8 e 9 giugno, il referendum per un possibile cambiamento


L’8 e il 9 giugno p.v. i cittadini sono chiamati a pronunciarsi rispetto a cinque quesiti referendari, quattro dei quali riguardano il diritto del lavoro, nello specifico:

  • “contratto di lavoro a tutele crescenti”, questo quesito riguarda il jobs act e propone l’abrogazione della disciplina del lavoratore illegittimamente licenziato. Nelle imprese con più di 15 dipendenti il lavoratore licenziato illegittimamente non ha diritto al reintegro nel posto di lavoro;
  • “piccole imprese sotto i 15 dipendenti – Licenziamenti e relativa indennità” , la norma vigente in caso di illegittimo licenziamento  prevede un risarcimento massimo non superiore alle sei mensilità;
  • “ abrogazione parziale di norme in materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, durata massima e condizioni per proroghe e rinnovi.  Il quesito attraverso l’abrogazione parziale della norma, reintrodurre l’obbligo della causale per i contrati di lavoro inferiore ai 12 mesi;
  • “esclusione della  responsabilità solidale del committente, dell’appaltatore e del subappaltatore per infortuni subiti dal lavoratore dipendente di impresa appaltatrice o subappaltatrice, come conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici. Attraverso l’abrogazione della norma verrebbe ampliata la responsabilità dell’azienda che commissiona l’appalto.
  • Il quinto quesito referendario riguarda l’ acquisizione della cittadinanza italiana. Con l’abrogazione della norma in essere lo scopo è ridurre da 10 a 5 anni il tempo necessario per l’acquisizione della cittadinanza.

La domanda che in molti ci poniamo è perché andare a votare considerando che ad aver promosso il referendum sono gli stessi che, con modalità diverse, hanno taciuto se non addirittura approvato quegli stessi provvedimenti che oggi chiedono ai cittadini di abrogare.

La ragione per la quale bisogna andare a votare, nello specifico mi riferisco ai quesiti che riguardano il diritto del lavoro, è che il voto potrebbe segnare una inversione di tendenza rispetto alla cultura del lavoro attualmente dominante. A partire dagli anni ‘90 del secolo scorso, nel nostro ordinamento giuridico, sono state introdotte una serie di novità che hanno peggiorato la condizione dei lavoratori sia dal punto di vista economico che in termini di diritti e tutele. L’idea che in questi anni è passata è che l’essere precari, fluidi, disposti ad accettare le sfide del mercato fosse indice di libertà e di merito individuale. A distanza di anni si scopre che la narrazione sul merito e sulla libertà individuale nascondeva solo forme barbare di sfruttamento. Della perdita del lavoro, del salario basso, degli incidenti sul lavoro, ad essere incolpato non è il sistema economico e produttivo ma il lavoratore stesso il quale viene stigmatizzato come un individuo incapace di cogliere le occasioni offerte dal mercato.

Il quinto referendum riguarda l’acquisizione della cittadinanza da parte dello straniero arrivato in Italia. Questo quesito referendario, mascherato dietro l’egualitarismo e un  umanitarismo ideologico, è funzionale alla logica del capitalismo neoliberale che alloca le risorse secondo le esigenze del mercato, nel senso che i fattori di produzione vengono redistribuiti rispetto alle esigenze produttive e del profitto ignorando la questione umanitaria.  Per quanto mi riguarda la cittadinanza dovrebbe essere concessa solo a coloro che hanno contezza di quel sentire comune che deve essere il requisito minimo per potere avere la cittadinanza. Le argomentazioni a favore della contaminazione tra modelli sociali e culturali diversi è un dato storico che non bisogna analizzare in modo ideologico come invece fanno i propositori del referendum. Considerato che i quesiti proposti hanno una loro coerenza logica, sono portato a pensare che il quesito relativo alla cittadinanza sia solo una marchetta finalizzata a mobilitare gli interessi organizzati che ruotano attorno al business dell’immigrazione sperando in questo modo di alzare il quorum. Per quanto mi riguarda rispetto all’acquisizione della cittadinanza ciò che andrebbe fatto è il riconoscere la cittadinanza a tutti coloro che nascono in Italia. Il nascere in un dato paese, pur se figlio di stranieri, attiva un processo di socializzazione che porta ad una forma di interazione positiva per l’intera collettività. Anche su questo punto è possibile trarre validi insegnamenti dalla storia passata.

Dicevo, spero che il referendum dell’8 e 9 giugno segni una inversione rispetto alle politiche del lavoro fin qui perseguite, questa mia speranza è fondata sulla consapevolezza che la battaglia referendaria abbia come scopo quello di testare quanto pesa in termini elettorali il Segretario nazionale della CGIL Landini in previsione delle prossime elezioni politiche. Una buona affermazione, indipendentemente dal superamento del quorum, potrebbe essere il viatico giusto per la costruzione di un percorso politico che vedrebbe in Landini l’alternativa alla Meloni. La candidatura di Landini segnerebbe un’ulteriore passo verso quel superamento della cultura woke che vedeva la Schlein come alternativa alla Meloni. Da una parte una candidata donna bisessuale, intersezionalista  ed espressione di un modello culturale post ideologico e post moderno schiacciato sulle libertà individuali, dall’altra la Meloni espressione di valori ritenuti reazionari se non addirittura fascisti. Per cui ripartire dal lavoro significa modificare l’approccio culturale ritornando a parlare delle condizioni materiali di decine di milioni di italiani e questo indipendentemente dai gusti sessuali che restano un fatto privato.  In aggiunta bisogna tenere presente i rapporti di forza tra PD e M5S e l’impossibilità che gli elettori possano riconoscere uno dei due come guida dell’intera coalizione. E’ da anni che la CGIL si propone come cerniera tra M5S e PD proponendo in modo velato Landini come guida della coalizione. Il tema del lavoro per le implicazioni che esso ha potrebbe mobilitare l’elettorato di sinistra e in prospettiva anche di centro, soprattutto se quest’ultimo farà riferimento al nuovo corso che sembra voler inaugurare Leone XIV con il richiamo alla dottrina sociale della Chiesa. 

Fonte foto: da Google

5 commenti per “8 e 9 giugno, il referendum per un possibile cambiamento

  1. Renatorap
    30 Maggio 2025 at 12:32

    Guarda caso non si mette mai ai voti l’ingegno privilegio che hanno i sindacati, i partiti, gli enti religiosi e le cooperative di poter licenziare senza giusta causa.

    • Fabrizio Marchi
      30 Maggio 2025 at 13:36

      Concordo.

    • gerardo lisco
      1 Giugno 2025 at 22:11

      nel codice degli appalti ci sono questioni di una gravità unica che riguardano la tutela dei lavoratori, te ne citto solo un paio, la materia è molto complessa e richiede molto più di un articolo. Entrambe le questioni riguardano il subentro al precedente gestore.
      L’obbligo di rilevare tutto il personale vale per un solo anno , stessa cosa dicasi per gli accordi di secondo livello. Capisci bene che il codice degli appalti è funzionale agli interessi delle imprese. Nel codice si parla di clausole sociali da riportare nel bando di gara e nel successivo contratto di affidamento. Nel capitolato allegato al bando deve essere allegato il numero dei dipendenti con la specifica del costo di ciascuno di essi, anzianità di servizio, ruolo, ecc ecc. , il costo del lavoro non può essere assoggettato a ribasso, bisogna specificare il CCNL da applicare ma non è obbligatorio indicare il CCNL applicato dall’uscente, senza farla lunga, sono giurista di impresa e per lavoro , da responsabile acquisti mi occupo di gare e contratti, il vero problema non è rappresentato dalle soglie di affidamento, vero e proprio specchietto per le allodole, ma da tutta la materia che riguarda il lavoro. Materia che letta in combinato disposto con le modifiche apportate al diritto del lavoro a partire da Treu negli anni 90 hanno ridotto con le toppe sul di dietro milioni di lavoratori. Ultima cosa e chiudo davvero. Il risarcimento per ingiusto licenziamento, i sei mesi come tetto massimo, ammesso che venga abrogato non risolve il problema. La giurisprudenza del lavoro negli ultimi anni è stata segnata da una inversione di paradigma, ci sono sentenze che hanno sancito come giusto il licenziamento delle maestranze se utile a far crescere i dividendi dei soci della società. Dottrine giuridica importata direttamente dagli Stati Uniti.

  2. Gian Marco Martignoni
    3 Giugno 2025 at 22:13

    Intanto complimenti a Gerardo Lisco per aver sintetizzato al meglio i contenuti di questa battaglia referendaria, che si presenta ardua per ragioni assai chiare per chi segue il blog L’Inteferenza .La Cgil, nel bene e nel male, è costretta a svolgere un ruolo di supplenza politica, a fronte di un governo reazionario e di destra, che come era prevedibile intende sabotare la scadenza referendaria, poichè sostiene senza alcun pudore il capitalismo fondato sul piccolo è bello. Pertanto, nessun freno allo sfruttamento sul lavoro, morti ed infortuni compresi, e alla subordinazione paternalistica dei lavoratori e delle lavoratrici. I referendum perseguono l’opposto di quanto in termini di deregulation si è affermato nel nostro paese a partire dal pacchetto Treu del 1997, ricordo con l’avvallo di Rifondazione Comunista, che sognava con il trombone Fausto Bertinotti in contraccambio una più che utopica riduzione dell’orario a 35 ore settimanali. Lascerei perdere le storie su Landini in contrapposizione alla Meloni, in quanto con la dietrologia non si va da nessuna parte, stante che il partito che comanda la coalizione è sempre il Pd ,con la sua cerchia di notabili, compreso quel cialtrone di Veltroni , che doveva andare in Africa, ed invece è ancora in mezzo ai coglioni.

    • Fabrizio Marchi
      3 Giugno 2025 at 23:46

      Concordo, ovviamente.

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