Oggi voglio raccontarvi di un
omicidio banale quanto tragico, avvenuto lo stesso anno in cui veniva ucciso
Sergio Ramelli, celebrato in questi giorni dalla destra atlantica asservita a
tutti i poteri multinazionali e plutocratici attualmente al governo.
Negli stessi giorni che il
giovane militante fascista cadeva vittima di un agguato politico, tante erano
le vittime quotidiane degli squadristi fascisti che in quel periodo,
soprattutto nella prima parte degli anni ‘70 e almeno fino al 1978,
imperversavano in alcune zone, borghesi ed altolocate, delle
città italiane, soprattutto Roma,
Milano, e Napoli e Bari al sud.
Quando andava bene, gli
sventurati, magari solo in base ad un abbigliamento ritenuto non congruo o ad un
giornale “sbagliato” nella tasca del cappotto, o peggio segnalati
come esponenti comunisti o socialisti ( sono allergico alla parola
“sinistra” ) si prendevano 20 giorni di prognosi quando andava
bene.
Quando andava male finivano in
prognosi riservata, oppure accoltellati a morte, come Aldo Brasili,
uscito di sera con la fidanzata, reo di aver gettato in terra un farneticante volantino
fascista, distribuito con il solo scopo di provocare.
Aldo Brasili, che in questi
giorni non ricorda NESSUNO, fu stroncato nel fiore dell’età per nulla da una
banda di debosciati violenti e balordi, rampolli della Milano bene e di
sottoproletari in cerca di fortuna. Queste erano le due semenze del
post-fascismo missino o gruppettaro di estrema destra, spesso colluso con
apparati dei servizi segreti, locali o atlantici.
Al contrario, Aldo Brasili era
uno studente-lavoratore, uno dei tanti, un “proletario” che può anche
essere dimenticato.
Erano gli anni della strategia
della tensione, oscuri a molti giovani di oggi, non per loro responsabilità, ma
a causa di una “sinistra trans-genica” o di una destra arrogante, che
chiude più di un occhio con i grandi evasori fiscali mentre toglie il
reddito di cittadinanza a chi ne ha bisogno e chiuderà ancor di più gli
ospedali, decimati anche dai governi di centro-sinistra, ora per sostenere
un “inutile riarmo”, fomentato dalla paura, creata ad arte, di un
aggressore, che serve a celare il fallimento di una intera classe dirigente
continentale.
Tutti i boatos mainstream
ricordano Sergio Ramelli, nessuno ricorda invece Aldo Brasili e Claudio Varalli
assassinati a Milano due mesi prima, così come Tonino Miccichè a Torino, Iolanda
Palladino a Napoli o Alceste Campanile in Emilia, e decine di altri caduti o
feriti per mano neofascista.
Per questo, per
autodifendere dalle aggressioni fasciste le scuole, le fabbriche e i quartieri,
sorse la pratica dell’ ANTIFASCISMO MILITANTE, che non era, come nel caso
dei “pariolini” (lo stesso quartiere di Calenda) o dei “sanbabilini” (i ricchi fighetti
borghesi della Milano nera), una sorta di svago nel tempo libero.
Questo non lo ricorda nessuno.
Forse è il caso di ragionare e
ricordarlo ai più giovani o a quelli affetti dall’alzheimer politico dilagante.
Quando si chiedono i documenti ad una giovane esercente ad Ascoli Piceno, segnalata per aver esposto uno striscione che ricordava il 25 aprile all’entrata del proprio negozio, forse sarebbe il caso di indignarsi, mobilitarsi….”muovere il culo “, per evitare un peggio che stavolta sarebbe una tragica farsa.
Fonte foto: Giffoni Film Festival (da Google)