Si continua a scrivere e a dibattere sulla caduta di
presitigio della professione dei docenti. Dinanzi a tale caduta libera, le
proposte al fine di recuperare il “prestigio” sociale si ripetono sempre eguali
e rassicuranti. Si propone di elevare gli stipendi, in modo da riconoscere la
rilevanza sociale della professione. In tempo di “quaresima della ragion etica”
le soluzioni sono sempre di tipo quantitativo ed ideologiche. Destra e “sinistra”
sono eguali nella pochezza delle analisi e delle soluzioni. Si deve partire da
un dato generale: in Italia il lavoro dipendente è sempre sfruttamento
legalizzato (abolizione articolo 18 e precarizzazione organica a sostenere i
capitalisti). Le pensioni sono state saccheggiate dal sistema contributivo e la
sicurezza sul lavoro è realtà formale (mille morti l’anno circa). I padroni
risparmiano su tutto e guadagnano su tutti.
In questo contesto il lavoro dipendente è considerato
“servile” dalla popolazione addestrata grazie alla TV di Stato e ai social a
rispettare la ricchezza ostentata a cui associare lussi e lussurie di ogni
genere. Il sistema produce disprezzo
verso il lavoro e il suo senso etico e nel contempo esalta la ricchezza e la
potenza dei padroni che tutto vogliono e possono.
In questo clima di decadenza abissale è inevitabile il
disprezzo di cui sono oggetto tutti i lavoratori (si autodisprezzano) e i
docenti, tanto più che il fine dell’insegnante è l’educare ad una vita etica,
così dovrebbe essere. Ora in un contesto simile, il docente teme i propri
alunni, in quanto figli del sistema, e se osa svolgere il suo mestiere rischia
non poco, in quanto deve blandire gli alunni e conquistarseli come un qualsiasi
influencer. La decadenza non è della
professione docente, ma della comunità nazionale che ha rinunciato alla qualità
e all’etica del limite e della relazione per idolatrare vip e padroni di ogni
genere.
La società dello spettacolo è nella scuola. Si è sempre in
vetrina. Coloro che continuano a battersi il petto per il degrado della scuola
e offrono come soluzione “il denaro” sono parte integrante, forse senza
volerlo, del “sistema degrado” della nazione. Ai docenti come agli altri
lavoratori in condizioni anche peggiori si potranno aumentare amche gli
stipendi in modo rilevante (non si farà, i soldi sono per la guerra e per le
tecnologie in stile PNRR), ma se la nazione non esce dal nichilismo liberista
che curva ogni vita e gesto attraverso la categoria della quantità il prestigio
non sarà ritrovato. Ciò che manca è il progetto di una nazione, il quale è
stato sostituito con l’antropofagia nazionale: si divora tutto e ci si divora
pur di strappare l’un all’altro un minimo di “gloriosa quantità” che faccia
sentire di essere “brevemente vincenti”. Coloro che non vogliono vedere e
constatare la decadenza e offrono soluzioni in linea col problema che corrode
come un acido la scuola e tutti, sono parte della medesima grammatica che ci
conduce verso l’abisso della violenza. Aumenti presunti di stipendio e vie
repressive possono curare i sintomi, ma non affrontano il problema reale di una
nazione a nichilismo realizzato che ha perso l’Umanesimo e la spiritualità.
Distruggere è stato quasi semplice, in pochi decenni è stata smantellata una
tradizione salda che andava rivista e riformata e non certo sostituita col
docente influencer e la scuola
azienda.
Ricostruire sarà difficile, ma non è impossibile, questo è il
compito etico e politico per i decenni futuri. Solo ritrovando il “senso
perduto”, anche un minimo, il lavoro dei docenti e di tutti sarà valorizzato
sotto ogni aspetto. Coloro che parlano di “prestigio sociale” sono gli stessi che ragionano, come svela
l’aggettivo “prestigio”, per gerarchie sociali svuotate dalla finalità etica di
una società nella sua interalità. Sicuramente i docenti non omologati e che non
corrono alla mangiatoia della visibilità ripagata con la sola quantità sono
oggi quasi eroici assieme ai tanti lavoratori e lavoratrici che vivono una
malinconica condizione di incomprensione e solitudine sociale. L’eroismo non è
sufficiente, bisogna associarsi, scrivere e denunciare le derive nichilistiche,
per poter creare un fronte unito di rinascita tra la scuola e la società.
Coloro che dicono che è tutto inutile sono parte del problema, anzi sono i migliori
amici e soostenitori della “scuola azienda ormai scuola spettacolo” che tutti include
nelle sue fredde vetrine senza contenuti e sempre in saldo.
Solo un fronte di resistenza (e non di resilienti) ampio e consapevole può fermare il deserto che avanza tra tecnologie, intelligenza artificiale e spettacolo. Gli alunni hanno bisogno di contenuti e parole per uscire dalla grigia palude del “niente”. L’alunno al centro è il senso della scuola.
Fonte foto: da Google