Sono entrambi originari della Costa d’Avorio ed è per me come un piacevole
‘giocare in casa’. Non si dimentica mai il primo amore. Sbarcato in questo
Paese nel millennio scorso, dal 1976 al ’78, la prima volta nel continente
africano. Il ritmo della lingua, i luoghi e lo stile sono riconoscibili ad occhio
e orecchio nudo. Traoré di mestiere panettiere e pasticciere nella città di
Man, nel nord ovest della Costa d’Avorio. Parte l’anno scorso, coi suoi 32 anni
e una famiglia lasciata a casa, per inventarsi un futuro diverso e più luminoso
di quello che si trova tra le mani che impastano povertà e nulla più. Derubato
come tutti i migranti dai gruppi armati
nel Mali raggiunge l’Algeria e lavora prima come panettiere e poi, al solito,
in un cantiere edile ‘cinese’ della capitale. Al momento di ritirare il frutto
el suo lavoro arriva ‘casualmente’ la polizia che spoglia i migranti di tutti
gli averi, li arresta e li deporta a Tamanrasset in un centro di detenzione. Da
li lui e gli altri saranno condotti al confine col Niger, in un luogo desertico
che bisognerà attraversare per raggiungere la prima cittadina abitata,
Assamaka.
Ali ha invece 19 anni. Non ha potuto terminare la scuola elementare e
fatica a leggere e scrivere in francese. In Costa d’Avorio era apprendista riparatore
di frigoriferi e climatizzatori. Vorrebbe imparare meglio il mestiere e mettere
da parte il capitale per viaggiare in Europa, dove i sogni si infrangono sulle
coste o ancora prima di raggiungere il mare. Per questo passa un paio di
settimane in Tunisia. Il tempo di essere deportato in Algeria e da lì, come
Traoré suo compatriota, gettato nella fascia di deserto che non separa affatto l’Algeria
dal Niger. Lui e Traoré mettono assieme i sogni confiscati dal sistema che stima
nè utile nè sopportabile accettare chi non si adegua alle norme stabilite di
sparizione programmata dei giovani per luogo di nascita. Ali e Traore sono tra
le migliaia di giovani che inventano, tessono, rischiano sogni non esportabili
o delegabili ad altri. Assumono il rischio dell’incomprensione, della
persecuzione e financo dell’eliminazione dei giovani che osano un futuro fuori
dalle regole stabilite dal sistema dominante. Diventano, malgrado loro,
rivelatori di violenza.
La stessa che accompagna da decenni la Democratica Repubblica del Congo, ex
Zaire di Moboutu Sese Seko dittatore liquidato poi dai Grandi. Ousmane di 23
anni, imbianchino senza lavoro. Abbandona la capitale dove ha il dubbio di
essere inghiottito dal nulla per la nascita in una famiglia numerosa per
andare, con un sogno nascosto negli occhi, a sfidare il Mediterraneo. Sarà
invece il mare di sabbia, il Sahara, nome che significa, per l’ appunto, mare
che pone una barriera invalicabile al suo andare. Passato il deserto algerino
sarà catturato, spogliato degli averi e imbarcato, assieme agli altri e come
pacchi postali sul camion fino alla frontiera di sabbia col Niger. Ousmane e i due
avoriani passano qualche giorno ad Assamaka, saturata con migliaia di migranti
espulsi dall’ Algeria, la Tunisia, la Libia e il Marocco. L’Organizzazione
Internazionale delle Migrazioni, a nome delle Nazioni Unite, è in difficoltà
per accogliere, nutrire e ricondurre i migranti ai rispettivi Paesi di origine.
Questa è la ragione per la quale i tre amici hanno raggiunto fortunosamente la
capitale Niamey. Scampati dal deserto Traoré, Ali e Ousmanenon vogliono
chiudere i loro giorni in un labirinto umanitario che assomiglia fin troppo
all’anticamera dell’inferno.
I sogni confiscati dal sistema non vanno affatto perduti perchè sono come
semi che seppelliti nel letame dei potenti, a loro insaputa, crescono e
prosperano. Senza darlo a vedere e ispirati da innumerevoli poeti scomparsi, si
sono messi assieme. Stagione dopo stagione e albero dopo albero si è andata
formando una foresta che nessuna cartina o rilevamento dall’alto potrà
identificare. La foresta dei sogni confiscati offre riparo e cittadinanza alle
utopie e a quelle che alcuni bollano come ‘illusioni’. Dentro la foresta si
trovano gruppi di bambini che giocano con gli animali e inseguono farfalle di
ogni tipo. Al centro del bosco c’è una sorgente d’acqua perenne che disseta i
sogni e li affida, come preziosa eredità, al vento cha passa ogni mattina di
buonora.
Mauro Armanino, Niamey, giugno 2025
Fonte foto: Il Fatto Quotidiano (da Google)