile documentario di Patricio Guzman “La memoria dell’acqua” che accomuna  i crimini compiuti dai colonizzatori contro i popoli nativi del Cile del Sud (a partire dall’anno 1883) con quella dei ”desaparecidos” sotto il regime fascista di Pinoche con i famigerati “voli della morte” in cui i cadaveri, appesantiti da traversine dei binari venivano gettati nelle acque dell’Oceano Pacifico.

Solo venti nativi del Cile del Sud, erano più di ottomila, sono sopravvissuti alla “cosiddetta civiltà”.. portata dai colonizzatori occupanti.

Le navi della marina cilena, impediscono oggi  ai nativi di navigare nelle acque dell’oceano con le loro canoe. Divieto – affermano –  per motivi di sicurezza, “non ricordando” che nel passato i nativi avevano doppiato il punto più difficile della storia della navigazione: il famigerato Capo *Horn. Acque negate dal Cile ai giorni nostri anche alla Bolivia, di avere una uscita sovrana sulle acque dell’Oceano Pacifico, dopo che il Cile strappò nel 1879 alla Bolivia nella ” Guerra del Pacifico”  400 chilometri di litorale (notizia segnalatomi dal ricercatore storico Aldo Calcidese).

Per tornare al Cile, riusciranno i venti nativi sopravvissuti a non far morire la propria lingua? Lingua che non comprendeva nel loro vocabolario nè la parola Dio nè quella di Polizia.

I crimini del colonialismo, quelli di  bandiera francese, nella nostra rassegna sono stati documentati dal film “CampoThiaroye” (1987) del regista comunista senegalese, padre della cinematografia africana, Ousmane Sembene.

Il film racconta la storia vera del massacro di “tirailleurs sènègalais” (così erano chiamati i soldati di fanteria africana), fucilieri di varie nazioni dell’Africa Occidentale (il rapporto che venne spedito a Parigi parlò di 35 morti, invece le fonti senegalesi denunciarono centinaia di dispersi), che dopo aver combattuto nella II guerra mondiale a fianco dell’esercito francese, furono rimpatriati a Dakar in Senegal nel campo di transito di Thiaroye.

Quale fu il motivo perché nelle prime ore dell’alba del 1 dicembre 1944 i ”tirailleurs senegalais” furono trucidati? Avevano solo rivendicato il loro salario che era stato pattuito. I colonizzatori francesi invece volevano solo darne al massimo la metà.

Atteggiamento che portera’ all’ammutinamento dei fanti africani, che presero in ostaggio un generale francese, che verrà liberato su accettazione  incondizionata  della “parola” dello stesso generale. L’unico soldato che capì quale sarebbe stata poi la risposta dello Stato Maggiore dell’Esercito Francese, nel film risulta il soldato Pays, reso muto dalla prigionia in un lager nazista.

*Ricorda i 400 armistizi mai rispettati  dai colonizzatori yankee e dai loro “soldati blu” firmati con i “veri americani” gli indiani d’America o le risoluzioni del “Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite” mai rispettate  dallo stato imperialista di Israele (a parte la risoluzione che definiva la nascita del suo stato…).

*Durante la prima proiezione a Dakar  del film “Camp Thiaroye” l’ambasciatore francese lasciò la sala cinematografica.

Segnalerei anche il commento del regista Ousmane Sembene : ” Noi, non abbiamo realizzato questa opera per spirito di vendetta, bensì per la storia di tutti i popoli del mondo. E’ una testimonianza del nostro passato nella storia”.

*Il nostro viaggio cinematografico era tornato sul suolo cileno con il film “Actas de Marusia- Storia di un massacro” (1976) del regista cileno Miguel Littin, con la presenza dell’attore militante Gian Maria Volontè e con le musiche di Mikis Theodorakis.

Il film fu girato in Messico, dove il regista si era rifugiato dopo il colpo di stato di Pinochet.

*Il film rievoca la ribellione dei minatori cileni avvenuta nell’anno 1907 nel villaggio cileno di Marusia, ricco di miniere di salnitro che erano controllate dalle compagnie inglesi. La lotta operaia fu soffocata nel sangue.

*Non potevamo non inserire la cinematografia sovietica in questo ciclo antimperialista, non dimenticando quanto sosteneva Lenin che ”il cinema e’ un fatto culturale-educativo” (1907) e abbiamo commemorato in anticipo l’arrivo del suo centenario la ”Rivoluzione d’Ottobre” con il film ”La Grande Aurora” (1938) di Michail Ciaureli, incentrato proprio su quei giorni che cambiarono il corso della storia.

Il film “Arcobaleno” di Mark Donskoij, che lo girò nel 1944, ancora sotto occupazione nazista ad Aschabad, capitale del Turkmenistan, in cui si racconta il martirio di un villaggio ucraino occupato dagli sgherri hitleriani. E’ stata grazie ad una segnalazione di un operaio della Pirelli al mio ”maestro politico e di vita” Franco Beldì che sono arrivato a conoscere questo straordinario film. Il regista Donskoij disse : ” Come soldato dell’arte ho voluto realizzare dei film sulla forza, sulla bellezza e sull’intelligenza degli uomini e delle donne sovietiche in lotta con il nazismo”.

*Concludo questa breve panoramica della rassegna, anche per ricordare la sua recente perdita, passata sotto silenzio, del regista Giuseppe Ferrara.

Il suo film “Il sasso in bocca” (1969) racconta con una gran lavoro di ricostruzioni storiche, vedi un boss mafioso che coordinava i piani per l’assassinio di Enrico Mattei dalla Tunisia, i legami della mafia italoamericana col potere economico e politico.  In quella serata i commenti degli spettatori furono che anche ai giorni nostri non è cambiato nulla. Uno dei presenti commentò il film con la recente dichiarazione di Ferdinando Imposimato, ”Presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione”, in cui raccontava che l’esplosivo usato per assassinare i giudici Falcone e Borsellino e le loro scorte, proveniva da basi NATO e USA.

Il nostro intento anche con questo viaggio cinematografico, è stato quello di cercare di sfuggire all’appiattimento socio-culturale dei giorni nostri e con i nostri modesti mezzi di cercare di contrastare la massificazione e il consenso degli “IMPERI DELL’INDUSTRIA DI COMUNICAZIONE DI MASSA” (sempre IMPERIALISMO si tratta), in un momento, che dura purtroppo da troppi anni, dove lo strapotere yankee occupa quasi tutti gli spazi massmediali possibili (dal dominio incontrastato del cinema hollywoodiano con i suoi film ”oppio” per il popolo, alle serie televisive ”imperialiste”, al monopolio dell’informazione e della sua opera di falsificazione).

Abbiamo proposto queste opere, che oggi difficilmente vengono riproposte al pubblico, perchè abbiamo creduto che sia la forma più viva, più completa e ancora più viva di cinematografo.

*Vado ai doverosi ringraziamenti, ai componenti del direttivo di ”FuoriCircuito” Gabriella Grasso e Matteo Giordano, a Federica Caracciolo del direttivo Cooperativa Labriola e al suo compagno Roberto Bertelè che rapido come una saetta ha fatto in modo di non farci saltare una proiezione, a Frank ”Fotocopia” Boni per i suoi preziosi suggerimenti, e a tutti gli spettatori che sono intervenuti, ma anche a quelli ”silenti” che con il loro sostegno ci hanno permesso di resistere.

*Esistono numerose ricerche che l’acqua ha una memoria, una capacità di mantenere un ricordo delle sostanze con cui è venuto in contatto. Il cinematografo ambulante “FuoriCircuito” si augura di avere avuto la stessa capacita’ per la memoria degli spettatori.

La nostra locandina di ”Chiusura Estiva” fra poco sara’ sostituita con quella di ”ripresa proiezioni”, come purtroppo non accadde in molte monosale cinematografiche dove la  ”chiusura estiva”  si tramuto’ molto spesso in ”chiusura di fine attivita”’.

La navigazione riprendera’ verso altri mari ed altri oceani. Mari ed oceani aperti allo spettatore; ad un spettatore che non chiude gli occhi di fronte a uno ”SCHERMO BIANCO”.

Stefano Valsecchi – Milano

 

UNA PRECISAZIONE DOVEROSA

“Il titolo e’ tratto dai dialoghi del film ”Nel Corso Del tempo – Im Lauf Der Zeit” (1975), terzo capitolo della ”trilogia della strada”, del regista tedesco Wim Wenders, dove il tecnico riparatore Bruno (King of The Road) si sposta lungo il confine tra le due Germanie degli anni ’70 per riparare proiettori delle sale cinematografiche. Wenders racconta che queste sale cinematografiche erano veramente gestite nella quasi totalita’ da donne, che poi dovettero chiudere i loro cinema per l’affermarsi delle grandi case di distribuzione cinematografiche, soprattutto a capitale yankee.

Nel film Bruno incontra  Robert (Kamikazen) che di fronte a una base USA abbandonata afferma: ”gli americani ci hanno colonizzato il subconscio” (colonizzazione ideologica yankee).

Il finale con ”lo schermo bianco” e’ un omaggio, sempre tratto dallo stesso film, alla proprietaria del cinema ”Weisse Wand”(Schermo Bianco) che aveva deciso di porre fine alle proiezioni perche’ ”il cinema e’ l’arte del vedere diceva mio padre, per questo non posso mostrare questi film che sfruttano soltanto cio’ che e’ ancora sfruttabile nella testa della gente. Non mi costringeranno a mostrare dei film da cui la gente esce indurita e abbruttita dalla stupidita’.

Film che distruggono ogni gioia di vivere e annientano ogni sentimento del mondo e di se stessi. Mio padre voleva che ci fosse ancora un cinema. Anch’io, ma cosi’ come e’ adesso e’ meglio che non esista piu’ alcun cinema, piuttosto che un cinema come quello attuale”.

4 commenti per “Hanno colonizzato il nostro subconscio

  1. rita
    22 luglio 2016 at 4:56

    questo articolo è una ventata di aria fresca, mi riporta ai tempi nei quali andavi al cinema più volte a settimana, se ti era piaciuto lo rivedevi senza dover lasciare il posto a nessuno. I cinema erano grandissimi e a volte, erano talmente pieni che restavi in piedi o ti sedevi per terra. Erano film di grandissimo impatto emotivo, realizzati da grandi registi. Non potevi non ricordare la trama, le scene, le musiche. Negli ultimi trent’anni quei registi sono stati oscurati, difficile trovare in programmazione i film di Gavras, Wenders, Visconti, Fassbinder e tanti altri. Ed è azzeccatissimo il titolo di questo articolo. Questo vale anche per la letteratura. ormai alcuni anni fa, a fronte della crisi economica di cui ancora siamo succubi, mi tornò in mente il romanzo di Erich M- Remarque, bellissimo, nel quale viene descritta e analizzata, all’interno di una bella storia, la situazione sociale e politica della della Repubblica di Weimar e della grave crisi finanziaria per deflazione ( non sarebbe male metterlo nel corso di studi di economia o divulgarlo nelle scuole, tanto viene spiegato con chiarezza). Lo cerco per un regalo e scopro che l’ultima edizione, ovviamente esaurita di Mondadori risale al 1971. L’ho trovato poi in una bancarella di libri usati. Sì, stanno colonizzando il nostro immaginario, ma più che il nostro che conserviamo memoria, sono le generazioni giovani che sono inermi di fronte alla colonizzazione dell’immaginario. Noi adulti non abbiamo più credibilità ai loro occhi, siamo inaffidabili, il sapere e la conoscenza appartengono al grande mostro GOOGLE.

  2. armsndo
    22 luglio 2016 at 13:13

    Scusa Rita, ma il libro di Remarque dovrebbe essere “niente di nuovo sul fronte occidentale”. bellissimo, ma la crisi finanziaria fu da iperinflazione, non deflazione, I prezzi raddoppiavano da un giorno all’altro in modo incontrollato. Così, solo per una precisazione nell’ambito di un articolo e del tuo commento entrambi belli.

  3. gabrella grasso
    27 luglio 2016 at 4:20

    Peccato che sia solo metà del discorso che Valsecchi avrebbe fatto se avesse avuto fiato a sufficienza. L’altra metà riguarda la questione sionista, troppo scomoda per un articolo sognante che parla di antimperialismo.

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