A due anni dall’inizio della carneficina di Gaza l’attuale
capo politico dell’impero occidentale (ma ricordiamo sempre che nell’Occidente
non è la politica a comandare ma il capitale che sta dietro le quinte) ha
deciso che Netanyahu e la sua banda di nazisti assassini, per ora, devono darsi
una calmata e addivenire a degli accordi, con chi e perché, lo dirò fra poco. Ma
è e sarà vera pace? La risposta è ovvia
ed è no, perché si tratta di una trappola per i palestinesi.
Vediamo cosa c’è dietro questa “proposta di pace”.
Il Medio Oriente è un’area strategica per gli Stati Uniti, per
questioni economiche, commerciali, energetiche e geopolitiche, di conseguenza non
possono mollarla, costi quel che costi. Andiamo per ordine.
La Palestina è, diciamo così, l’ultima “stazione” dell’IMEC (India-Middle
East-Europe Economic Corridor), meglio conosciuta come “Via del Cotone”.
La “Via del Cotone” è una grande rete di infrastrutture, ferrovie, porti,
strade, pipeline, gasdotti, corridoi digitali ed elettrici che parte dall’India
e arriva fino all’Europa passando, appunto, per la Palestina e da lì in Europa.
Un progetto gigantesco finalizzato, oltre che alla crescita economica e
commerciale dei paesi interessati, al trasporto di una enorme quantità di merci
dall’India, come dicevo, fino all’Europa. Gli stati che hanno promosso questo
progetto sono Stati Uniti, Unione Europea,
Francia, Germania, Italia, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Un’altra
finalità di questo progetto, in questo caso di natura geopolitica e non solo economica
e commerciale, è quella di attrarre sempre più l’India nell’alveo occidentale e
(cercare di) sottrarla all’abbraccio della Cina e della Russia. Un obiettivo,
quest’ultimo, divenuto sempre più strategico e urgente per gli USA a causa del
crescente avvicinamento dell’India (dovuto anche all’ottusità delle politiche
americane, e soprattutto dei dazi, nei confronti dell’India) alla Russia e alla
Cina, in particolare dopo la partecipazione della stessa India al vertice dello
SCO (Shanghai Cooperation Organization) che si è tenuto
poco più di un mese fa proprio in Cina.
L’IMEC è stato
infatti concepito proprio per essere alternativo al BRI (Belt and Road
Initiative), meglio conosciuta come “Via della Seta”, ideata e voluta dalla
Cina. Un altro grande progetto di sviluppo che vedrebbe coinvolti, oltre naturalmente alla
Cina, anche la Russia, la Bielorussia e altri paesi dell’Asia centrale e
settentrionale e, naturalmente, l’Europa, passando per la Polonia. La “Via
della Seta” prevede anche un corridoio via mare che costeggia l’Asia
meridionale fino al Mar Mediterraneo attraverso il Canale di Suez e da lì in
Europa (Italia compresa, naturalmente). Questo progetto deve essere impedito e
anche la guerra in Ucraina, è servita in parte a questo scopo. Ma, ovviamente,
non è sufficiente.
In tutto ciò
dobbiamo aggiungere che proprio di fronte a Gaza c’è un importante giacimento
di gas che fa gola agli israeliani ma anche agli inglesi (che dal Medio Oriente
non sono mai del tutto usciti). E’ questa la ragione per cui è stato ritirato
fuori dal cilindro un personaggio sordido e inquietante come Tony Blair (un
uomo della BP, già British Petroleum) che nelle intenzioni della Casa Bianca
dovrebbe governare – insieme ad un non ben definito pool di “tecnocrati”
palestinesi e forse di altri paesi arabi (naturalmente di gradimento degli USA)
– quello che si va prefigurando come un vero e proprio protettorato per la
Striscia di Gaza. Tutto ancora da stabilire per ciò che riguarda la presenza di
una forza di interposizione, tanto più che sia l’UE (del tutto ininfluente e
supina agli Stati Uniti) che l’ONU sono stati coinvolti nelle trattative che si
sono svolte e si stanno svolgendo in Egitto.
Il piano per
la ricostruzione di Gaza è un altro gigantesco investimento che rappresenterà
(le guerre si fanno anche per questo) un volano economico per quelle imprese –
israeliane, saudite, americane, inglesi, qatariote e altre – che saranno
chiamate a spartirsi la torta di quella ricostruzione. Ma i palestinesi, tranne
forse a qualcuno tra i più ricchi e in affari con Israele e con gli USA, non ne trarranno alcun beneficio. Del resto,
quanti fra i palestinesi di Gaza disporranno delle risorse necessarie per
comprarsi un appartamento nella “nuova Striscia di Gaza”? O pensiamo che dopo
uno sforzo finanziario di quel livello (la ricostruzione di un territorio completamente
distrutto dove abitavano due milioni e mezzo di persone) le imprese regaleranno
le case ai gazawi? E’ dunque evidente che dietro a questo piano c’è in realtà
la volontà di espellere definitivamente i palestinesi dalla loro terra, anche
se si prevede che una parte di essi verrà utilizzata come massa di manodopera a
costi bassissimi.
I media occidentali
e nostrani in particolare hanno già iniziato a benedire questo piano arrivando
addirittura a definirlo come un capolavoro diplomatico di Trump. In realtà era
già stato tutto lucidamente pensato e predisposto. Si distrugge Gaza, si
mettono Hamas e in generale il popolo palestinese stremato dopo due anni di
inferno nelle condizioni di dover comunque accettare la tregua, e nello stesso
tempo anche le “petromonarchie” e i paesi arabi cosiddetti moderati (cioè servi
degli USA e di Israele) possono salvare in qualche modo la faccia millantando il
fatto che comunque hanno operato una pressione su Washington e Tel Aviv per
porre fine alla mattanza.
Così facendo
si rafforzano le relazioni fra USA, Israele e gli altri paesi arabi (Giordania,
Egitto, Arabia Saudita, Emirati e anche il Qatar) e si isola sempre di più l’Iran,
unico paese dell’area mediorientale a rappresentare una spina nel fianco dell’impero
americano. L’obiettivo del (finto) “piano di pace” è, dunque, la “pacificazione”
dell’area mediorientale, necessaria per le ragioni che ho appena spiegato. A
tal fine è necessario (cercare di) annichilire ogni forma di resistenza al
progetto americano-sionista. In tal senso l’isolamento dell’Iran potrebbe
portare anche ad un ulteriore indebolimento di Hezbollah, già duramente colpito
(ma non affondato) durante l’ultima offensiva israeliana.
Resta da vedere, naturalmente, come e se tutto ciò si realizzerà. Gli stessi americani ed israeliani danno per scontato che il vergognoso scempio umano da loro perpetrato a Gaza produrrà inevitabilmente degli effetti futuri che si concretizzeranno in varie forme di guerriglia e anche di terrorismo diffuso. Hamas non è stata debellata, Hezbollah è ancora viva e gli Houthi continuano ad essere particolarmente attivi ed efficaci nel Mar Rosso. Sullo sfondo un possibile futuro conflitto con l’Iran, ma questa è ancora un’altra (enorme) questione.