Doppio binario. Meglio, convergenze parallele

 

 

Pci risorto, Grecia, Sofri, Medioriente, Russia, Cuba-Usa, curdi, Libia, Blair

“Israele farà molto male ai civili libanesi, compresi i bambini delle famiglie… L’abbiamo fatto allora, l’abbiamo fatto a Gaza, lo faremo in ogni giro di ostilità in futuro”. (Moshe Yaalon, ministro della Difesa israeliano, 6/5/2015)
“Ho ammazzato molti arabi nella mia vita e la cosa non mi pone alcun problema… Farò di tutto in mio potere perché i palestinesi non abbiano mai uno Stato”. (Naftali Bennett, ministro israeliano dell’Istruzione, 30/5/2013)
“I palestinesi sono tutti nemici e il loro sangue cada sulle loro teste. E questo comprende anche le madri dei martiri, le manderemo all’inferno con fiori a baci.. Devono sparire insieme alle loro case in cui hanno allevato quei serpenti. Altrimenti vi nasceranno altri serpentelli”. (Ayelet Shaked, ministro della Giustizia israeliano, 7/7/2014)
“C’è una salvaguardia generalmente nota ai saggi e si tratta di un vantaggio e di una sicurezza per tutti, ma soprattutto per le democrazie contro i tiranni. Di cosa si tratta? Della Diffidenza”. (Demostene, 384-322 a.C)
E’ lungo, cari amici, lunghissimo, da esaurimento e sento già chi implora “troppo lungo, accorcia!” Ma a sapere quanti altri argomenti brucianti avrei voluto affrontare con voi, rabbrividireste. Unico conforto: si può leggere a puntate. Tanto prima di metà luglio non ci si sente.
Binario unico per l’UE
Chi del doppio binario se ne può fregare altamente sono i cannibali sadici della Troika, ora da Tsipras mimetizzata in Gruppo di Bruxelles. Facile, con un farlocco sicario della Cupola travestito da radicale come Tsipras, che già si era denudato davanti ai bambini con occhi puliti nominando suoi proconsoli tentacoli di Bilderberg (attualmente convenuto in Austria con i soliti sicari italiani, inclusa la fiduciaria media Gruber) come Barbara Spinelli. Qui, dopo una caterva di arretramenti rispetto alle promesse elettorali, da far invidia a Renzusconi, a puntellare colui che veniva considerato la colonna vertebrale della sinistra greca e non era che una spina di panna, a insistere a interpretare il precipitare di cedimenti come eroica resistenza del duo della bella morte greca, Tsipras e Varufakis, era rimasto solo “il manifesto”. “Quotidiano comunista” che, del resto, vede ormai il suo ruolo nell’aggrapparsi, sacrificando ogni sua residua connotazione di credibilità, a qualsiasi volatile nascita-convegno-estinzione del “Nuovo Soggetto Politico della Sinistra” . Qualsiasi cosa, pur di rosicchiare qualcosa ai 5Stelle.
Si scopron le tombe, si levano i morti
Da noi e in giro sono spesso, sempre più spesso, quelli che provengono dalla “sinistra” coloro ai quali la Cupola affida il lavoro più sporco. Avreste mai immaginato un Berlusconi fare della scuola di diritto la scuola del mercato, gestita in chiave di Stato di Polizia sotto un ducetto fiduciario di decerebratori e sfruttatori? O qualificare per legge “strategici” gli inceneritori, le trivelle, le piattaforme marine, le Grandi Opere, difese come fossero basi militari? O infliggere ai lavoratori lo spionaggio sui luoghi di lavoro? O avanzare, a forza di colpetti di Stato, verso una dittatura tecnonazista? O annullare, con l’eliminazione del Corpo Forestale dello Stato, l’ultimo presidio contro la guerra dichiarata all’ambiente? O sabotare un sindaco, farlocco, ma sgradito a corrotti e ladroni, per metterci uno che sappia distribuire ai destinatari giusti i proventi delle catastrofi sociali Giubileo e Olimpiadi? Potete immaginare i casini di piazza?
Ultimi arrivati, la lente di ingrandimento ci rivela le formichine di Civati-Sel e detriti vari. L’ennesimo infervoramento del “manifesto” per la nemesi in arrivo con la sinistra Pd ed ex-Pd, si esalta in sfrenato entusiasmo editoriale a commento di quel polveroso e sgrammaticato paginone di retrocopertina, dove anonime (e pour cause!) trombe di cartapesta annunciano l’assemblea di fondazione del “PARTITO COMUNISTA ITALIANO”. Sì, proprio di quel Partito Comunista Italiano. Quello vecchio. Quello ormai marchiato irrimediabilmente, come quasi tutti i consimili nel mondo, da sconfitte, rese, tradimenti. Del partito che loro definiscono “di Gramsci e Togliatti”, mentre storia e scienza dovrebbero semmai fargli dire di Gramsci o Togliatti. Giacchè senza Togliatti, ricostruttore dell’apparato statale fascista, e il nipotino Be-Be-Be-Berlinguer accucciato sotto l’ombrello Nato e sotto mamma DC, difficilmente ci sarebbero stati Occhetto e seguenti.


Pifferai ad Atene
Con uno Tsipras, che sta percorrendo lo stesso scivolo da rivoluzionario barricadero a palo dei rapinatori con scasso, anche se non è ancora giunto del tutto alla destinazione del suo affine italiota in sedicesimo, Adriano Sofri, si parva licet componere magnis, il treno guidato da FMI, BCE e Bruxelles ha potuto abbattersi come un maglio sulla terra di Pericle, Socrate, Prassitele, Euripide, Omero. Quella terra che per duemila anni è stata per noi l’antidoto razionale, morale ed estetico al mostruoso totalitarismo dell’irrazionalità clericale. Le tre erinni l’hanno punita gettando nell’abisso11 milioni di greci (a esclusione di qualche dozzina di compari locali, intoccabili nababbi, armatori, banchieri e speculatori vari), riducendone le pensioni, aumentando di cinque anni l’età pensionabile (il 50% dei greci sopravvive grazie a un pensionato),.massacrandoli con l’aumento dell’IVA, espropriandoli con le privatizzazioni di ogni bene comune, togliendogli casa e lavoro, impiccandoli al nodo scorsoio di quel debito con cui si tolgono dalla faccia della Terra i popoli renitenti. Il resto è sceneggiata, comprese le gite propagandistiche a S.Pietroburgo per coglionare i suoi incazzati sinistri. L’ultradestro Samaras non avrebbe potuto far meglio.
E, per inciso, chiedete a Travaglio, ottimo giornalista e pessimo distributore di incarichi redazionali alla lobby ebraica, capeggiata dal golem sionista Furio Colombo, come fa a rivestire i panni del fustigatore di corrotti e parassiti quando pubblica articoli come quello di Stefano Feltri, del “Fatto Quotidiano”, che titola un peana alla moira Mario Draghi “L’ultimo politico rimasto in tutta Europa” e lo auspica successore della copia velina Renzi. Così non deve più neanche scrivere al governo letterine che ordinano macellerie sociali. Si esprimerebbe meglio direttamente dal balcone di Palazzo Chigi.

Monnezza continua
A proposito di “Fatto Quotidiano” e dell’intellettuale di rifermento di Cia e Netaniahu, Adriano Sofri, nel brutto esordio della nuova versione del giornale, normalizzata nei toni (“meno gridati”) e segnata dalla truffa dei media di regime con la falsa obiettività che vantano “i fatti separati dalla politica” (come se i fatti non venissero interpretati, immancabilmente, in chiave politica), accanto a un’immonda pagina esteri turbo-atlantica, appare un orrendo editoriale carcerario iperforcaiolo di Travaglio. Il solitamente equilibrato giornalista tira un missile Hellfire contro l’ipotesi del ministro Orlando di includere l’ex-distruttore di Lotta Continua e successivo manutengolo mediatico di ogni restaurazione vandeana, in una commissione sul sistema carcerario. Io, nella proposta di far contribuire ex-galeotti alla discussione sul problema dell’esecuzione della pena, non ci vedo niente di scandaloso. Anzi. Ma trovo intollerabili gli schiamazzi indignati di guardie carcerarie, la cui integrità morale e legale a volte non è apparsa delle più limpide e anche lo sdegno dei congiunti del commissario Calabresi (ricordate il “malore attivo” di Pinelli giù dalla finestra?), del quale uno dirige un giornale marchionnesco, che più di regime non si può. Arriva all’apice della sua foga giustizialista, Travaglio, lamentando che “in Italia le vittime dei reati e dei loro parenti non abbiano diritto di parola”. Forse, assordato dalla quarantennale lamentazione e apoteosi delle “vittime del terrorismo di sinistra”, l’occhiuto giornalista si riferiva al silenzio di tomba con cui congiunti e amici delle centinaia di vittime dei servizi, delle squadracce fasciste e della Celere, sono stati infilati negli stessi sepolcri in cui tacciono i loro cari. Potrebbe darsi?
Di Sofri, del cui quotidiano negli annji’70 ero stato direttore, ho detto altre volte. E qui devo dare ragione a Travaglio quando evidenzia il trattamento di favore che i malipoteri hanno riservato al “personaggetto” e al suo compare Giorgio Pietrostefani. Sulla colpevolezza di Sofri & Co. non mi pronuncio, ma è un fatto che costoro sono stati ampiamente ricompensati dai loro padrini per avere prima infiltrato e poi demolito la più grande organizzazione rivoluzionaria dal dopoguerra e per poi aver trasferito la popolarità residua dei boccaloni e quella acquisita della criminalità politica organizzata, locale e atlantica, sui suoi più fetidi organi di disinformazione. Propostisi come vittime dell’ingiustizia e intellettuali organici agli editori di riferimento (Foglio, Repubblica, Panorama, intendasi Renzusconi), Sofri è sceso da 22 a 7 anni di carcere più domiciliari, grazie a un malanno, poi svaporato appena rimesso in libertà. E da allora pontifica pro domo sua, che è poi ladomo eius. Chi se ne sta zitto zitto a Parigi, invece, è il latitante Giorgio Pietrostefani. Un po’ perchè energumeno rozzo e incolto, da sempre nelle grazie di certi boiardi di Stato, un po’ perché, oltreché del verdetto per Calabresi, dovrebbe rispondere delle sue attività in Francia quale gestore della flotta aerea del bandito Mimmo Cardella (quello della comunità Saman e di Rostagno) che fungeva da tramite per i traffici di rifiuti mortali tra La Spezia e la Somalia. Ovvio che nessuno degli otto governi dal 2000, anno della sua fuga, ne abbia mai chiesto l’estradizione. Probabilmente si dovrebbe riparlare di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.

Convergenze parallele per Iran…
Il titolo di questo post, “Doppio binario”, che potrebbe anche rititolarsi “Convergenze parallele”, come interpretava a livello letterario Aldo Moro quando stava completando l’assorbimento del PCI nel sistema capitalista e predatore della DC, oppure “poliziotto buono-poliziotto cattivo”, si riferisce alla tattica della faccia sorridente affiancata a quella digrignante. Facce con cui l’imperialismo riesce a minchionare e ingabbiare morituri recalcitranti. E’ il metodo con cui i conduttori di ogni guerra, bellica o sociale, riescono a controllare fronti all’apparenza opposti e portarli al risultato strategico voluto. Si fa così: ci si propone all’interlocutore, faccia sorridente, come volenterosi di mediazioni e accordi, mentre contemporaneamente gli si scatenano addosso, faccia digrignante, le piaghe d’Egitto. Negoziati sul nucleare con l’Iran, in vista di ipotetica eliminazione delle sanzioni e accoglimento nella sedicente “comunità internazionale”, attirando al disarmo un presidente disponibile e un’opinione pubblica angheriata e speranzosa, e al tempo stesso lanciando contro il loro retroterra di sostegno e alleanze, Siria, Iraq, Yemen, Libano, un uragano di distruzione e morte, tanto da lasciare l’Iran esposto e isolato.
…Russia
Si ammicca a Mosca con accordi di tregua in Ucraina e all’opinione pubblica mondiale con proclami di innocenza e pace di fronte all’orso sbranatore impersonato dallo “zar” Putin. E intanto si installano nazisti belluini, basi e armamenti d’attacco, tutt’intorno ai confini di una Russia che non ha neanche uno straccio di base militare fuori dal paese, si trascinano i partner naturali europei a picconarsi le gonadi aderendo alle sanzioni e infliggendosi salassi di sangue con spese militari sottratte a bisogni e diritti.
… Iraq, Siria, Yemen
All’Iraq frantumato e masticato si mostra la faccia sorridente di una “coalizione internazionale” che gli addestra le forze armate e gli offre la solidarietà delle bombe sull’Isis , mentre la faccia digrignante azzanna la resistenza nazionale di esercito e milizie scite-sunnite rifornendo di mezzi, fondi e armi il presunto nemico comune. Israele, campionissimo di doppiogiochismo, si gloria di essere il bastione della democrazia nel Medioriente infestato da fanatismi islamici e, poi, a questi spiana la strada bombardando i siriani, accogliendo, curando e istruendo jihadisti di ogni denominazione (vedi i bravi drusi che hanno eliminato due tagliagole Al Qaida-Isis ospitati nell’ambulanza israeliana) e contribuendo al loro sostentamento insieme ai fiduciari democratici e laici dell’Occidente nel Golfo.
L’ONU promuove negoziati di tregua e mediazione tra movimento Huti di liberazione dello Yemen e subimperialisti sauditi in procinto di polverizzare, insieme al suo popolo, il miracolo della salvaguardia storica di un’antica civiltà, procedendo anche qui in coppia con Israele che fornisce piloti e bombe al neutrone. Ma poi l’ONU infligge l’embargo delle armi ai soli difensori del loro paese e assiste benevola al blocco genocida, aereo e navale, che sta lasciando donne, bambini, yemeniti tutti, senza cibo, acqua, medicinali, alla mercè della solita banda di terroristi mercenari Al Qaida-Isis. Va detto, con soddisfazione, che non tutte le ciambelle cucinate dal Mulino Bianco USraeliano riescono col buco. Un’intera provincia dell’Arabia Saudita al confine meridionale, Najran, si è dichiarata secessa dal paese di proprietà dei Saud e a fianco della lotta yemenita; le forze di Ansarullah, ormai padrone di quasi tutto il paese, a dispetto delle ininterrotte stragi missilistiche di vite e ricchezze, hanno portato l’offensiva fin dentro la pancia dell’orco aggressore, colpendo la base dell’aeronautica saudita Amir Khalid e uccidendo 20 istruttori israeliani e 63 militari di Riad.

… migranti
I piagnoni sulle sorti dei migranti inchiodati dalla civile Europa su scogli e nei lager – tra i quali ora aumenteranno anche quelli yemeniti – come affannosamente occultano l’abbagliante evidenza delle responsabilità occidentali all’origine della decimazione e fuga di questi milioni di loro vittime, così tacciono sul genocidio arabo esteso ora anche allo Yemen. Un’ipocrisia e un doppiopesismo da far schifo. E qui lasciatemi dare una menzione d’onore a Di Stefano, Del Grosso, Di Battista, Grande, Scaglius, Sibilia, Spadoni, parlamentari 5Stelle, unici ad aver sollecitato il ministro degli Affari Esteri, peraltro una pietosa figura di ominicchio con pugnale di latta tra i denti, a rispondere sulla mattanza delle città e dei villaggi yemeniti condotta dai sauditi, con associati altri regimi sudditi degli Usa. L’interrogazione denuncia le armi per la bisogna fornite dall’Occidente, la latitanza complice dell’ONU, la catastrofe umanitaria dei profughi e dei rimasti strangolati dal blocco, la complicità di Israele con le sue armi di distruzione di massa radioattive, la sciagurata “comprensione verso l’Arabia Saudita la cui aggressione avrebbe caratteristiche limitate e difensive”. Che ora salti fuori il solito farlocco che ciancia di Cinque Stelle “fasciste, infeudate alla Cia e a Goldman Sachs”.

…Cuba.
Ma, oggi come oggi, alla manifestazione più esemplare e perfida della fenomenologia del doppio binario, si assiste in America Latina-Caraibi. Qui tutto il mondo è abbacinato dalla luce imperiale che si è accesa su Cuba, dopo le luminarie e i turiboli disseminativi dalla successione di papi voraci di scuole e ospedali, “libera stampa”, ruolo della Chiesa nella vita pubblica e di tutto quanto possa tagliare mani e piedi al socialismo e alla sovranità. Con la solita sospetta unanimità tra pecore e lupi, si celebra l’impresa di Raul Castro e dei suoi generali nell’aver aperto agli Usa, ristabilito fattive e remunerative(per chi?) relazioni, aperto agli investimenti delle multinazionali agroindustriali, minerarie e cementizie, in un paese già al 50% privatizzato. E si individua la catarsi di un’economia disastrata nell’alluvione di milioni di trogloditi turistici americani dollaruti, famelici di Coca Cola, cibo spazzatura, case da gioco e facili costumi.
Sul binario accanto, sulla convergenza parallela si muove la macchina di guerra militare, economica e sociale degli Stati Uniti contro il resto dell’America Latina. Hanno ammazzato il Messico con il trattato Nafta (vedi TTIP), il narcotraffico e la militarizzazione sotto comando Usa e con l’associazione tipo Nato, tolti di mezzo i governanti sgraditi con i colpi di Stato in Honduras e Paraguay, ridotti a un “free for all” delle multinazionali, tentato di strozzare l’Argentina riottosa con l’avventarsi dei creditori avvoltoi, fatto della Colombia narcoproduttrice ed esportatrice una servitù militare e piattaforma d’attacco, tentato colpi di Stato e rivoluzioni colorate contro Morales in Bolivia e Correa in Ecuador, addomesticato la Bachelet in Cile, confermata la presa di un Perù devastato dalle multinazionali minerarie e, soprattutto, lanciato un attacco multifronte al nemico numero 1, il Venezuela, con 18 mesi di terrorismo fascista, 1.200 assassinati, infiltrazione di squadroni della morte colombiani, sanzioni, minacce.

Ci chiediamo, noi che abbiamo sostenuto con tenacia e passione la rivoluzione, il popolo, il socialismo, l’indipendenza, la resistenza di Cuba, se i dirigenti di quella nazione, che per mezzo secolo è stata un faro di libertà ed emancipazione per il continente e il mondo, si rendono conto di fornire, accoppiando la loro faccia sorridente a quella sorridente del secolare aggressore, la migliore copertura alla sua altra faccia, quella orrenda del serial killer di massa con le zanne affondate sugli altri figli di Bolivar, Josè Martì, Che Guevara? E’ la mano tesa a quella imbevuta di sangue, il prezzo da pagare per la propria incapacità, aggravata dall’embargo, di risollevare le sorti dell’isola? Il Vietnam, ha detto Raul Castro, è il nostro modello. Nel Vietnam, da poco restituito al dominio di una classe sull’altra, l’altro giorno si sono incontrati i capi di Stato Maggiore di Hanoi e Washington. Hanno concordato una più stretta cooperazione e integrazione delle rispettive forze armate.
I doppi binari della geopolitica occidentale proliferano. La Commissione dei Diritti Umani dell’ONU mette sullo stesso piano i crimini di guerra perpetrati da Israele nell’operazione “Margine Protettivo” e quelli attribuiti a Hamas. Ponzio Pilato schiatta di invidia. I primi, apparsi in tutta la loro dimensione stragista agli occhi del mondo, non potevano essere occultati. Occorreva ridurne il tasso criminale equiparandoli a chi, aggredito, occupato, massacrato, espulso da 70 anni, osava reagire e difendersi. I razzi primitivi delle vittime, andati a sbattere perlopiù nel vuoto (6 morti), alla pari di uno tsunami di missili, bombe a grappolo, bombe ad alta penetrazione, bombe personalizzate a farfalla, fosforo bianco, città polverizzate, esecuzioni a freddo di combattenti, ma perlopiù di donne e bambini, da parte del quarto esercito più potente e più sanguinario del mondo (1.300 morti). Certo, i palestinesi, incastrati in un formicaio urbano e privi di bunker, basi, poligoni, aviazione o marina, difendevano il formicaio da in mezzo alla popolazione. Se ne facevano scudo? Sì, proprio come l’ultima antiaerea del Reich, che puntava senza più munizioni contro i 500 bombardieri al fosforo di Churchill impegnati a radere al suolo Dresda, la più bella città barocca della Germania (pensate all’Isis a Palmira e Ninive), si faceva scudo dei 200mila civili inceneriti, perlopiù profughi cacciati dalle loro terre a est.

Come la mettiamo con i curdi?
E’ ricicciata sul “manifesto” Giuliana Sgrena. Non poteva mancare nel tripudio per i curdi di Rojava che soffrono, combattono, avanzano, donne in testa. E anche noi plaudiamo. Ma con qualche retro pensiero. Perché quelli di Kobane hanno le stesse facce e lo stesso animo dei ragazzi dell’esercito e delle milizie popolari siriane, proprio contro lo stesso nemico, proprio per la stessa causa: libertà, indipendenza, laicità, democrazia, anticolonialismo. Ma senza supporto della Coalizione, anzi. E perlopiù da cinque anni, con sacrifici ed eroismi centuplicati rispetto a Kobane. Ma nessuna Sgrena ne da notizia, nè tantomeno vi si commuove ed entusiasma. E’ che sulla resistenza siriana non c’è l’unanimità che unisce destre e sinistre, atlantici, bruxelliani e antiliberisti. Quell’unanimità complice, ghandiana, martinlutheriana, mandeliana, obamiana, bergogliana, antiputiniana, che costituisce lo strato profondo e putrescente delle società occidentali, sulla cui superficie far recitare, per incantare i gonzi, pupi che si danno sciabolate di latta appesi ai filo dell’unico burattinaio.
I curdi del Rojava hanno dunque liberato anche la città di Tel Abyad e stanno avanzando verso Rakka, la capitale del califfo in Siria. Entrambe città arabe, non curde. Da un capo all’altro dell’Occidente suonano festose le trombe e s’alzano stendardi. Anche le forze patriottiche siriane, rafforzate da Hezbollah e, forse, da volontari iraniani, dopo i recenti rovesci subiti al Nord, sul confine turco, liberano territori ad Aleppo, a Daraa nel Sud e verso i Libano. Niente trombe e stendardi. Eppure nell’un caso e nell’altro si combatte lo stesso nemico, quello che terrorizza l’Occidente, minaccia Roma e il papa, decapita, stupra o incarta le donne, incendia o affoga in gabbie i prigionieri, istruisce bambini a uccidere. Curioso, allora, che l’avanzata dei curdi, sia facilitata da duri bombardamenti della Coalizione Occidente-Golfo sull’Isis, mentre la stessa Coalizione continua a distruggere le infrastrutture siriane nei territori liberi, favorendo l’avanzata dei jihadisti (come in Iraq, dove rifornisce il califfo e non spreca una pallottola per l’offensiva di Baghdad), sostenuta del resto anche da Israele con aerei, ospedali e istruttori.
Gatta ci cova? Lo ricordo ancora una volta: l’idea, vecchia come il cucco Oded Yinon, che l’ha codificata per il regime sionista nel 1982, è la distruzione degli Stati nazionali arabi. Gli interventi a favore e contro l’uno o l’altro servono a definire le nuove mappe, spesso in considerazione delle risorse presenti, specie petrolifere. Al Kurdistan in Siria un tot di territorio siriano, un altro ai sunniti, un angolino agli sciti, per il resto caos creativo. Così in Iraq, in Yemen, domani in Libano. Si bombarda da una parte o dall’altra, si rafforza uno schieramento o l’altro, a seconda dello spazio assegnato dai nuovi geografi. L’essenziale è che scompaia quel che era noto come Siria e come Iraq e qualcosa finisca anche nelle fauci della Grande Israele.
Tripoli, bel suol d’amore
Quanto alla Libia, sfolgorante è il doppio binario. Faccia amabile, negoziato ONU tra i due governi, a ognuno dei quali deve essere impedito, con l’aiuto degli ascari Isis (o Al Qaida-Isis in Yemen), di circoscrivere il caos creativo. Sempre faccia amabile, ma contrita, quella che fa piovere fiumane di lacrime e compassione da ogni poro dell’Occidente, che si riscatta da ogni turpitudine lanciando anatemi contro il cattivo della commedia, Salvini e affini. Diverso lo strumentale ma ottuso muro eretto dall’ungherese Viktor Orban contro clandestini di cui questo primo ministro renitente all’UE, alla Nato e filo-russi ha capito benissimo l’obiettivo collegatovi dagli Usa di destabilizzazione degli Stati europei. E, opportunamente, invita a esaminare i muri di cui tutto l’Occidente si circonda dal Messico all’Ucraina, da Israele alle colonie spagnole in Marocco, da Belfast ai baltici, nonché i muri di armate e armamenti con cui costella i confini della Russia. Non è per niente pretestuoso il richiamo di Orban agli Stati imperialisti di occuparsi, loro, dei profughi da loro determinati. Richiesta ineccepibile che nessuna “sinistra” ha mai avanzato.
La faccia con le zanne esposte è quella del terrorismo intimidatorio che colonizza scogli, fondali marini e produzioni.schiavistiche con quanti ancora insistono a voler scampare ai genocidi occidentali di casa loro. E’ quella della sfruttamento domestico dei propri surrogati terroristi in chiave di paura, con accidenti come Charlie Hebdo o bombe sul metro, tali da ottenere consenso allo Stato manettaro securitario. E’ ora anche quella della riconquista della Quarta Sponda, dopo le legnate prese da Gheddafi e dal suo popolo riscattato, guida dell’antimperialismo, promotore di prosperità e giustizia. Ed ecco l’”EuNavMed” con la sua flotta militare, i sommergibili, l’aviazione, i droni (nuova scuola di droni d’assalto a Manfredonia), gli elicotteri e le truppe da sbarco. Resteranno due governicchi incapaci di reagire, un bel po’ di caos creativo in un paese spezzettato tra Tripolitania, Cirenaica e Fezzan. Ma i giacimenti e i terminali di petrolio e acqua saranno presidiati da Eni, Exxon e Total. A questo proposito per me sarebbe stato preferibile lasciare i libici agli affari loro, fidando che il governo laico di Tobruk, con la sua presenza anche di gheddafiani, possa far piazza pulita degli islamisti golpisti di Tripoli, Fratelli Musulmani, tentacoli di Turchia e Qatar e genitori di tutte le successive aberrazioni jihadiste.

Vessillifero dei valori dell’Occidente
Chiudo con un ricordo di Tony Blair, la creatura Labour-Terza Via, cara allo scorpioncino di Rignano, spurgata dal rettilario della Thatcher, che conferma la regola della sinistra chiamata a perfezionare le nefandezze della destra senza più intralci a sinistra. L’ombra di questo ributtante criminale di guerra, che si avventò sull’Iraq “perché con le sue armi di distruzione di massa poteva radere al suolo Londra in 25 minuti”, aleggia dietro a orrori come le stragi sulla metropolitana del 2005, o l’assassinio-suicidio dello scienziato David Kelly, massimo esperto britannico di armi chimiche e biologiche che aveva smascherato le menzogne irachene di Blair. Per questi meriti, e per aver mostrato come si fanno a pezzi altri popoli, compresa la parte sana del proprio, il pupazzo di Wall Street, dalla faccia dello psicopatico sadico di “Saw”, venne nominato inviato del Quartetto per il Medio Oriente. Incarico dal quale ricavò anni di baldoria negli alberghi di lusso della regione e 90 milioni di euro in conferenze e creste, mantenendo un perfetto silenzio sulle imprese del prediletto Stato infanticida. Ora, scelta avveduta e naturale, lo ha chiamato il capo del regime atlantico-nazista di Kiev perché gli faccia da consigliere. Dalle parti dove si allunga l’artiglio della Nato si assiste a una specie di Horror Picture Show senza l’aspetto umorista: vi si radunano e prosperano le più abbiette creature del lato oscuro del pianeta.
Brutte storie. Ma consoliamoci. A rimediare a tutto, da noi ci penseranno Landini, Tsipras, Vendola, Civati e, avanguardia operaia, il Partito Comunista Italiano testè rinato (di Togliatti e senza Gramsci). Questi sì che sanno di antimperialismo.
Ciao, buona estate. Stiamo all’erta.

1 commento per “Doppio binario. Meglio, convergenze parallele

  1. Armando
    29 Giugno 2015 at 19:23

    A parte ogni considerazione ideologica, la descrizione e di ciò che accade è ineccepibile.

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