Donald Trump non riuscirà a salvare lo stato sionista


Il piano di “pace” di Donald Trump configura un’ulteriore fase del saccheggio imperialista della Terra di Palestina, là dove il presidente Trump ha cercato di affermare la sua concezione di risoluzione dei conflitti ispirata all’eredità di Andrew Jackson. Qual è l’elemento caratterizzante il “piano Trump”? Leggiamo: “Gaza sarà governata da un comitato palestinese tecnocratico e apolitico, responsabile della gestione quotidiana dei servizi pubblici. Questo comitato sarà composto da palestinesi qualificati ed esperti internazionali, con la supervisione e il controllo di un nuovo organismo internazionale di transizione: il Consiglio di pace, che sarà guidato e presieduto dal presidente Donald J. Trump con altri membri e capi di Stato che saranno annunciati, tra cui l’ex primo ministro Tony Blair” 1. Nella costruzione della “Singapore del Medioriente”, progetto sistematizzato nei primissimi anni ’90 da Peres, il presidente statunitense vorrebbe coinvolgere il governo pakistano perseguendo un duplice obiettivo: 1) neutralizzare Hamas e le Resistenze antimperialiste; 2) allontanare il colosso musulmano-sunnita dai Paesi Brics, lanciando un messaggio intimidatorio a Turchia, Emirati Arabi Uniti ed Arabia Saudita, regimi neoliberali che, solitamente, ripiegano sulla “geopolitica del serpente”. Donald Trump, jaksoniano costantemente sotto ricatto della lobby sionista, non si smentisce mai: urla, minaccia, indebita e corrompe (prassi tipica d’un boss mafioso).

Il Partito Comunista Palestinese ha rilasciato una dichiarazione la quale conferma l’analisi elaborata da “L’Interferenza”:

“Quello che viene presentato come “il piano di cessate il fuoco di Trump” non è né una soluzione né un’iniziativa di pace. È un progetto imperialista volto a liquidare la causa palestinese e a legittimare i massacri contro il nostro popolo a Gaza, in Cisgiordania e a Gerusalemme. I tentativi di presentare questo piano come una “soluzione” non sono altro che una dichiarazione di sterminio organizzato volta a soggiogare il nostro popolo e a consolidare l’occupazione sotto una copertura diplomatica ed economica.

Il popolo palestinese, che da decenni resiste alle politiche di sradicamento, pulizia etnica e sfollamento forzato, non accetterà di essere escluso da qualsiasi decisione che riguardi il proprio destino, né permetterà che le proprie sofferenze siano trasformate in accordi tra criminali di guerra come Trump e Netanyahu e i loro sostenitori reazionari.” 1

Il serial killer Netanyahu, sionista-revisionista e neoconservatore, ha abbracciato apertamente il nazismo: se il fascismo rappresenta una guerra contro gli ideali delle rivoluzioni dei secoli scorsi (indipendenza nazionale ed uguaglianza sociale), il nazismo è un attacco frontale contro l’idea stessa di Civiltà. Donald Trump, dal lato suo, vorrebbe sostituire la sudditanza militare con quella economica: in quanto strozzino del pianeta potrebbe fare meno morti d’un sociopatico come Netanyahu, ma sempre di morti si tratta.

In poche parole, questo fantomatico piano di “pace” non salverà Tel Aviv e il neocolonialismo razzista di cui è esportatore: le Brigate Al-Qassam non dismetteranno la resistenza antisionista (al di là della collusione dei Fratelli Musulmani con la Loggia di Londra), mentre la pazzia cronica del “sionismo religioso” provocherà la disarticolazione demografica dell’entità sionista. Una dinamica incoraggiata, sottobanco, dalla Federazione Russa: il ritorno degli ebrei russofoni, una gran parte della popolazione israeliana, in patria.

Il collasso d’Israele non è una posizione politica, ma una dinamica inevitabile. Lo storico Ilan Pappé ha rilevato la progressiva disarticolazione dello “stato per soli ebrei”:

“Il progetto sionista si sta sbriciolando e con esso lo Stato di Israele come uno Stato ebraico. E questa idea non è una pia illusione né lo scenario a cui si potrebbe arrivare nel peggiore dei casi. È qualcosa di inevitabile, non perché io stia adottando una prospettiva determinista sulla storia o perché possieda una sfera di cristallo, ma perché è una situazione già in essere, anche se non se ne parla. Le fondamenta dell’Israele sionista hanno crepe così grosse che nessuna opera di manutenzione potrà ripararle. Non si tratta di stabilire se l’edificio crollerà, ma quando ciò avverrà.” 3

La fascistizzazione della società israeliana, con i partiti di governo (dall’estrema destra ai laburisti) che hanno abbracciato il nazismo, è l’ultimo colpo di coda della bestia ferita: Israele configura un regime lombrosiano, militarmente bollito. Incapace di vincere una “guerra convenzionale”, Tel Aviv si accanisce contro la popolazione civile del Paese aggredito, replicando la logica militare dei nazisti durante l’Operazione Barbarossa. Un delirio anacronistico spento militarmente dalla guerriglia asimmetrica applicata sul campo dal generale Qasem Soleimani, genio militare tutt’ora studiato nelle accademie di tutto il mondo.

Uno “stato” privo di politica internazionale non è uno “stato”, nel senso classico contemplato dalle scienze giuridiche, ma un’entità; per questa ragione l’entità sionista trova spazio soltanto nei manuali di criminologia in quanto “stato pazzo”.

https://www.voltairenet.org/article222919.html
https://www.resistenze.org/sito/te/po/pa/popapl07-028356.htm
https://www.resistenze.org/sito/te/po/is/poispl07-028355.htm

Donte foto: da Google

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