Un mondo senza sionismo


La risposta di Hamas all’ultimatum di Trump e Netanyahu ha il merito di ributtare dall’altra parte il frutto avvelenato degli imperialisti. Da una parte, come si può leggere nei loro comunicati, i leader della Resistenza palestinese cercano di sfruttare l’occasione diplomatica per allentare la morsa terroristica ai danni del loro popolo. Dall’altro dimostrano per l’ennesima volta che la Resistenza è tutt’altro che morta.

La liberazione degli ostaggi, ora che i sionisti si sono spinti così in avanti, rischia di produrre conseguenze imprevedibili nel campo imperialista. Non ha tardato a manifestarsi lo “stupore” del governo sionista verso le parole di Trump che si è espresso favorevolmente verso l’apertura di Hamas. Se per Tel Aviv la risposta di Hamas era da considerarsi come un rifiuto del piano americano (e quindi il via libera alla ripresa del genocidio), per Trump si tratta di un “gran giorno”. Va da se che le parole del presidente americano hanno lo stesso valore di una banconota da sette euro, ma resta il fatto che le crepe per il governo israeliano sono sempre più profonde. Il rilascio degli ostaggi, in cambio di una tregua, toglierebbe l’ultimo alibi ai sionisti e ai loro amici di tutto il mondo.

Negli ultimi mesi abbiamo assistito a un progressivo spostamento del mainstream da posizioni di aperto negazionismo rispetto al genocidio a posizioni “umanitarie”. Il leit motiv della stampa imperialista, pronunciato in tutte le salse dai nostri commentatori, era: “Hamas rilasci gli ostaggi e la guerra finisce un minuto dopo”. Tolto questo ultimo pannicello, la credibilità delle nostre istituzioni (inclusa la stampa di regime) è ormai definitivamente persa. E anche se si tratta di una vittoria politica, per chi nel decrepito Occidente lotta contro l’imperialismo, essa è stata costruita esclusivamente col sangue del popolo palestinese. Ciò non toglie che si tratti di un’opportunità strategica per rilanciare una prospettiva rivoluzionaria anche dalle nostre parti.

Il gigantesco successo del movimento sceso in piazza in queste ultime settimane, la vittoria della Global Sumud Flottilla, devono però accendere una lampadina nella testa di chi è più attivo nel movimento. Ciò almeno per tre aspetti:

1) il trascinamento della sinistra istituzionale nelle manifestazioni di piazza rappresenta la comparsa di una potenziale serpe in seno. L’opportunismo da sempre lavora per non farsi scavalcare nella gestione delle masse e quando si accorge di una pericolosa frattura è capace di capriole rocambolesche. Una volta piazzati “in casa”, questi trojan hanno armi consolidate per fiaccare la spinta del movimento. Se riescono a legittimarsi nei processi decisionali , hanno ottime possibilità di fiaccare la resistenza. 2) Rispetto al genocidio, lo spostamento del mainstream su posizioni non più negazioniste nasconde il pericolo di circoscrivere al governo attuale di Tel Aviv le responsabilità del genocidio. Lasciar passare questa tesi rappresenterebbe la più importante delle sconfitte. Il nemico non è Netanyahu (come – per fare un esempio – propone un Nanni Moretti qualunque). Il nemico è il sionismo di cui è integralmente imbevuto il popolo israeliano. Quando scrivo “integralmente” non sostengo che non ci siano voci – anche importanti – di dissenso all’interno della società civile israeliana. Dico invece che queste voci sono totalmente ininfluenti rispetto alla funzione che il sionismo svolge nella regione e nel mondo intero. Prova ne sia che anche tra gli ebrei fuori Israele le posizioni di dissenso si sono contate sulle punte della dita di una mano. Arginare qualunque tentazione di compromesso su questo punto è un ulteriore obiettivo strategico. Non esiste possibilità di governo “buono” con il regime sionista. Scrivono i combattenti della resistenza palestinese di Hamas nel loro statuto del 2017 “Hamas rifiuta la persecuzione di qualsiasi essere umano o la soppressione dei suoi diritti per motivi nazionalistici, religiosi o settari. Hamas ritiene che il problema ebraico, l’antisemitismo e la persecuzione degli ebrei siano fenomeni principalmente legati alla storia europea e non alla storia degli arabi e dei musulmani o al loro patrimonio culturale. Il movimento sionista, che è riuscito con l’aiuto delle potenze occidentali ad occupare la Palestina, è la forma più pericolosa di occupazione coloniale che è già scomparsa in gran parte del mondo e deve scomparire dalla Palestina.”

3) Qualunque sia l’esito di questo genocidio e qualunque sia l’esito della lotta palestinese, essa ci lascia in eredità un messaggio gigantesco. Un messaggio che non potrà mai più essere dimenticato dal genere umano. Come tutti i movimenti di resistenza che l’hanno preceduta, sia vincenti che perdenti, la Resistenza Palestinese ha nuovamente dimostrato che l’imperialismo è una tigre di carta e che le sue sorti sono in antitesi a quelle del genere umano. In questo senso, la Resistenza Palestinese ha già vinto. Questa enorme conquista ci costringe a non poter accettare più un mondo dove esista il sionismo. Come accaduto col nazismo, la possibilità di riprendere una convivenza civile nei territori di tutto il mondo deve essere condizionata dalla sparizione del sionismo dal Pianeta. Difendere questo precetto è compito di tutti.

Fonte foto: da Google

3 commenti per “Un mondo senza sionismo

  1. LP
    6 Ottobre 2025 at 9:33

    Le religioni sono l’oppio dei popoli mi sembra che diceva un certo Lenin. Oggi tutte le teocrazie e dove qualsiasi religione si trasforma in entità politica sono un pericolo. Forse sarebbe il caso che esaminassimo quello che avviene in Italia. P.S.: ultimamente ho letto “La fabbrica dell’obbedienza” di Ermanno Rea merita una riflessione.

    • Fabrizio Marchi
      6 Ottobre 2025 at 11:30

      Lo diceva Marx. Presumo però che Lenin condividesse il suo pensiero…

  2. Claudio
    6 Ottobre 2025 at 16:52

    Va anche evidenziato che gli ebrei israeliani rappresentano solo 1/4 dei sionisti:
    6’ 13” – 9’ 07” https://youtu.be/9CAajrQn4tc .

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