La Turchia ha commesso crimini di guerra in Siria

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo articolo con una precisazione di ordine politico:

L’autore, Gianni Sartori, scrive in un passaggio del suo articolo: “Esponenti della destra dichiarata, diversi rosso-bruni e qualche“antimperialista” di sinistra (in genere filo-Assad e filo iraniani) hanno accusato i curdi, oltre che di collaborazionismo con l’imperialismo statunitense, di aver praticato forme di “pulizia etnica” in Rojava. Demenziale. “.

Ora, che i curdi negli ultimi anni abbiamo collaborato strettamente con gli USA (e quindi, di fatto, anche con Israele) mi pare un fatto acclarato, non me lo invento certo io e non se lo inventa nessun altro. Vale per i curdi siriani come per quelli iracheni. Non vedo cosa ci sia di demenziale nel constatare un fatto che noi abbiamo portato all’attenzione dei nostri lettori già a suo tempo. Dopo di che io mi rendo conto delle difficoltà in cui si trovano i curdi (non certo minori di quelle in cui si trovano da sempre i palestinesi) e del fatto che quando si è in una situazione di grave difficoltà si cerca di fare di tutto per uscirne, anche allearsi con i nemici della propria causa, quelli che da sempre impediscono che si costituisca uno stato curdo indipendente (a parte il fatto che i curdi sono divisi anche su questo, perchè la questione curda non è una sola, ce ne sono almeno tre e ciascuno pensa alla propria) cioè con gli USA (peraltro da sempre alleati della Turchia che da sempre occupa parte del Kurdistan. quello turco, e muove guerra ai curdi). E nel fare questo i curdi non sempre hanno giocato pulito, perchè di fatto hanno finito per diventare delle pedine degli americani. Quindi le contraddizioni le hanno anche i curdi e sarebbe sbagliato non evidenziarle, così come non abbiamo mancato di evidenziare quelle dei palestinesi, in particolare di di Hamas, finiti tra le braccia alleati della Fratellanza Musulmana, sostenuta dal Qatar (l’ANP è da tempo controllata da Israele).
Poi, sulle repressioni e sulle presunte pulizie etniche commesse dai curdi, non so veramente in grado di pronunciarmi perchè non ne so nulla. Ma che i curdi si siano alleati con gli americani (e che ora questi li stiano abbandonando, come era ampiamente scontato, per fare un favore al loro alleato principale, cioè Erdogan) è un fatto certo. Non c’entra nulla l’essere “rossobruni” (etichetta che oggi si affibbia con estrema disinvoltura a chiunque osi criticare le liturgie di una certa sinistra politicamente corretta, liberale o radicale che sia) o altro. E’ un fatto oggettivo. Si può condividere, criticare o deplorare ma è un fatto che non può essere risolto scrivendo che chi lo mette in evidenza è un demente o un rossobruno.
Ciò detto, lo ringrazio per il contributo, che fa seguito ad altri che abbiamo molto apprezzato.
Fabrizio Marchi

Di seguito, l’articolo:

“La denuncia – 18 ottobre – proviene da Amnesty International. Nel suo rapporto A.I. accusa l’esercito turco e i suoi alleati (o meglio: i suoi ”ascari”) di aver commesso molteplici crimini di guerra nel corso dell’offensiva in atto (una vera e propria invasione della Siria). In particolare, esecuzioni sommarie e attacchi indiscriminati contro i civili. A cui bisognerebbe aggiungere l’utilizzo di armi proibite dalla Convenzione di Ginevra.
La ONG riporta le testimonianze di 17 persone (operatori sanitari, giornalisti, sfollati, esponenti di organizzazioni umanitarie…) che hanno appunto visto – e documentato – di persona quanto stava avvenendo.
Un esponente della Croce Rossa curda racconta di aver recuperato i cadaveri lasciati sul terreno – in prossimità di una scuola – dall’attacco turco del 12 ottobre sulla cittadina di Salhyé. Qui avevano trovato rifugio alcuni sfollati. Spiega di “non poter nemmeno dire se i bambini uccisi erano maschi o femmine perché i loro corpi erano completamente anneriti, carbonizzati”.

Emergono intanto altri particolari sulla sequenza di menzogne, una trappola vera e propria in cui i curdi si sono cacciati – forse ingenuamente – per essersi fidati di un “alleato” senza scrupoli, gli Stati Uniti.

Innanzitutto gli USA avevano convinto le YPG (genericamente definite “curde”, in realtà una coalizione multietnica composta da combattenti di varie etnie e religioni presenti nei territori del nord-ovest siriano, oltre che dai volontari internazionalisti) a distruggere i tunnel difensivi alla frontiera con la Turchia. Garantendo che Washington avrebbe comunque impedito ad Ankara di invadere il Rojava. Nell’accordo, un ulteriore malcelato inganno: consentire a USA e Turchia di sorvolare l’area per controllare l’effettiva distruzione di tunnel e postazioni difensive. In realtà questo ha permesso ai turchi di conoscere in anticipo quali fossero i principali ostacoli e possibili punti di resistenza al momento dell’attacco.
Con l’invasione del Rojava – mentre si percepiva quanto sarebbe stata brutale e indiscriminata – forse Trump ha temuto di rimetterci sul piano elettorale. Ha quindi inviato al suo omologo turco una risibile lettera in cui gli spiegava che comunque avrebbero dovuto trovare un accordo e soprattutto di “non fare l’idiota” (testuale). Concludendo che comunque si sarebbero risentiti. Ovviamente Erdogan non l’ha neanche presa in considerazione proseguendo imperterrito. Nel suo programma, una radicale pulizia etnica della “zona di sicurezza”, profonda 30 chilometri e sostanzialmente svuotata di ogni presenza curda. Da sostituire con 2-3 milioni di rifugiati siriani fedeli a Erdogan e al momento ospitati in Turchia.
Già con i primi bombardamenti sulle città e sui villaggi curdi si creavano lunghe colonne di profughi (circa 300mila) in fuga. In avanscoperta, le milizie – sospettate di simpatie jihadiste – dell’Esercito nazionale siriano (in precedenza denominato Esercito siriano libero) che da subito cominciavano a saccheggiare e giustiziare indiscriminatamente. Suscita scalpore l’efferata uccisione il 12 ottobre di Hevrin Khalaf (35 anni, segretaria generale del Partito del futuro siriano), presumibilmente stuprata e lapidata. Tale assassinio di una nota pacifista viene festeggiato dai media turchi come una “vittoria contro il terrorismo”.
Intanto la Turchia si preoccupava di rimettere in circolazione le milizie di Daesh (più affidabili del raffazzonato ENS) ancora detenute nelle prigioni controllate dai curdi (a volte semplici palestre, oltretutto controllate da civili). Cominciando quindi a bombardare i muri e i cancelli dei campi di detenzione per consentire la fuga di centinaia di miliziani e loro familiari (solo una parte dei circa 80mila catturati dalle YPG).

Una parentesi. Esponenti della destra dichiarata, diversi rosso-bruni e qualche“antimperialista” di sinistra (in genere filo-Assad e filo iraniani) hanno accusato i curdi, oltre che di collaborazionismo con l’imperialismo statunitense, di aver praticato forme di “pulizia etnica” in Rojava. Demenziale. Anche trascurando i 40mila yazidi salvati dai combattenti curdi nel Sinjar (e i cristiani, anche un villaggio turcomanno…), basti pensare che nemmeno i peggiori miliziani islamisti (e tantomeno le loro famiglie) sono stati eliminati fisicamente dopo la cattura. Come invece, sotto-sotto, auspicavano Stati Uniti e paesi europei poco propensi a riprendersi i loro cittadini – i foreigni figthters – divenuti miliziani dello Stato islamico.
Col senno di poi (e pensando ai civili assassinati da questi tagliagole una volta tornati in libertà) verrebbe da pensare che ‘sti curdi sono stati fin troppo buoni.

Già che c’era, forse ritenendo che gli statunitensi se la stavano prendendo troppo comoda nel ritirarsi da Kobane, l’esercito turco sparava anche su un avamposto a stelle e strisce. La cosa funziona e il giorno successivo Trump annuncia un ritiro completo e definitivo. Prima di andarsene gli statunitensi si autobombardano. Rendendo inagibili i loro avamposti e basi mentre quelli rimasti in piedi verranno occupati dalla Russia. L’impressione è comunque di un piano concordato (o sottinteso) tra USA, Turchia, Russia (forse anche Teheran e Damasco) ai danni dei curdi. Sempre scomodi, se non superflui, ai piani strategici di stati e affini.
Scontato il rifiuto – sia di Washington che di Mosca – della richiesta di “interdizione aerea” avanzata dai curdi. I quali, ovviamente, non dispongono di contraerea.

Nonostante i tentativi statunitensi per impedirlo (temendo che con i siriani arrivino anche i detestati pasdaran iraniani o gli hezbollah libanesi: l’ossessione ricorrente del “ponte sciita”), le truppe di Assad entrano in Manbij.
Tergiversando ed entrando in contraddizione con quanto finora dichiarato, gli Stati Uniti annunciano che in realtà potrebbero anche restare, almeno per proteggere Kobane (e soprattutto i campi petroliferi di Deir ez-Zor). Un bel casino!
Mentre Trump comincia – o continua – letteralmente a delirare (vedi le affermazioni sui curdi che non avrebbero “aiutato gli stati Uniti al momento dello sbarco in Normandia”), il Congresso americano impone blande sanzioni alla Turchia per convincerla a sospendere l’invasione.
I curdi comunque resistono e contrattaccano riconquistando, almeno provvisoriamente, la città di Sere Kaniye che era caduta nelle mani dell’Esercito nazionale siriano e dei turchi. La situazione è tale che a un certo punto Ankara si vede costretta a chiudere i varchi del muro di frontiera – ora alle sue spalle – per impedire ai miliziani jihadisti di fuggire in Turchia. Inoltre, temendo di venir respinto, l’esercito turco comincia a fare uso sui campi di battaglia di sostanze chimiche proibite.
Trump invia allora da Erdogan il vicepresidente Pence per concordare un generico “cessate-il-fuoco”. Ma senza concordarlo, almeno in un primo tempo, direttamente anche con i curdi, la Russia e la Damasco. Di nuovo, un gran casino!
Ai curdi viene “offerta” una via d’uscita: sostanzialmente battere in ritirata per una profondità di trenta chilometri dalla frontiera (la solita “zona di sicurezza”) nel giro di cinque giorni. In pratica, una “pulizia etnica” ottenuta dalla Turchia volontariamente e senza incontrare resistenza. Solo successivamente, toccherebbe alla Turchia di lasciare il suolo siriano, Afrin (nord-est della Siria, già invasa all’inizio del 2018) compresa. Per il giornalista Ferda Cetin, esperto di Medio Oriente, tale accordo USA-Turchia non sarebbe altro che “una legalizzazione dell’occupazione del Rojava da parte dell’Isis e di Ankara”. Alquanto probabile, direi.
Del resto già il 17 ottobre, alla faccia del cessate-il-fuoco, altre decine e decine di pullman carichi di miliziani dell’Esercito nazionale siriano partivano da Kilis in direzione di Gaziantep per dare ulteriore man forte alle truppe turche. Staremo a vedere.

E i curdi? Per loro si profila un probabile destino di “profughi interni” in Siria. Così come per altri componenti della coalizione multietnica (arabi, circassi, assiri, armeni, siriaci…) che vivevano – e spesso combattevano – insieme ai curdi nel nord della Siria. E alquanto incerto appare il destino dei volontari internazionali (pensiamo in particolare ai comunisti turchi) che si erano integrati nella resistenza curda. Manca solo che Erdogan ne richieda l’estradizione!

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Fonte foto: Insidertrend (da Google)

3 commenti per “La Turchia ha commesso crimini di guerra in Siria

  1. Stefano Zecchinelli
    18 ottobre 2019 at 17:02

    Tralascio sull’analisi geopolitica del tutto errata e mi concentro soltanto su questa affermazione: ”Esponenti della destra dichiarata, diversi rosso-bruni e qualche“antimperialista” di sinistra (in genere filo-Assad e filo iraniani) hanno accusato i curdi, oltre che di collaborazionismo con l’imperialismo statunitense, di aver praticato forme di “pulizia etnica” in Rojava. Demenziale. “ La realtà è ben diversa ed il giornalismo investigativo e la ricerca storica, si fanno coi documenti. Passiamo ai fatti.

    1. I curdi stanno collaborando con l’imperialismo (cosa che ho ampiamente dimostrato in questa testata)?

    Il giornale libanese, Al-Akhbar, ha recentemente dimostrato che nelle zone siriane controllate dai separatisti curdi insieme ai sicari della Nato, sia in corso il saccheggio delle risorse petrolifere del paese arabo.
    Il documento spiega il ruolo di Ilham Ahmad, co-presidente del Consiglio Democratico Siriano di cui i battaglioni hanno un ruolo centrale, nella svendita del petrolio agli USA sotto la supervisione del capo del Mossad israeliano: Mordechai (Moti) Kahana. La fonte europea che ha rilanciato la notizia è il giornale svizzero sinistra.ch del Partito comunista del Canton Ticino (altro che rossobruni).

    http://www.sinistra.ch/?p=8029

    Lo stesso Ilham Ahmed dichiarò: “L’Arabia Saudita è una potenza importante nella regione e deve esercitare il suo ruolo nel promuovere la stabilità in Siria. Siamo pronti a collaborare con l’Arabia”. Tutto ciò all’interno del conflitto inter-imperialista fra la Turchia e l’Arabia Saudita. Sono quattro le basi statunitensi realizzate dai sicari dell’imperialismo americano-sionista nella parte del territorio controllata dai curdi, il generale Sergei Surovikino, comandante delle forze russe in Siria, ha pienamente ragione: “Invece di eliminare i terroristi, responsabili della morte di centinaia di migliaia di civili siriani, la coalizione diretta dagli Stati Uniti e le Forze Democratiche Siriane hanno trovato un’intesa con i capi di Daesh – continua – che lasciano senza combattere le postazioni che avevano occupato per andare nelle province dove operano le truppe del governo siriano”. Non si tratta di ”sognare” (cito Lenin ”sognare è la sorte dei deboli”), ma soltanto di analizzare un conflitto geopolitico con documentazioni di un certo peso.

    2. Pulizia etnica nel nord della Siria

    Le testimonianze, centrali nella ricostruzione d’un fatto storico, propendono per la tesi della ”pulizia etnica” anti-siriana. L’arcivescovo cattolico siriaco di Hassaké-Nisibi, monsignor Jacques Benhan Hindo, afferma che ”le autorità del «Rojava», che controllano il nord-est della Siria con il sostegno degli Stati Uniti, gli hanno illustrato un piano per sradicare i cristiani dalla regione”

    https://www.voltairenet.org/article202779.html

    Si tratta di milizie le quali, in funzione anti-siriana, si sono impossessate di centinaia di scuole imponendo la lingua curda a discapito dell’arabo. Si tratta, senza mezzi termini, di colonialismo culturale.

    3. Le posizioni della sinistra di classe

    Chi sarebbero questi ”rossobruni” che denunciano le collaborazioni fra separatismo curdo ed imperialismo USA? Fra i critici del collaborazionismo curdo abbiamo i compagni di sinistra.ch, il sociologo marxista James Petras ed il reporter Fulvio Grimaldi, tutti puntualmente citati in questa testata e nessuno di loro è imputabile di ”rossobrunismo”. Inoltre consiglierei ai sostenitori del ”social-imperialismo del Rojava” di leggere con attenzione una importante denuncia del FRONTE POPOLARE DI LIBERAZIONE DELLA PALESTINA del 2015 (la data è importante): ”Nessuna mobilitazione a Kobane può legittimare la collaborazione con l’imperialismo!”.

    Cito:

    ”A Kobane, chi resiste e per chi?
    Una settimana fa, è stato affermato che 1.300 combattenti ELS sarebbero stati mandati a Kobane per aiutare. Più tardi si è detto che una forza dei peshmerga di Barzani sarebbe entrata a Kobane. Poi è emerso che i 1.300 combattenti ELS sarebbero stati 400 o anche meno. Circa 150 peshmerga sono andati a Kobane. Si è detto che queste due forze avrebbero combattuto a fianco del PYD – YPG, il quale, in precedenza, aveva assicurato che sarebbe stato al comando”

    ”Quando i peshmerga attraversarono Urfa, la folla li accolse gridando “Biji Serok Obama”. (NdT: in lingua curda significa “lunga vita al leader Obama”, modificando lo slogan dei sostenitori del PKK “Biji Serok Ocalan”). Che significa questo? Qual è il significato degli applausi per Obama? La scorsa settimana Ahmet Karaman, uno scrittore di Ozgur Politika, un organo dei media dei nazionalisti curdi, ha scritto: “grazie America”. Che cosa significa ringraziare l’America, il principale nemico dei popoli, che ha trasformato il mondo intero in un lago di sangue? Quale stato d’animo, quale mentalità può far dire al presidente degli Stati Uniti, “Biji Serok Obama”?
    Cemil Bayik (NdT: un leader del PKK) in una dichiarazione sul “processo di pacificazione” con la Turchia, ha detto: “c’è bisogno di veicoli e di osservatori. Possiamo accettare gli americani (come osservatori) e, per quanto possiamo vedere, questo è l’approccio corretto”. Poi ha detto: “Finalmente c’è una seria discussione sulla rimozione del PKK dalla lista dei gruppi terroristici”. Cosa significa questo? Chi controlla i fili del “processo di pacificazione”?’

    ”Pur incoraggiando questi sogni, gli imperialisti hanno continuato ad attuare le proprie politiche. Coloro che hanno questi sogni ed entrano in una coalizione con l’imperialismo, sulla base dell’ostilità per l’ISIL, devono ricordare che se si dà all’imperialismo un pollice esso prenderà una mano. Gli imperialisti che li armano e che sono al loro fianco non hanno portato benefici a nessun popolo in guerra, curdi inclusi, e questa rimane la verità sebbene non vogliano vederla. Nonostante questo, è necessario chiedersi quali interessi comuni il movimento nazionalista curdo e i suoi satelliti condividono con l’imperialismo. Perché nonostante non sia nell’interesse dei popoli, entrare in accordo e in collaborazione con i loro assassini, è certamente frutto della cecità prodotta dal nazionalismo. Ma se questa mentalità, che li accomuna a gente come Barzani, fa convergere i loro interessi con quelli dell’imperialismo e informa il loro agire, allora, quanto sta accadendo a Kobane, non rappresenta il più pericoloso avvio per questa comunanza e collaborazione”?

    Traduzione dal turco dalla rivista settimanale Yuruyus (“Marcia”), n° 442, 9 novembre 2014, pp. 9-12.

    Traduzione dall’inglese: Collettivo TazebaoFonte: Antimperialist Front

    http://kanafani.it/?p=947

    La fonte, Antimperialist Front, è legata alla guerriglia turca del DHKP-C quindi apre un ennesimo problema: come mai il PKK ha perso il rispetto della sinistra antimperialista internazionale? L’autore dovrebbe ragionare su questo quesito invece di tralasciare fonti e documentazioni di estrema rilevanza.

    Stefano Zecchinelli

    • Federico Lovo
      19 ottobre 2019 at 18:36

      grande Stefano !

    • Filippo
      19 ottobre 2019 at 21:47

      Grazie del commento.
      Filippo

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