La stagione delle riforme: i lotofagi

Riceviamo e volentieri pubblichiamo:

Il referendum si è chiuso con la sconfitta dei “no”, non è possibile da tale pericoloso risultato esimersi dal fare considerazioni su un futuro sempre più incerto per la democrazia, per la Repubblica e per la Costituzione. I trombettieri del “sì” già proclamano la stagione delle riforme. In un contesto in cui le parole sono ancipite, non significano quello che dicono, per riforme si deve intendere “controriforma”, ovvero, formalizzare l’oligarchia che da decenni erode la democrazia. La vittoria del “sì” era abbastanza certa, poiché il circo mediatico di regime ha addomesticato in questi anni il popolo alla sola categoria della quantità, a cui si aggiunge il discredito dei politici. Il ragionamento è stato semplice ed inquietante: meno politici e più risparmio. Se si ragiona utilizzando il paradigma della quantità, il ragionamento è corretto, si potrebbe dire sillogistico. La categoria della quantità scissa dalla categoria della qualità e della relazione, è stata sempre foriera di tragedie nel Novecento, per cui bisognerebbe pensarla per impedire  che fondi il totalitarismo della quantità. La democrazia, invece, vive della qualità e del logos. Il logos è relazione, parola che si fa misura e giudizio del presente e può rendersi effettivo solo con la relazione dialogica, la quale crea in modo critico, ma necessita di tempi distesi.

Con un numero minore di parlamentari vi sarà un numero inferiore di rappresentanti, per cui il vigile controllo della finanza sarà più semplice. Si educa il popolo all’immediatezza dell’esecuzione. Il parlamento diventerà un archetipo da trasferire in ogni istituzione e relazione: meno parole, meno dialettica in favore della veloce esecuzione degli ordini. Si profila un sistema verticistico e gerarchico che non utilizzerà la maschera della democrazia, perché santificato dal consenso collettivo abilmente estorto. Il fronte “riformista” coglierà l’occasione per attaccare i principi della Costituzione o renderli  forma senza sostanza. I principi costituzionali necessitano di tempi lunghi e discussi per la loro esecuzione, in quanto la complessità ideale non si curva al semplicismo del problem solving. Il parlamento diventerà il luogo dove le soluzioni calate dall’alto e dalla finanza seguiranno l’iter del problem solving, ovvero soluzioni immediate ed intuitive sempre finalizzate al “taglio finanziario” della democrazia e dei diritti. Si sconta collettivamente la cultura dei Lotofagi, già descritti da Omero nell’Odissea e da Platone nel libro VIII della Repubblica. I Lotofagi vivono dell’immediato, non hanno memoria dell’esperienza passata, non progettano il futuro. La categoria della quantità educa il popolo a diventare “plebe” e “realtà senza concetto”. Si precarizza con il lavoro, la capacità di resistere, pensare e progettare. Il precario[1] è colui che come dice l’etimologia “prega” per la sua sopravvivenza il padrone di turno, per cui non osa pensarsi protagonista della storia, ma semplicemente invoca il potente per potersi salvare dall’avversa sorte.

 

Memoria e politica

Se si fosse pensato agli ultimi tentativi di riformare la Costituzione in senso oligarchico ed autoritario, sarebbe stato inevitabile collegare la proposta di riforma del taglio dei rappresentanti al tentativo precedentemente fallito. I Lotofagi non hanno memoria, vivono nel piacere immediato, del risultato contingente e non hanno altra prospettiva che il tempo senza finalità teleologica, vivono di frammenti. Le nuove generazioni sono addomesticane in nome del piacere immediato, in tal modo, non concepiscono la complessità temporale e concettuale, sono le vittime di un sistema che avversa la politica e la partecipazione comunitaria. I popoli addomesticati e turlupinati dai cattivi maestri regrediscono a gregge belante. Dinanzi alla barbarie che avanza non si può constatare che la sconfitta può determinare un cambiamento regressivo, ma può essere occasione per svelare la verità del sistema, della falsa opposizione tra destra e sinistra di potere, le quali con abile trasformismo sono perfettamente interscambiabili, sono sovrapponibili, e dunque insalvabili. Dobbiamo prepararci alla “stagione delle riforme”, alla violenza dell’oligarchia che vuole strappare dalla memoria collettiva con i principi costituzionali la Resistenza, ideale vivo ed eterno, che va, però contestualizzato, per cui alla Resistenza contro il fascismo e la dittatura del comunismo reale, entrambi rigorosamente defunti, bisogna opporre la Resistenza storicamente fondata nel presente contro le oligarchie finanziarie ed il loro falso efficientismo  ideologico. La speranza è nella storia, “la notte del mondo” non è eterna, e la storia non è prevedibile: una sconfitta per la democrazia, mentre imperversa la crisi economica, può  favorire processi antidemocratici, ma anche, carsicamente,  una nuova consapevolezza che scorre lungo i canali informali della comunicazione. La storia non è conclusa, benché gli orizzonti in queste giornate appaiono plumbei.

 

[1] Precario dal latino prex precis (preghiera)

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Fonte foto: Il Sussidiario.net (da Google)

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