Le persone omosessuali
sono indicate con la parola gay. Vi è da chiedersi se l’abitudine indotta ad
usare la parola “gay” per indicare un gruppo di persone con il medesimo orientamento
affettivo nasconda un sottile razzismo. Il linguaggio è la nostra grammatica
significante con la quale si significa la realtà socio-storica e, specialmente,
se stessi. Le parole non sono mai neutre, esse costruiscono la percezione del
mondo all’interno del quale ci si forma in un gioco di rimandi fondamentali per
la formazione umana di ogni componente. La parola gay deriva dall’occitano ed è
poi divenuta parte del francese e dell’inglese. Il primo dato rilevante è la
sua estraneità al nostro linguaggio, si è installata in esso con l’abitudine a
non pensarla e si è ricevuti passivamente i significati ad essa afferenti
derivati specialmente dalla versione anglo-americana. Se si consulta un banale
vocabolario, si scoprirà che essa
designa una pluralità di qualità: allegro, eccessivo, gaudente, gioioso fino a
depravato, quest’ultimo specialmente nell’Ottocento. Ogni definizione di un
gruppo di persone con una qualità in comune, in questo caso l’orientamento
affettivo, è sempre una forma di
riduzionismo al limite del razzismo, il quale può essere anche inconsapevole.
La parola gay presuppone che le persone omosessuali siano allegre e dunque
abbiano costumi e abitudini eccessivi.
In questa maniera ci si attende da loro l’eccesso e di conseguenza comportamenti
finalizzati a sorprendere e a
trasformare se stessi in avanspettacolo. Tali comportamenti sono attesi e
sostenuti da una parte dell’opinione pubblica, in fondo lo indica la parola e i
media associano le persone omosessuali ai comportamenti suddetti. Il risultato
finale è la morte della diversità e l’omologazione verso un modello unico, a
cui le persone omosessuali gradualmente sono condotte, specialmente se giovani
e prive di coscienza politica e sociale. In tal maniera il sistema li usa per
abbattere vincoli etici e tradizioni e divengono il mezzo per l’affermazione
della cultura liberal.
La rappresentazione di
tal genere della persona con diverso orientamento affettivo non può che
procurare sofferenze alla stessa. La persona omosessuale deve dimostrare nella
vita ordinaria che non è “allegro”, ma è semplicemente una persona che come le altre ha qualità e
caratteristiche proprie e che vuole essere accettata e inclusa con la totalità
della sua persona che la rende, come tutti, irriproducibile ed unica. Il mondo
giornalistico e mediatico produce lo stereotipo “gay” con il quale si inoculano
aspettative comportamentali precostituite e si determina l’immaginario della
“società dello spettacolo”. L’effetto è che non si guarda alla totalità della
persona, ma la si filtra attraverso lo stereotipo. Pregiudizi antichi si
sovrappongono ai nuovi. L’emancipazione e la liberazione dalle sovrastrutture
che ci impediscono di cogliere di ogni persona la sua unicità sono in questo
momento storico lontanissime. In questa produzione di stereotipi non sono esenti
da responsabilità i gruppi LGBT ormai omologati alla cultura liberal di cui
spesso sono diventati i sostenitori. Il mercato e i capitalisti li sostengono e
li usano nella guerra ideologica verso l’Oriente e per occultare la contrazione
dei diritti sociali e dei lavoratori. Non è secondario il fiorente mercato che
si rivolge alle persone gay benestanti, le quali, in quanto gioiose amano gli
eccessi che il mercato può soddisfare. Ogni movimento di emancipazione deve portare
ad una crescita politica, altrimenti si impaluda in forme di rivendicazione
individuali non universali. Si spera,
dunque, che le persone omosessuali possano rifiutare gli antichi e i nuovi stereotipi
per condurre la lotta con i lavoratori e con i migranti per la liberazione
dell’umanità dalle miserie materiali e morali. Non dimentichiamoci che non
esistono le persone omosessuali in generale, come la cultura astratta del
sistema vorrebbe farci credere, ma ogni persona omosessuale vive la materialità
strutturale della propria condizione. Gli interessi di un magnate non sono i
medesimi di una persona omosessuale che lavora in fabbrica. La comunità gay
spesso riportata dai media, è anch’essa una falsa e dunque astratta
rappresentazione. Fa immaginare una comunità coesa e omologata, in realtà essa
designa ancora una volta una parte organizzata e spesso limitrofa ai poteri
politici rappresentata come una totalità.
Alla parola “gay” si
dovrebbe sostituire l’espressione “persone con diverso orientamento affettivo ”,
giacchè la formula linguistica “orientamento sessuale” spesso usata in
relazione alle persone omosessuali è di per sé riduzionista. Le persone
omosessuali amano e talune espressioni come gay o orientamento sessuale possono
ingenerare resistenze e pregiudizi verso l’affettività delle coppie omosessuali
e della persone omosessuali.
Il capitalismo liberal
si presenta come rivoluzionario, ma esso ha lo scopo di includere nel mercato
in modo che l’impero mercantile possa regnare, tale fine non ha dunque lo scopo
di emancipare i gruppi umani oppressi, ma li trasforma in clienti egualitari e in tal modo li impoverisce nello spirito e nel pensiero.
L’emancipazione
secondo la formula anglosassone dovrebbe essere ripensata e filtrata attraverso
l’Umanesimo della nostra tradizione che pone al centro il concetto di
“persona”. Ogni essere umano è prima di tutto una persona con qualità proprie,
per cui al riduzionismo anglofono dobbiamo opporre la liberazione dai
pregiudizi vecchi e nuovi, evidenti e occulti, e a tal fine dobbiamo ripensare
il nostro tempo con le categorie eterne dell’Umanesimo debitamente liberate dai
pregiudizi che ogni epoca reca con sé. La liberazione e l’emancipazione sono
autentiche e solide se la lotta non resta confinata in richieste di nicchia, ma
se si legge politicamente la propria condizione e la si apre alla lotta
solidale con le altre categorie oppresse e umiliate. Bisogna rompere le
contrapposizioni a cui il sistema addestra per frammentare la lotta e
perpetuare il dominio. Uomini contro donne, omosessuali contro eterosessuali,
proletari contro piccolo borghesi, e si potrebbe continuare, le
contrapposizioni pemettono al sistema di produrre pregiudizi e di indebolire
l’azione politica. Un nuovo Umanesimo
potrebbe avere patria in Italia e in Europa. Umanesimo capace di riportare le
differenze alla comune umanità e di orientare lo sguardo sulla persona nella
sua dinamicità olistica.
Ripensare il linguaggio è un modo per iniziare tale arduo cammino. Il mercato non libera e non emancipa, perché cerca solo “clienti eccessivi” per i suoi prodotti. Liberazione è guardare e accogliere la persona nella sua totalità, in tal modo l’orientamento affettivo e il genere sono solo una parte rilevante dell’identità personale, mentre nel sistema attuale il linguaggio orienta a far percepire la parte come una totalità e di questo non abbiamo bisogno. Il capitalismo riduce l’emancipazione ad un prodotto: i gay sono rapppresentati come “gaudenti, belli, giovani e disinibiti”; oltre il prodotto ideologico c‘è la verità e le persone che tardano a riportare l’essere e la storia nel regno delle mercificazioni non riconosciute.
Fonte foto: Ereticamente (da Google)