Chi paga le
colpe di una società liquida che nulla ha da offrire? Le colpe sono
pagate dai figli. Nelle tragedie greche le colpe dei padri ricadono
sui figli, oggi lo sappiamo, le inaudite colpe dei padri e delle
madri non restano confinate in recinti temporali, ma ricadono
violente e distruttive sui figli resi orfani, mentre i genitori sono
in vita. In realtà i figli del niente non sono figli, essi
semplicemente esistono e sono esposti alle violenze della storia, per
cui non possono definirsi realmente “figli” coloro che sono nati
nell’incuria e nell’indifferenza. Padri e madri indifferenti e
omologati crescono i propri figli ripetendo in modo ossessivo i
modelli capitalistici che nulla hanno di liberale, ma tanto hanno di
“totalitario”.
La solitudine penetra tra le mura domestiche, perché i padri e le madri tacciono e lasciano parlare i media con i loro slogan e con le loro immagini. Sono ormai dei posseduti che trasmettono le parole e i gesti del nuovo fascismo. Gradualmente i genitori abbandonano il loro ruolo di educatori che si esplica con la cura amorevole e che non può non prevedere il conflitto per nascere al mondo. Il conflitto è sostituito con l’omologazione e con il buonismo con le sue parole scenografiche dietro le quali si cela solo la distanza emotiva tra gli esseri umani, nella distanza i figli periscono per mancanza d’amore e di attenzione.
Figli
tracotanti e disperati sono nutriti con le tossine dell’egualitarismo
dell’ignoranza mascherata con il catechismo del diritto a tutto. I
genitori alimentano con la loro indifferenza narcisistica
l’infelicità dei figli, sempre più insensibili e sempre più
addolorati, che si aprono al mondo già privi di progettualità, essi
si limitano a ripetere stancamente e disperatamente le parole del
mercato; i loro corpi tra tatuaggi e chirurgia estetica sono resi
parte della produzione in serie di merci. L’industria dei corpi è
tra di noi: corpo mercificato e reso banale e sostituibile. La
diversità linfa della felicità perisce, mentre si affacciano alla
vita “esseri generici e superflui” che recano nello sguardo e nel
corpo le colpe dei padri e delle madri.
Il nuovo
fascismo ha lo sguardo permissivo dei genitori (e delle istituzioni
formative) che alimentano il narcisismo che rende orbi; il dolore del
mondo non è guardato e non è ascoltato. I nuovi infelici addestrati
all’obbedienza degli slogan vivono le colpe dei genitori, i quali
hanno detto il loro tragico “sì” al capitalismo e alle sue
violenze e in quel “sì” hanno offerto in sacrificio i propri
figli. In cambio hanno avuto il benessere omologato che strappa
l’anima e trasforma i figli, ormai senza padri e senza madri, in
barbari che coltivano spietatamente il corpo reso mostruoso
dall’ipertrofia dell’ostentazione.
Il nuovo fascismo è peggiore del trascorso fascismo, non è palese come il fascismo autoritario, ma conquista le anime rendendole schiave e violente con la seduzione e con la libertà informe del consumismo.
I figli nella loro immensa solitudine sono creature che incutono paura, perché hanno conosciuto solo la violenza della solitudine indotta. Nessuno li ha guardati nella loro individualità e umanità, per cui sono capaci di gesti di inaudita aggressività. No sono mai nati al mondo, sono creature ibride che oscillano tra l’essere e il niente. Privi del senso del sacro ed addestrati alla competizione su di essi cadono le colpe di un mondo di adulti che ha perso il lume del bene e si è piegato al culto del solo interesse personale da perseguire a qualsiasi costo. Ecco il nuovo fascismo nelle parole profetiche e oracolari di P.P. Pasolini:
“I figli che ci circondano, specialmente i più giovani, gli adolescenti, sono quasi tutti dei mostri. Il loro aspetto fisico è quasi terrorizzante, e quando non terrorizzante, è fastidiosamente infelice. Orribili pelami, capigliature caricaturali, carnagioni pallide, occhi spenti. Sono maschere di qualche iniziazione barbarica. Oppure, sono maschere di una integrazione diligente e incosciente, che non fa pietà. (…) La stereotipia li rende infidi. Il loro silenzio può precedere una trepida domanda di aiuto (che aiuto?) o può precedere una coltellata. Essi non hanno più la padronanza dei loro atti, si direbbe dei loro muscoli. Non sanno bene qual è la distanza tra causa ed effetto. Sono regrediti — sotto l’aspetto esteriore di una maggiore educazione scolastica e di una migliorata condizione di vita — a una rozzezza primitiva. Se da una parte parlano meglio, ossia hanno assimilato il degradante italiano medio — dall’altra sono quasi afasici: parlano vecchi dialetti incomprensibili, o addirittura tacciono, lanciando ogni tanto urli gutturali e interiezioni tutte di carattere osceno. Non sanno sorridere o ridere. Sanno solo ghignare o sghignazzare. In questa enorme massa (tipica, soprattutto, ancora una volta!, dell’inerme Centro-Sud) ci sono delle nobili élites, a cui naturalmente appartengono i figli dei miei lettori. Ma questi miei lettori non vorranno sostenere che i loro figli sono dei ragazzi felici (disinibiti o indipendenti, come credono e ripetono certi giornalisti imbecilli, comportandosi come inviati fascisti in un lager). La falsa tolleranza ha reso significative, in mezzo alla massa dei maschi, anche le ragazze. Esse sono in genere, personalmente, migliori: vivono infatti un momento di tensione, di liberazione, di conquista (anche se in modo illusorio). Ma nel quadro generale la loro funzione finisce con l’essere regressiva. Una libertà «regalata», infatti, non può vincere in esse, naturalmente, le secolari abitudini alla codificazione. (…)Le due storie si sono dunque unite: ed è la prima volta che ciò succede nella storia dell’uomo. Tale unificazione è avvenuta sotto il segno e per volontà della civiltà dei consumi: dello «sviluppo». Non si può dire che gli antifascisti in genere e in particolare i comunisti, si siano veramente opposti a una simile unificazione, il cui carattere è totalitario – per la prima volta veramente totalitario – anche se la sua repressività non è arcaicamente poliziesca (e se mai ricorre a una falsa permissività). La colpa dei padri dunque non è solo la violenza del potere, il fascismo. Ma essa è anche: primo, la rimozione dalla coscienza, da parte di non antifascisti, del vecchio fascismo, l’esserci comodamente liberati della nostra profonda intimità (Pannella) con esso (l’aver considerato i fascisti «i nostri fratelli cretini», come dice una frase di Sforza ricordata da Fortini); secondo, e soprattutto, l’accettazione — tanto più colpevole quanto più inconsapevole — della violenza degradante e dei veri, immensi genocidi del nuovo fascismo1”.
La colpa più
grave è l’accettazione dei nuovi genocidi tradizionali e
culturali. Dinanzi alla storia che mostra il volto truce del nuovo
fascismo i padri e le madri tacciono, e continuano imperterriti a
perseverare nel culto del carrierismo e dell’edonismo proprietario,
nello sguardo dei loro-nostri figli c’è la colpa terribile del
nostro tempo storico. Tutto sarà conseguenza, se continueremo per
tale doloroso percorso di distruzione.
1
Pier Paolo Pasolini, Lettere luterane I giovani infelici, Einaudi,
1976
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