Normalità del male


L’attacco di Israele all’Iran è attacco frontale ai paesi BRICS. Siamo dinanzi all’ennesimo capitolo della guerra delle oligarchie occidentali contro la nascente resistenza alla globalizzazione occidentale. L’Iran è alleata della Russia e della Cina, pertanto è evidente che attaccando l’Iran ancora una volta l’intento è indebolire e provocare La Cina e la Russia. Israele è il clone degli Stati Uniti in Medio Oriente, pertanto ambisce a diventarne potenza egemone e scudo statunitense. Nel gioco delle parti Netanyhau si erge a combattente, in difesa, del popolo ebraico; gli Stati Uniti di Trump svolgono la funzione di moderati che invitano ad accordi. Sappiamo bene che molto difficilmente Israele avrebbe agito senza il consenso USA. Le regole del diritto internazionale sono state violate e sappiamo che gli accordi politici valgono meno di niente in un sistema che ha fatto della forza militare l’unico strumento di soluzione dei conflitti e mezzo per risolvere la contrazione degli affari. Guerra e affari spiegano molto ma non tutto. Il liberismo è dinanzi a noi con la sua verità che gronda di sudore e sangue. É il volto mortale del nichilismo.  Il più forte domina, il più debole brucia e scompare nei fumi e nelle polveri delle devastazioni immani. Israele attacca, dunque, mentre i fumi dello sterminio dei palestinesi sono visibili in televisione e in ogni media. L’opposizione interna israeliana sembra non esistere e anche l’Occidente, mentre assiste allo sterminio in diretta di un popolo, resta indifferente.

Passeggiare in una qualsiasi città occidentale è esperienza spettrale. L’estate si avvicina e tutto procede come se nulla fosse. La realtà e la verità sono state tagliate fuori dai gesti, dai comportamenti e dalle parole. Gaza brucia e siamo ad un passo dall’abisso, ma ci si scopre, si seduce e si organizzano le vacanze. Tutto sembra come sempre. Nei discorsi al bar o a scuola non vi sono discussioni, ma regna la chiacchiera, si aderisce ad essa volontariamente, si ride e si scherza. Il fumo di Gaza potrebbe trasformarsi in un fungo nucleare, ma ciò non smuove il popolo che corre ancora una volta verso la mangiatoia estiva. Coloro che sollevano il problema sono trattati con sufficienza. Non è moralismo, ma è un dato di fatto che dovrebbe inquietare e sollevare dibattiti e con la catena dei “perché” mostrare la decadenza etica e politica dell’Occidente, la quale non abita sull’Olimpo ma nella vita dell’Occidentale medio. Le ragioni dell’indifferenza sono tante e convergono verso un punto nodale, dopo decenni di individualismo becero e narcisistico l’occidentale medio non è più capace di sollevare lo spirito verso interessi che non siano semplici calcoli personali finalizzati alla soddisfazione edonistica del proprio “io estroflesso”. Ci si mostra nei social ma il mondo è oscurato e l’odore della carne che brucia non giunge fino a noi. La banalità del mostruoso è ovunque.  Le nuove generazioni sono addestrate in serie all’insensibilità sociale e al culto idolatrico del desiderio sociale. Il mondo interconnesso si è nei fatti chiuso nello spazio del “video ergo sum” e alla politica tanto che le urla e le ceneri di Gaza non provocano reazione alcuna; il dolore degli altri è estraneo e straniero, mentre il pianeta diventa un parco giochi per guerre e vacanze. Colpa e innocenza si mescolano all’impotenza, in quanto il sistema liberale ha insegnato ai popoli che si può votare ma il voto può essere ribaltato e calpestato.

Siamo dinanzi a un ginepraio doloroso di cause e di effetti che spiegano, certamente parzialmente, la banalità del male. La novità è che si uccide senza più usare il linguaggio dei “bombardamenti etici”. Non si fa appello ai diritti universali calpestati, ma solo alla forza, è il segno, e loro lo sanno, che hanno prodotto un’opinione pubblica incapace di scandalizzarsi dinanzi al “male”, perché ha introiettato la grammatica emotiva del liberismo. Nessun moralismo, solo il tentativo di comprendere “perché” non accade nulla, “perché” si corre verso l’irreparabile e gli innocenti cadono, ma tutto sembra scorrere tra feste e chiacchiere come se vivessimo nel migliore dei mondi possibili, intanto il pianeta brucia. Non ci sono per le strade neanche i giovani che durante il periodo invernale-scolastico disertavano le scuole per protestare contro l’inquinamento e per l’economia green. Guerre ed ecologia non sono certo un bel binomio.

Insomma le domande sono tante e le risposte dolorose. Ciò malgrado dobbiamo agire e sperare in una debita risposta singolare e collettiva, in quanto l’essere umano resta pur sempre “umano” e ha mostrato capacità di agire e di uscire dall’abisso del male che ha nell’indifferenza generale la sua forma ammaliante e distruttrice.

Oggi sono sotto attacco stati che sono nevralgici per gli interessi delle oligarchie, sono nazioni che hanno identità culturali e linguistiche forti e millenarie e, dunque, resistono e si oppongono all’anglo-globalizzazione, anche questo è un dato di fatto su cui dovremmo riflettere per difendere la nostra identità e per unirci ad un mondo plurale di cooperazione.

Fonte foto: Focsiv (da Google)

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