Nichilismi

Derealizzare l’io

Ci siamo condannati a vivere in un mondo alogico ed irrazionale. Si susseguono messaggi contradditori, governano le potenze del dicitur, dinanzi alle quali si resta inermi, senza categorie per filtrare e selezionare i flussi di informazioni ed immagini. La menzogna assomiglia alla verità, l’una è simile all’altra,  in un tale contesto il soggetto ricade su se stesso, non  crede nel logos, nella possibilità di discernere la verità dalla sua copia, il bene dal male. Il caos regna, l’effetto immediato e duraturo è la sfiducia nell’umano e nelle sue istituzioni. Vivere in un universo storico alogico forma creature irrazionali che convertono la sfiducia nella ragione in adorazione idolatrica per la nuda vita, per la sola biologia pulsionale, la quale diviene la misura del vivere. Vi è dunque un’assenza metafisica, pertanto non vi è dialettica, non vi è tensione tra il polo della verità e del nichilismo, ma si confrontano nichilismi differenti che si autorappresentano come verità. Si derealizza il reale, si incide sul principio di realtà per sostituirlo con il principio non di piacere, affinché esso vi sia, è necessario avere contezza della pluralità delle emozioni e delle percezioni del reale. Il piacere, invece, è  pulsione unica speculare all’irrazionale vigente. “Piacere” non per tutti, vi è l’aspirazione utopica  ed infantile ad esso, raggiungibile solo per pochi, ma i più vivono guardando il mondo dei vip, i loro eccessi, partecipano alle loro tristezze in assenza di vita propria. La nuda vita devitalizza, derealizza, assottiglia la percezione del proprio “io” fino a renderlo evanescente, nullo, per cui il soggetto deve compensare il vuoto spiando la vita degli altri, vivendo di luce riflessa del nuovo olimpo mondano dei vip. L’io minimo è il vero fine del sistema capitale all’apice della sua estensione ed intensità.

 

Miseria dell’antimetafisica

Il nichilismo nella formula attuale è incultura dell’immediato, non si ricostruiscono geneticamente differenze e condizioni materiali, per cui l’olimpo (i possessori della crematistica nella forma della ricchezza e dell’immagine) mondano è naturalizzato. La crematistica non si connota solo come possesso del plusvalore, ma anche come esposizione della propria immagine. I nuovi poveri non possiedono il sufficiente per vivere, ma moltiplicano l’esposizione della propria immagine, è la nuova crematistica, specie dei poveri, i quali in questo modo vivono l’illusione di essere eguali ai dominatori. Ogni capacità di ricostruire la propria miseria, specialmente etica ed umana, in questo modo,  è derealizzata, ciò necrotizza ogni dialettica e ricerca della verità storica. Il nichilismo contemporaneo è differente dal nichilismo dei sofisti dell’antica Grecia, poiché allora, il nulla e la verità si confrontavano argomentando, al punto che Platone paragona la dialettica tra metafisici ed antimetafisici ad una battaglia tra giganti[1]:

OSPITE: Gli uni dal cielo e dall’invisibile trascinano tutto verso terra, come afferrando realmente con le mani grosse pietre e querce. E stando bene attaccati a tutte queste cose sostengono fermamente che «è» soltanto quello che provoca un contraccolpo e un contatto, definendo il corpo e l’essenza come la stessa cosa, e se delle altre cose qualcuno afferma che un qualche cosa, pur non avendo il corpo, «è», lo disprezzano senza riserve e non vogliono udire altro. TEETETO: Tu parli di individui ben difficili: anch’io ne ho già incontrati parecchi. OSPITE: Pertanto quelli che si trovano in polemica con loro con molta circospezione si difendono dall’alto, da qualche parte dell’invisibile, costringendoli ad ammettere che certe sostanze intellegibili e incorporee sono la vera essenza. E i loro ben noti corpi e la tanto decantata loro verità facendola a pezzettini con i ragionamenti, invece dell’essenza proclamano un mutevole divenire”.

Nella contemporaneità l’immagine sta divorando la parola, la forma la sostanza, non resta che l’involucro di un essere umano abitato dal nulla nella forma dell’immagine, e del calcolo.

 

Similitudini e differenze

Il Sofista di Platone ci è di ausilio, malgrado le differenze contestuali, per comprendere i nichilismi, e specialmente dona strumenti categoriali per individuarne la pericolosità. Il nichilismo attuale è costituito da somiglianze, non vi è dialettica, se la politica quotidiana si declina sulla similitudine. Destra e sinistra non sono che nomi che non corrispondono a nessuna ideologia, esse sono interscambiabili, l’una è simile all’altra, il loro essere interscambiabili erode la fiducia, alimenta la fuga dalla realtà nel sogno dell’olimpo mondano. Destra e sinistra hanno reciso il legame con la tradizione assiologica di riferimento per essere espressione del partito unico del capitale.

La scienza nel silenzio della politica si pone come nuova religione della ragione, asettica ed oggettiva, sostituisce la politica, la religione, la letteratura, l’arte per autocelebrarsi come nuova fede, a cui ci si deve inginocchiare senza domande. La tracotanza scientista cela le innumerevoli contraddizioni delle “sue verità” sullo stesso tema e problema, perché vuol porsi come verità senza dialettica, e pertanto vuol nascondere di essere perfettibile, perché umana. Applica la categoria della quantità per  risolvere ogni contraddizione, annichilendo tutto i “possibili” della razionalità[1]:

“ TEETETO: E perché? OSPITE: Temo che accordiamo dono più grande di quel che compete loro. TEETETO: Eppure quanto si è detto può essere assomigliato a un tale tipo. OSPITE: Già, come il lupo al cane, la bestia più feroce a quella più domestica. Colui che intende essere ben certo occorre che faccia la guardia soprattutto alle somiglianze. è un genere che fa scivolare parecchio! Ma siano pure così . Penso infatti che la disputa avverrà non su piccoli termini, se staranno in guardia quanto basta. TEETETO: Questo almeno è verosimile. OSPITE: L’arte di purificare dunque appartenga a quella di distinguere, e parte dell’arte purificatrice sia definita come quella che riguarda l’anima, da questa si distingua poi l’arte di insegnare, e da quest’ultima l’arte di educare; e dall’arte di educare deriva la confutazione contro una vuota apparenza di saggezza che il ragionamento d’ora ha fatto apparire null’altro essere la nobile sofistica.(14) TEETETO: Sia pur chiamata così : ma io mi trovo in dubbio per essersene mostrati ormai tanti aspetti, che cosa mai occorre dire e affermare con forza che è realmente il sofista. OSPITE: Tu sei in dubbio ragionevolmente; ma occorre pensare ora che anche lui ormai sia in grande difficoltà su come sottrarsi al nostro ragionamento. Giusto infatti è il proverbio per cui non è facile fuggirle tutte. Soprattutto ora dunque bisogna stringerlo. TEETETO: Dici bene. OSPITE: Facendo anzitutto una sosta, come per tirare il respiro, e, mentre riposiamo, tiriamo le somme tra di noi. Su, dunque, in quante immagini si è mostrato a noi il sofista? Prima di tutto, a mio parere, ci è apparso come un cacciatore mercenario di giovani e di ricchi. TEETETO: Sì . OSPITE: In secondo luogo come un commerciante di conoscenze che riguardano l’anima. TEETETO: Esattamente. OSPITE: E in terzo luogo ci è apparso anche come venditore al minuto di queste stesse materie? TEETETO: Sì : e come questo nella veste che si rende venditore a noi di insegnamenti che ha confezionato direttamente da solo. OSPITE: Tu ricordi proprio bene. Il quinto aspetto proverò a ricordarlo. Nell’arte di contendere per via di ragionamenti egli era un atleta, essendosi ritagliato per sé l’arte eristica”.

Bisogna reimparare l’arte della distinzione, senza capacità di discernimento non vi è razionalità, ma imitazione di essa,  vi è solo il semplice calcolo incapace di disegnare confini, di cogliere i dettagli che permettono di distinguere “il cane dal lupo”, la democrazia dalle sue imitazioni, la libertà dalla violenza narcisistica. Senza dialettica, senza formazione al confronto argomentativo non vi è che il caos. La razionalità argomentativa necessita di educazione all’amore per la verità, se una comunità è incapace di trasmettere la passione per la verità non resta che il circo mediatico dell’osceno scambiato per  verità.

 

Nichilismo della seduzione

Il nichilista è un seduttore, la forma del capitalismo attuale non si caratterizza solo per il plusvalore delle informazioni personali vendute sul mercato delle multinazionali. Il capitalismo riesce a sedurre  i popoli con la speranza dell’eccesso,  a cui è legata la cultura dell’immediato. L’utopia dell’eccesso è ora dinanzi a noi con la sua verità distopica: dall’agonia del pianeta, alla monocultura anglofana e mercantile che divora ogni tradizione comunitaria e lingua altra. La seduzione in questi decenni sta rilevando la sua verità con fenomeni macroscopici. Gli effetti sono così minacciosi ed apocalittici che vi è il rischio di una nuova fuga, e ciò è di ausilio nel  conservare le forme di potere attuali. La missione da compiere consiste nel tenere lo sguardo sugli effetti e specialmente nel ricostruire con il logos percorsi di comprensione che possano favorire l’uscita dalla caverna della passività, della perenne sensazione di essere schiacciati da eventi incontrollabili. Il nichilismo prolifera sulla fatalizzazione vera urgenza della contemporaneità[1]:

“TEETETO: Sì , per quanto è lecito dare dei giudizi a me, a questa età: penso infatti di trovarmi anch’io tra coloro che ancora osservano da lontano la realtà. OSPITE: Per questo noi tutti qui, presenti, tenteremo e stiamo già tentando dì portarti il più vicino possibile ad essa senza queste speranze dirette. Ma riguardo al sofista dimmi questo: è ormai evidente che egli è uno dei seduttori, imitatore delle cose reali, o siamo ancora incerti che egli, sugli argomenti nei quali è capace di condurre il contraddittorio, su questi appunto, non si trovi ad avere delle conoscenze autentiche. TEETETO: E come, o ospite? Da quel che si è detto è assodato ormai che egli è una delle componenti che prendono parte al gioco. OSPITE: Bisogna dunque stabilire che egli è un incantatore e uno che sa darla a intendere. TEETETO: E come non ammetterlo? OSPITE: Orsù, dunque! Ora è compito nostro non lasciare scappare la belva: l’abbiamo ormai catturata in una sorta di trappola costituita di quei lacci insiti nei ragionamenti per un tale tipo di faccende, tanto che non potrà sfuggire da questa situazione. TEETETO: Quale? OSPITE: Che egli non sia uno della schiatta degli incantatori. TEETETO: Anche a me, a suo riguardo, pare la stessa cosa. OSPITE: Sembra opportuno, dunque, distinguere al più presto l’arte di creare immagini, e venuti a scendere fino ad essa, se il sofista subito riesce a resistere, catturarlo secondo quanto è ingiunto dalla disposizione regia  e consegnandolo a lui, mostrare la selvaggina. Se poi si immergesse sotto le parti della mimetica, gli saremo d’impedimento, sconvolgendo la parte che lo accoglie, finché non sia catturato. In tutti i modi né lui, né alcun’altra genia, potrà menare vanto di essersi sottratto alla ricerca di forze così determinate a ogni particolare, e nel complesso. TEETETO: Tu dici bene: bisogna fare così”.

 

Il più inquietante degli ospiti

Uscire dalla spirale del nichilismo necessita un movimento eroico, l’alternativa è restare nella palude dolorosa del nichilismo. Porre l’attenzione intenzionale alla presentificazione del nichilismo significa guardare, innanzitutto, la propria condizione esistenziale all’interno della propria comunità, guardare nel fondo delle nostre esistenze il “demone” che le abita. Il nichilismo è un ospite che inquieta e  seduce senza donare nulla, pertanto solo lo sguardo della mente fisso sull’ospite inquietante, come l’ha definito Nietzsche, può indurci ad attraversare la porta stretta della negazione[1]:

“Il nichilismo. Non serve a niente metterlo alla porta, perché ovunque, già da tempo e in modo invisibile, esso si aggira per la casa. Ciò che occorre è accorgersi di quest’ospite e guardarlo bene in faccia”.

Il grande rischio a cui si va incontro è la normalizzazione del nichilismo, il quale non implica il “male”, ma l’omologazione indifferente. La categoria di “male” presuppone il parametro del “bene”, il più inquietante degli ospiti, erode la capacità di critica e specialmente fa dell’indifferenza il mezzo con cui naturalizzare l’immediato. L’immaginazione etica con la quale l’universale si presenta a noi è annichilita in nome dell’efficienza senza finalità. L’indignazione non deve cedere dinanzi all’avanzare del pericolo più grande, per cui ciascuno all’interno della propria condizione e ruolo deve resistere e farsi “coscienza etica e teoretica” del problema.

Nel 2014 si propose, in Italia, di eliminare la Filosofia da alcuni corsi di laurea e di ridurre a due anni l’insegnamento della filosofia nei licei. La cultura dell’indifferenza avanza sulla punta armata dell’economicismo, per il quale la filosofia rappresenta un problema ed un potenziale pericolo, poiché educa a razionalizzare il mondo secondo prospettive altre e specialmente accetta il conflitto dialettico quale fondamento imprescindibile della sua cornice teoretica. La filosofia è uno scandalo, poiché pensa il mondo e non lo usa, essa è “inutile”. Resistere significa restare fedeli allo spirito della filosofia che vive nella formazione delle nuove generazione, in tal modo la tradizione filosofica si rigenera e difende il primato dell’umano sulla merce.

 

[1] Platone Sofista Ousia pag. 19

[2] Ibidem pp. 9 10

[3] Ibidem pag. 12

[4]Martin Heidegger, La questione dell’essere, in Oltre la linea

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