Perchè il capitalismo non distrugge la famiglia

Ultimamente molti filosofi si sono spesi per dare un’ interpretazione filosofica ed argomentativa al tema della Famiglia, dei matrimoni omosessuali e al loro significato in rapporto ad un Capitalismo che sempre di più diventa patrimonio genetico dell’affare politico.

La tesi principale, sostenuta da alcuni allievi del filosofo Costanzo Preve, è che il Capitalismo, mettendo al centro la contabilità e l’enumerabilità dell’essente, riduca lo spazio per aggregazioni sociali basate non su un rispettivo “svuotamento dell’utilizzabile” ma su rapporti orizzontali e di mutua difesa.

Costoro individuano  questo cambiamento programmatico del Capitalismo in un processo che lo vedrebbe trasformarsi da sistema tendenzialmente conservatore a complesso cultural-ideologico ultramodernista,  che avrebbe la sua origine nel  1968, riprendendo un’ opinione già espressa a suo tempo da Costanzo Preve. Trovo che questa critica di Fusaro sia giusta: è indubbio che, culturalmente, avvenga una mutazione genetica del Capitalismo, che passa da “Croce ad Olivieri” (Costanzo Preve).

Il problema, a mio avviso, è individuare l’esatto significato della Famiglia nel contesto capitalista. E quanto la mutazione genetica post-sessantottina modifichi effettivamente un rapporto Capitalismo-famiglia e non, piuttosto, un rapporto Capitalismo-legami sociali.

Alla base di quella che io ritengo un’ indebita sovrapposizione c’è il collimare della nozione di Famiglia con i suoi aspetti valoriali che, certamente, sono importanti, ma non completivi: la Famiglia sussiste anche,  ad esempio,  quando i genitori non si occupano dell’educazione dei figli, quando questa è di fatto relegata alle funzioni genitoriali di nonni e altri parenti, quando per dinamiche varie il figlio si trova a crescere con un genitore e un altra figura che non conosce.

Nessuno di noi sosterrebbe la tesi che un risposato con figlio non sia una famiglia, o che una ragazza-madre aiutata dai nonni non sia capace di creare un ambiente famigliare.

Questo perchè la Famiglia si esplica su un piano di valori che la liquidità moderna ha messo sullo stesso piano della sua funzione socio-politica. Per rispondere ad un effettiva corrosione dei rapporti sociali generici, si è applicato alla Famiglia (contenitore valoriale diverso) il concetto di “comunità educativa”.

Ma la Famiglia, come hanno chiarito le ricerche marxiste, è anche un nucleo socio-politico. Come lo Stato, che rimane Stato anche se riempito di contenuti e ideologie diverse (perchè fondato sulla continuità amministrativa e i principi amministrativi Weberiani) così anche la Famiglia rimane tale quando svuotata, eventualmente, di significati morali, nomotetici ed etico-ideali.

La famiglia assolve una funzione di trasmissione consapevole del patrimonio demografico. Socialmente la Famiglia fornisce al bambino i mezzi strutturali per essere in competizione nel mercato del Lavoro e della produzione. Paga al bambino l’educazione, diretta (scuola e percorsi formativi) e indiretta (esperienze terze che aumentano il bagaglio conoscitivo del bambino), lo immette in un tessuto di relazioni che incoraggia ad ampliare, costruisce in lui un modo di affrontare il mondo. O, qualora non lo facesse, gli fornisce un esempio attraverso il quale mettere in relazione con altri la sua propria idea di mondo.

Possiamo quindi sostanziare la famiglia come una ventennale (ma spesso più) rampa di lancio per crescere individui (perchè sempre di individui si parla, fin dai primi dell’ ‘800) adatti poi a perpetrare correttamente il sistema di accumulazione capitalistico.

Questa funzione letteralmente “costruttiva” è indispensabile per continuare l’esistenza dell’attuale sistema di prevaricazione sociale. E, anzi, diventa sempre più importante: in Occidente la disponibilità della Famiglia nel dare al bambino i mezzi adatti a sviluppare le capacità tecnico-lavorative è sempre più alta, perchè più specializzazione (essendo ormai l’Occidente diventato il “Terziario del Mondo”) vuol dire più tempo dedicato allo studio. La famiglia,come nucleo sociale, diventa anzi sempre più importante e centrale.

Una distruzione della Famiglia presupporrebbe un altra struttura similare capace di assolvere tali funzioni, che abbiamo già dimostrato, sono imprescindibili per lo stesso Capitalismo. Ma chi, nel mondo moderno, nel “Capitalismo assoluto”, può assolvere questo compito?

Certo non lo Stato. Depotenziato dall’arretramento della funzione interventista, è stato del tutto mercificato e sembra capace solo di sopravvivere, qualora ce ne fosse la volontà. Anche se la scuola ha retto tendenzialmente bene agli assalti del Capitale, il corposo investimento per una scuola pubblica e di qualità, di questo passo, potrebbe diventare presto insostenibile. Ne’ lo Stato può reinventarsi “tutore Platonico”, una funzione anacronistica e impossibilitata dalla rapidità e fluidità dei rapporti sociali.

Ne’, e si capisce, può prendersi questa responsabilità la Chiesa, o un altro ente culturale. Nel mondo secolarizzato e privo di morale, la Chiesa è ridotta a fornire una diversa interpretazione del corso disgregativo del Capitalismo moderno.

Ma questa sfida non può essere raccolta nemmeno dal Capitalismo stesso, che non si è ancora dotato di strutture di socializzazione popolari alternative a quelle statali. Il Capitalismo si nutre infatti delle strutture pubbliche per creare quella classe “industrial-dirigente” che garantisce il proseguimento dello sfruttamento e del modo di produzione capitalistico.

Di fronte quindi a questa mancanza di alternative, il Capitalismo non si può permettere di distruggere la Famiglia come rapporto socio-politico. Può svuotane il significato morale dall’interno: senza tuttavia distruggere quella capacità di autorigenerazione della morale famigliare che ha già attraversato indenne millenni di Storia.

Posto che il matrimonio omosessuale sia in qualche modo un progetto di trasformazione sociale  (che tuttavia è di difficile rinvenimento, visto che anche all’interno del Capitalismo sopravvivono discrasie in tal senso) non rappresenta di per se l’assalto principale alla Famiglia Morale. Infatti, cosa rende la coppia omosessuale moralmente diversa da quella eterosessuale?

Soprattutto, cosa rende la coppia omosessuale meno “borghese” di quella precedente?

 

 

 

 

3 commenti per “Perchè il capitalismo non distrugge la famiglia

  1. armando
    21 Ottobre 2014 at 14:36

    Ho letto due volte la lettera, e c’è qualcosa che mi sfugge.
    1) Lasciare intatto il nome cambiandone il significato, non è forse un modo mascherato per distruggere il concetto stesso di famiglia? la famiglia non è solo un rapporto socio/politico fra gli altri e non è una questione di “morale” sessuale, di cui poco m’importa. Origina in un rapporto naturale fra padre/madre e figlio, tanto che è esistita ben prima del capitalismo. Dicendo che la famiglia è solo il luogo di riproduzione dei rapporti capitalistici nel senso di crescere individui “adatti poi a perpetrare correttamente il sistema di accumulazione capitalistico”, si nega l’importanza per i figli di essere cresciuti da una madre e da un padre insieme (non necessariamente i genitori biologici, anche se si tratta pur sempre di lodevolissimi surrogati come nel caso delle adozioni) , ossia si nega la concezione antropologica da sempre e fino ai nostri giorni patrimonio comune dell’umanità e delle sue diverse civiltà.
    2) Quale sarebbe, d’altra parte, la struttura dei rapporti educativi adulti/bambini “ideale” per una società non capitalistica? Le Comuni sessantottine che hanno fallito clamorosamente, così come quegli analoghi tentativi precedenti (es. i falansteri).
    Il capitalismo necessita, è vero, di una “famiglia” svuotata dal suo interno perchè non più retta sull’antropologia, ossia una non famiglia, ma una società futuribile come regolerebbe i rapporti genitori/figli? Occorre dirlo o per lo meno avanzare ipotesi.
    Intanto rimane un fatto incontestabile. La famiglia fatta di padre/madre/figli costituisce un limite oggettivo, un punto di forte resistenza al dilagare del capitale e della mercificazione di ogni ganglo della vita sociale e individuale. Buttandola via senza avere null’altro da proporre, non significa forse aiutare il capitalismo a realizzarsi compiutamente?

  2. Lorenzo Centini
    23 Ottobre 2014 at 8:25

    In questo articolo non voglio inserirmi in discettazione sociologiche, o peggio, psicologiche. La definizione dell’individuo come processo sociale all’interno della Famiglia è qualcosa di molto complesso, e la comunità scientifica si dibatte ancora tra l’opportunità di superare il modello familiare perchè insufficiente a crescere e “sincronizzare” il bambino con se stesso, e altre opinioni che invece sostengono la necessità di potenziare la famiglia otto-novecentesca, unica capace di forgiare individui stabili e completi.
    La mia riflessione non si impernia sulla definizione di un concetto di famiglia, ma di “decostruire” una critica spesso rivolta al Matrimonio Gay. Chiunque può ben dirmi “una Famiglia senza due figure sessualmente complementari non ha i mezzi metapsichici per stabilizzare i bambini”,e potreinon aver nulla da ridire. Ma la critica “post-Previana” al Matrimonio Gay, secondo la quale il Capitalismo trarrebbe quache vantaggio dal disarticolamento della Famiglia, non ha a che fare con la sua funzione socio-politica.
    Ovviamente, come dice (ma mi pare di averlo chiarito nell’articolo) la Famiglia non è soltanto un luogo di riproduzione del Capitale. Ma se la si butta su un piano “socio-economico” bisogna per forza prenderla sotto questo punto di vita. Altrimenti si dice che “la cultura Transgender e LGBT generica, chepresumibilmente troverebbe un megafono in questa nuova struttura ideo-giuridica, è amica fraterna nonche’ prodotto dell’Individualismo libertino e dell’amoralità capitalistica”. Su questo possiamo essere d’accordo. Ma rimane una critica psicologica e morale all’opportunità del Matrimonio, e non ne intacca il significto organizzativo ed economico.

  3. armando
    6 Novembre 2014 at 14:21

    Rimane la mia obiezione. La famiglia come luogo di riproduzione del Capitale? Ma poichè esisteva anche prima del capitalismo, lo era anche dei rapporti sociali che l’hanno preceduto, vale a dire che non è la sua funzione principale.
    Si potrebbe dire invece che la famiglia è compatibile con più tipi di rapporti sociali. Con tutti? A mia opinione no o non più. Certamente si col capitalismo industriale così come col socialismo reale, ma non più col capitalismo globalizzato e finanziarizzato, che presuppone, come è la sua essenza, legami psicologici labili, sfuggenti, una estrema mobilità delle persone come dei capitali, cambi di lavoro (quando c’è) continui, etc. etc. Insomma una instabilità programmata. Che poi voglia chiamare famiglia anche un’aggregazione di persone con quelle caratteristiche, la dice lunga sull’abilità del capitale di svuotare i concetti dall’interno perchè cambiarne anche l’involucro non sarebbe capito. Ecco allora le famiglie arcobaleno, quelle gay etc. etc. comprese le “famiglie funzionali” inventate in Toscana dalla comunità del Forteto con entusiasti encomi (e finanziamenti) di politici (di sx), giornalisti, attori e persino preti che l’esaltavano come modello educativo innovativo, svalutando con ciò la famiglia tradizionale. Non mi dilungo perchè chi vuole può documentarsi ormai ampiamente, anche sul web. Dico solo che il rovesciamento dei contenuti di un concetto equivale a rovesciare il concetto stesso. Ergo: la famiglia rovesciata può anche essere il luogo di riproduzione dei rapporti sociali attuali, ma allora si divrebbe cambiarne il nome.

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