Il silenzio sui
referendum, ancora una volta, conferma la deriva conservatrice dei partiti
dell’arco parlamentare uniti nella reazione. In una realtà dominata dalla
comunicazione le informazioni sui referendum potrebbero scorrere con efficiente abbondanza, invece il silenzio
regna. Il totalitarismo liberista ancora una volta dà prova della sua
esistenza. Sul patriarcato che non c’è o sul fascismo la cui storia reale si è
chiusa nel 1945 le informazioni, le immagini e gli slogan continuano ad
occupare spazi e dibattiti, mentre sul lavoro si muore, ci si ammala ed è
vissuto come una prigione senza prospettiva. Sul lavoro si diventa poveri
materialmente e nello spirito. Il totalitarismo liberista ha tratti psicotici e
spettrali per deviare l’attenzione dalla realtà-verità dello sfruttamento,
ormai condizione estesa all’intero arco della giornata, sospinge i popoli verso
falsi obiettivi che servono al liberismo per autolegittimarsi. Lo sfruttamento
è nel tempo libero condizionato dalla presenza ossessiva di pubblicità e di
modelli sociali che trasformano la persona in consumatore compulsivo.
Le pubblicità
rappresentano uomini che lavano e stirano, mentre le donne cantano e ballano.
Ad un esame critico minimo è palese che in realtà si vuole introdurre una nuova
forma di “patriarcato” nella quale uomini e donne sono accumunati
dall’adorazione idolatrica per il potere. Le donne liberate dal “patriarcato”
possono dominare, a loro si offre il “potere” e non certo l’emancipazione. La
nuova eguaglianza (finta naturalmente) è il libero accesso al dominio a
prescindere a dai generi e dagli orientamenti. Le nuove strategie di
condizionamento hanno il fine di salvaguardare la sopravvivenza del male: la
logica padronale. In questo clima di “uguaglianza di genere” in funzione della
naturalizzazione del potere, non importa se essere uomo o donna, fondamentale è
possedere il potere ed essere “padroni”. Tale prospettiva rende gli uomini e le
donne egualmente perdenti, poiché dove
la logica padronale domina ogni essere umano è umiliato nella sua natura
razionale e solidale. Dunque il liberismo adattandosi alle nuove contingenze storiche da
esso stesso poste sta affermandosi tra gli sfruttati in modo nuovo, esso,
mentre necrotizza la dialettica democratica, riafferma le logiche padronali
mediante la “lotta artificiale al patriarcato”. Il potere della comunicazione, il quale è ormai il fondamento del capitalismo, non produce
cultura e non lascia spazio alla politica. Quest’ultima è pubblica ragione, è
dibattito critico nel quale le coscienze hanno la possibilità di praticare
l’emancipazione dalle visioni ideologiche che il sistema produce. In un clima
di riduzione sempre più avanzato del dibattito politico, la comunicazione
gestita e posseduta dai potentati capitalistici è parte della pratica della disinformazione. L’immagine è
mutila del concetto e le parole sono svuotate di significato. La razionalità
non produce concetti e non infrange il “politicamente corretto”, ma erge
barriere capziose intessute di falsi problemi e di prospettive inquietanti mai
vagliate dal pubblico dibattito. La discussione anch’essa è stata sostituita
dalla sua forma degenerata della chiacchiera e dell’insulto. Naturalmente in un
simile contesto i referendum sul lavoro (4 di essi lo sono, mentre il quinto è
sulla cittadinanza) sono avversati.
Il lavoro è
sfruttamento, i due termini ormai sono indisgiungibili, sul lavoro si muore
(quasi tutti uomini) e dal lavoro non si esce più, quando c’è, in quanto l’età
pensionabile è aberrante (67 anni) e quando si arriva ad essa si è “premiati
con una pensione da fame che decreta il pensionato non più cittadino ma plebeo”.
I servizi sociali sono privatizzati, per cui ad essi si accede per censo. Il
sistema liberista ad una visione attenta e che non necessita di grandi capacità intellettuali si svela
nella sua verità: la violenza. Dinanzi ad una tale realtà e verità bisogna
preparare la contro egemonia, questo è il compito del nostro tempo. La contro egemonia
non è comunicazione ma informazione e cultura politica. A tal fine è necessario
utilizzare i canali comunicativi come mezzi per far giungere informazioni che
possano essere d’ausilio per una nuova coscienza collettiva senza la quale
nessuna opposizione può trovare forma in organizzazione partitiche, la cui
radice viva è il popolo in movimento che come magma prende forma e
consapevolezza nell’organizzazione. In questo momento storico in cui “comunicazione
ideologica e silenzio della ragione politica” sono l’uno il volto dell’altro,
gli uomini e le donne di buona volontà devono attivarsi per informare in modo
critico. Ciascuno può partecipare alla contro egemonia, per tale lavoro dello
spirito non servono grandi mezzi ma volontà, e senso etico. Nel privato, sui
posti di lavoro, nelle famiglie e sulla rete si deve informare, bisogna aprire
spazi di dibattito in modo che il malessere, ormai diffusissimo, possa trovare
forme di espressione e di impegno senza i quali nulla è possibile e nulla
accadrà. La contro egemonia ha lo scopo
di umanizzare le relazioni introducendo nel nichilismo crematistico e padronale
parole che possano diventare “azioni” e “progetto politico”. Informare sui
referendum, mentre partiti e TV tacciono, può essere il modo per iniziare un
nuovo processo di consapevolezza, poiché è ormai chiaro ed evidente che il
potere vuole ed esige che i lavoratori debbono subire il lavoro e lo
sfruttamento e debbono essere solo strumenti reificati da usare, consumare e
logorare e buttar via. Sta ad ogni lavoratore e ad ogni giovane farsi portavoce della contro egemonia. Il
dominio ci vuole “ciechi” con l’abbaglio dello spettacolo e delle parole che
muovono verso la derealizzazione. La contro egemonia ha il compito, non facile,
di restituire allo sguardo la sua capacità di guardare la “gorgone del
capitale” senza percepirsi impotenti e schiacciati da forze fatali. In ogni
momento possiamo riprenderci lo sguardo e donarlo ad altri in modo che la
storia riprenda il suo cammino. Si può essere sconfitti, ma questo è
irrilevante, in quanto la contro egemonia necessita di tempo e di fermezza ed
essa una volta messa in moto non potrà che rafforzarsi, in quanto lo svelamento
della menzogna non può che essere il catalizzatore di uomini e donne, poiché
gli esseri umani da sempre cercano la verità anche se dolorosa, poiché solo
nella verità si è liberi ed umani.
Informiamo sui
referendum, dunque, e che sia l’incipit
per un nuovo percorso di socializzazione della verità. Per socializzare
destini, esistenze e modi di produzione bisogna prima di tutto socializzare la
verità, nessun percorso progettuale sopravvive senza lo spirito della verità
pensato, discusso e vissuto. La prima
verità palese eppur celata è che il lavoro è sfruttamento e di questo non si
deve tacere. Il lavoro è sfruttamento in Italia come in Europa; il liberismo
egemone a livello globale ha desacralizzato il lavoro e lo ha reso merce. Il
ricatto della disoccupazione a causa del portento tecnologico è l’abile mezzo
per impaurire e tacitare. Oggi siamo tutti proletari, in quanto non decidiamo
nulla e siamo solo passivi esecutori di un sistema irrazionale che ci ricatta,
perché siamo sostituibili con le macchine. Anche di questo si deve informare e
i referendum possono essere un’occasione politica.
Siamo nella caverna platonica della disinformazione e da essa non si esce da soli, ma solo con la prassi comune e ritrovando le parole che l’egemonia capitalistica ci ha rubato, riconquistare le parole è il modo più vero per salvare le nostre esistenze nella loro totalità individuale e sociale.
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