Quote rosa, doppi standard e geometrie variabili

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Oggi, scherzando, ho risposto trollando sulla bacheca di un amico riguardo ad una foto che ritrae alcune hostess con l’ombrello in mano a riparare gli ospiti di non-so-cosa-e-non-mi-interessa.
Poi però ho visto che la polemica femminista sulla “questione di genere” è montata, portata avanti dall’autorevole intellettuale Giulio Cavalli sull’ancor più autorevole testata Left, con il coro di sottofondo dell’intera stampa progressista, e poiché la questione è seria – non scherzo: seria anche se capovolta e imposta dalle elitè con un esercizio di egemonia culturale restituita sotto forma di spurgo termoidraulico – allora ci scrivo su un bel post.
Io SONO PER L’ASSOLUTA UGUAGLIANZA e parità di genere.
E poiché non mi piacciono le mezze misure in tema di diritti fondamentali, e quello della parità di diritti tra uomini e donne lo è, allora vorrei rilanciare.

Posto che le “quote rosa” sono una sorta di riserva calata dall’alto, bisognerebbe puntare ad avere una reale ed effettiva parità numerica in ogni campo dell’umano agire. Non solo, dunque in Consiglio dei Ministri e in Parlamento. Non solo nei CdA e nelle mansioni dirigenziali. Ma anche nei mestieri impegatizi. E poiché il lavoro è il mezzo attraverso il quale l’essere umano si realizza spiritualmente, materialmente e socialmente, vorrei che tale uguaglianza si manifestasse in ogni settore: vorrei vedere il 50% di donne anche in miniera, in fonderia, in catena di montaggio, nei cantieri, nei reparti d’assalto dell’esercito, nei turni notturni e nei reparti di ordine pubblco delle forze dell’ordine.
Parimenti, ci deve essere una sostanziale parità nel numero di esseri umani che emigra in solitudine per dare sostentamento alla propria famiglia, cosi come nel numero delle risorse accolte. Essendo queste utime costituite per circa il 75% da maschi, che questi rimangano a bordo fin quando non saranno “salvate” donne in numero equipollente.
Ovviamente, in nome dell’uguaglianza di genere, è ora di finirla con l’identificazione della donna con il ruolo di madre, quindi la maternità deve essere abolita e considerata alla stregua di un qualunque impedimento fisico, per il quale è prevista la “malattia” con tanto di visita fiscale: non appena le condizioni post parto sono tali da permettere una normale attività fisica si torna al lavoro, lasciando il figlio a casa con il papà. O genitore B, se si preferisce.
C’è poi un ulteriore, gravissimo, vulnus di genere in Italia: quello della scelta del coniuge collocatario del minore nei casi di affido congiunto: di prassi viene applicato il criterio del “maternal preference”, prassi consolidata da una sentenza della Cassazione del 2016 che, pur se confutata due mesi più tardi dal Tribunale di Milano, trova riscontro in una casistica prossima al 95%. L’altro coniuge – appunto il padre uomo maschio maschile nel 95% dei casi – viene considerato “frequentatore” e può vedere il figlio per un 15% del tempo complessivo. Oltre a provvedere al mantenimento. Oltre a dover lasciare l’abitazione – anche se di sua proprietà o di proprietà della di lui famiglia – al coniuge collocatario. moglie madre donna femminile, appunto. Principio questo sposato da quella Magistratura con cui si sta “senza se e senza ma”, come ci avete insegnato voi di Se Non Ora Quando durante la terribile dittatura berlusconiana.
Circostanza questa del “maternal preference” – sia detto di passaggio – che a rigor di logica dovrebbe chiudere ogni dibattito anche sull’adozione da parte di coppie gay “uomosessuali” se, come appunto stabilito dalla Magistratura con cui si sta senza se e senza ma, “il principio trova fondamento nell’instaurazione da parte del figlio di un rapporto di stretta dipendenza fisica e materiale dalla madre, dal punto di vista delle esigenze primarie di vita”.
Visto che si parla di magistratura e di Tribunali direi che sarebbe auspicabile anche che in caso di parità di reato e contesto, la pena inflitta sia altrettanto paritaria, non come ora che lo Stato maschilista e patriarcale commina pene mediamente di gran lunga superiori ai masculi dominanti.
Detto dell’aspetto giuslavorativo e giuridico, sarebbe poi preferibile che il numero di incidenti mortali sul lavoro fosse quanto meno simile, giacché ora il circa cento per cento delle morti bianche riguarda l’ “Uomo Beta” con i piedi puzzolenti. Vi avviso: le statistiche che contano le pochssime morti femminili considerano “morti bianche” anche quelle causate da incidenti duranti gli spostamenti da e verso il luogo di lavoro.
Eppoi, una questione di costume, anch’essa gravissima, che porta l’Italia ad essere un Paese simile più all’Arabia Saudita che alle moderne democrazie liberali: quella delle gentilezze. E’ ora di dire basta a questi uomini sopraffattori che si fermano ad aiutare una donna che ha forato una gomma, basta con questo atteggiamento violento e maschilista di chi regala un fiore, offre una cena, si propone per caricare i pacchi più pesanti o cede il passo innanzi a un portone!
Per finire, una piccola tirata d’orecchie alla nostra pur sensibile stampa nazionale: è ora che non solo l’Uomo goda della ribalta con il titolo di “femminicida”, diamine! Che sia concesso anche alle donne un qualche status simile. A tal proposito consiglio il termine “infanticida” considerando la prerogativa femminile del disfarsi di neonati in preda a raptus da depressioni e/o psicosi post partum. Inoltre che sia concesso anche poter scrivere editoriali sul sempre eccellente CorSera come quello dell’ottimo Gramellini che stablisce senza possibilità d’appello che “la cifra del maschio è l’irresponsabilità”, e senza indignazione alcuna si possa affermare a mezzo stampa che la cifra della femmina sia quella della frivolezza, tanto per rimanere sul più sciatto dei luoghi comuni.

Ecco, io anelo con tutto me stesso a una società finalmente egualitaria, nella sostanza e nella prassi, nel diritto e nel costume, perché i diritti e la questione di genere sono una cosa molto seria e non ammettono doppie morali e/o logiche a geometrie variabili.

Concludo ringraziando pubblicamente le signore Boldrini, Cirinnà, Fedeli e Boschi, e la loro claque arcobalenata per aver finalmente aperto gli occhi a un povero maschio predatore per natura e violento prevaricatore per cultura.

Devotamente vostro, polemicamente ma neanche troppo.

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Fonte foto: angolodell’amicizia.forumfree.it (da Google)

4 commenti per “Quote rosa, doppi standard e geometrie variabili

  1. Alessandro
    4 luglio 2017 at 23:50

    Ritornando all’episodio degli ombrelli, bando all’ipocrisia, se a reggere gli ombrelli ci fossero stati uomini e sedute a parlare donne il caso mediatico non sarebbe mai sorto o idem se le donne avessero tenuto gli ombrelli ad altre donne sedute.
    Rimane, a prescindere dell’appartenenza di genere dei protagonisti seduti e in piedi, una scena di cattivo gusto, che testimonia ancora una volta quanto una certa classe politica si sia abituata a un trattamento di favore, tanto da non percepire più il limite tra cattivo e buon gusto.
    E stupisce ancora una buona volta la capacità della lobby femminista di non farsi sfuggire nulla, di setacciare tutto, censurando all’occorrenza o dando invece rilevanza a particolari quasi invisibili. Il KGBF non dorme mai!

  2. Francesco Toesca
    5 luglio 2017 at 1:15

    La vicenda degli ombrelli vede solo donne a reggere poiché nello staff erano state assunte per l’evento SOLO DONNE. Da ciò si deduce una invidiabile capacità nel voltare le frittate: prima non si assumono uomini ma solo donne (magari anche questo dovrebbe essere considerato discriminazione della donna?) e poi si dice che le donne vengono usate per gli ombrelli. E chi doveva reggere, di grazia, quegli ombrelli? gli uomini esclusi da quella giornata di impiego perché portatori di sesso maschile?

    • Fabrizio Marchi
      5 luglio 2017 at 8:52

      Esatto…ma lo strabismo dell’apparato mediatico-ideologico dominante nonchè delle sue sostenitrici e sostenitori è ben noto…

    • Alessandro
      5 luglio 2017 at 9:56

      Negli articoli dedicati all’episodio che ho letto non si fa assolutamente menzione di persone assunte per l’evento, ma semplicemente di “volontari”. Se è stata taciuta la verità che scrivi, allora siamo all’ennesima testimonianza della gravità della situazione.

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