Riceviamo e volentieri pubblichiamo:
Un cuore semplice. Possiamo dire così di questo grande, umile, gentile uomo, rivoluzionario ed ex presidente dell’Uruguay, che è scomparso ieri a 89 anni per un tumore all’esofago?
Un cuore semplice è il titolo di un racconto di Gustave Flaubert, denso, toccante, bellissimo. La protagonista è Félicité, una donna che rimane scolpita nella mente dei lettori per la sua semplicità disadorna e la capacità di vivere con coraggio le privazioni, le perdite, le continue sottrazioni a cui la vita la sottopone, perché, in fin dei conti, vivere è resistere a ciò che la vita ci riserva, accontentandosi di poco, amando sempre qualcuno, sia pure un piccolo pappagallo o dei cani meticci, raccolti per strada e curati con gratitudine.
Pepe Mujica aveva attuato la sua rivoluzione scegliendo il disarmo in tutto, lui che aveva fatto la lotta armata e mai l’aveva rinnegata, un disarmo che abbraccia uno stile di vita, una visione del mondo, un modo di dire e di pensare nelle relazioni umane e nello spazio del tempo assegnatoci su questa terra.
Vita di un uomo è il titolo del libro che raccoglie tutte le poesie di Giuseppe Ungaretti, da l’Allegria a Nuove, in cui il percorso artistico del poeta si intreccia fortemente con le vicende che gli occorsero. E se dovessimo immaginare di compendiare in uno scritto la vita di José Alberto Mujica Cordano detto Pepe, basterebbe un libro per dire chi è stato, cosa ha fatto, quale strada ha indicato, quale patrimonio immateriale ci ha lasciato?
Sull’ex presidente dell’Uruguay, patria dell’indimenticabile Eduardo Galeano a lui accomunato dalla medesima ansia di un mondo giusto ed eguale e dall’essere dalla stessa parte politica nella sofferta storia dell’America latina, si trovano accurate biografie, un intenso scabro film del regista serbo Kusturica, e tanti discorsi, interviste, lettere scritte di suo pugno. Eppure, insieme, non riuscirebbero a contenere la grandezza del “potente” più spogliato, più nudo, più essenziale che il mondo contemporaneo abbia mai conosciuto.
Lasciamo allora, per rendere omaggio al compagno Mujica, che siano alcuni suoi passi a parlare. Noi lo ricorderemo con gratitudine, rivolgendogli un saluto affettuoso e gentile per l’eternità, come lo è stato lui.
Buon viaggio, Pepe.
“Noi [Mujica e la moglie, ndr] abbiamo dovuto vivere per molti anni
prigionieri, e non avevamo quasi nulla. Poi, quando siamo usciti dal carcere,
ci siamo resi conto che per vivere non avevamo bisogno di tante cose, ma di
poco. Quindi non ci serviva una casa grande, non ci servivano i domestici,
vivevamo come vive una persona comune in una famiglia comune del popolo
uruguayano. E quando sono diventato presidente, ho continuato a vivere come
prima; e quando non sarò più presidente, continuerò a vivere come prima. Perché
lottiamo per essere liberi e non mi stancherò mai di spiegare che per essere
liberi bisogna avere tempo: tempo da spendere nelle cose che ci piacciono,
poiché la libertà è il tempo della vita che se ne va e che spendiamo nelle cose
che ci motivano. Mentre sei obbligata a lavorare per sopperire alle tue
necessità materiali, non sei libera, sei schiava della vecchia legge della
necessità. Ora, se non poni un limite alle tue necessità, questo tempo diventa
infinito. Detto più chiaramente: se non ti abitui a vivere con poco, con il
giusto, dovrai vivere cercando di avere molte cose e vivrai solo in funzione di
questo. Ma la vita se ne sarà andata via… Oggi la gente si preoccupa di
comprare, in una corsa infinita […].E allora non ha più tempo per le cose
elementari, che sono molto poche e sono quelle di sempre, le uniche: le
relazioni fra genitori e figli, l’amore, gli amici… Per tutto questo c’è
bisogno di tempo!”
“L’intelligenza che si addice a un Paese è l’intelligenza
distribuita:essa non si conserva solo nei laboratori o nelle università, ma cammina
per le strade, si usa per seminare, per tornire, per manovrare una gru o
programmare un computer. Anche per cucinare o per accogliere un turista è
necessaria la medesima intelligenza: qualcuno salirà più scalini di altri, ma
la scala è la stessa. I primi passi sono identici per la fisica nucleare e per
il lavoro agricolo: quel che è
necessario, in tutte queste cose, è lo stesso sguardo curioso, assetato di
conoscenza e molto anticonformista. Se alla fine del cammino si giunge al
sapere, è perché l’ignoranza ci ha fatto sentire inadeguati. Se impariamo, è
grazie a un prurito che si acquisisce per contagio culturale fin dal momento in
cui apriamo gli occhi sul mondo. Sogno un Paese in cui i genitori mostrino ai
bambini un prato erboso e dicano loro: «Sai cos’è questo? È una pianta che
trasforma l’energia del sole e i sali minerali della terra». O che indichino il
cielo stellato e li facciano innamorare di quello spettacolo per indurli a riflettere
sui corpi celesti, sulla velocità della luce e sulla trasmissione delle onde.”
“Se dovessi consigliare un giovane che abbia voglia oggi di fare politica,
gli direi che è meraviglioso lottare per ciò che uno pensa, per quello che
sente. È necessario imparare a vivere coerentemente con quel che si pensa. Non
dimenticartelo! Vivi come pensi, altrimenti finirai per pensare come vivi. Se
ti portano a vivere in un altro modo, al tavolo del gran buffet, perché ti
sorridono, ti fanno un contratto da segretaria, ti valorizzano come braccio
destro e ti riconoscono un prestigio, non dimenticare però che quel tavolo non
è il tuo. Se devi lavorare lavora, ma mantieni i tuoi valori, le tue decisioni.
Non farti trasportare dal mondo! Questo è molto difficile nell’epoca
contemporanea”.
“Il potere non cambia le persone, mostra come sono veramente”.
Estratti dal libro: La felicità al potere (A cura di Cristina Guarnieri e Massimo Sgroi. Traduzione di Cristina Guarnieri, Silvia Guarnieri e Filippo Puzio), Edizioni EIR, 2015.
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