Abbandono scolastico: un fenomeno di classe e prevalentemente maschile

In Europa e soprattutto in Italia la dispersione scolastica, cioè l’abbandono prematuro della scuola da parte dei giovani sia nella scuola secondaria che in quella primaria è un fenomeno ancora diffuso e preoccupante. La maggioranza degli abbandoni sono maschili, come si evince da questi link che riporto (ce ne sono moltissimi altri che chiunque può cercare in rete https://www.annoscolastico.it/web/la-dispersione-scolastica-e-un-fenomeno-maschile/   https://www.aiccre.it/eurostat-diminuisce-abbandono-scolastico-nellue-ma-litalia/  nella misura di tre su cinque.

Del tutto superfluo sottolineare che le fasce sociali più colpite da questo fenomeno sono quelle basse e medio basse. Qualsiasi insegnante con un minimo di esperienza che abbia prestato servizio in differenti istituti sa bene che quelli periferici sono i più colpiti, per ovvie ragioni di vario genere: difficoltà familiari, sociali, economiche, ambientali, che ovviamente si riverberano anche sul piano psicologico e personale.

Al contrario, per quante difficoltà (anche comprensibili e giustificate) di ordine personale o psicologico possano avere uno studente o una studentessa di estrazione media, medio alta o alto borghese, male che va, potranno sempre prendersi un diploma in una scuola privata perché saranno comunque sostenuti/e dalla famiglia ed eventualmente proseguire gli studi (o trovare comunque una collocazione in virtù della suddetta solidità familiare).

Gli abbandoni scolastici, come dicevo, sono in maggioranza maschili, nella misura di tre studenti su cinque. Questo dato che a parti invertite sarebbe stato ovviamente strombazzato ai quattro venti per dimostrare il postulato in base al quale le donne sarebbero tuttora discriminate in quanto tali, è invece altrettanto ovviamente occultato. E’ altresì evidente che siamo di fronte ad un fenomeno di classe e in larga parte di genere; maschile, in questo caso. Di classe perché ad abbandonare gli studi sono ovviamente i giovani appartenenti ai ceti sociali bassi o medio bassi, e di genere (maschile) perché in larga parte si tratta di maschi.

Non solo, gli studenti maschi costituiscono la stragrande maggioranza della popolazione scolastica, pressoché la quasi totalità, negli istituti tecnici, mentre le femmine sono ormai da tempo in maggioranza nei licei classici e scientifici. La qual cosa conferma che la selezione sociale, cioè di classe – la stessa che determina anche l’abbandono degli studi – colpisce in misura largamente maggioritaria i maschi. E’ infatti noto che gli istituti tecnici e professionali sono quelli destinati a sfornare forza lavoro manuale e scarsamente specializzata mentre i licei classici sono frequentati da coloro che continueranno gli studi  all’università. Una parte di questi ultimi diventeranno dei professionisti o dei quadri dirigenti mentre un’altra parte finirà a fare mestieri meno qualificati e soprattutto meno remunerati. Anche in questo caso, naturalmente con le dovute eccezioni, la selezione e la conseguente affermazione sociale sarà tendenzialmente determinata dalla origine sociale degli studenti e delle studentesse.

Come vediamo siamo di fronte ad un altro fatto oggettivo – come ad esempio la tragedia pressoché tutta maschile (oltre che di classe) dei morti sul lavoro – che conferma in mondo eclatante come la narrazione ideologica e mediatica femminista dominante sia una sostanziale manipolazione della realtà.

Onde evitare equivoci e soprattutto la maldestra quanto ipocrita e strumentale speculazione dei soliti noti e delle solite note, diciamo queste cose non certo perché animati da una vis antifemminile ma per la semplice ragione che la realtà va osservata e analizzata per quella che è concretamente e non per quella che qualcuna/o vorrebbe che fosse per far quadrare i conti ai suoi desiderata ideologici. E’ chi manipola la realtà per fini ideologici che lavora consapevolmente o inconsapevolmente ad alimentare le guerre orizzontali, le famose guerre fra poveri, in questo caso quella del genere femminile contro quello maschile, non chi denuncia, come noi, tale manipolazione; è bene ribadirlo.

Noi pensiamo che esista una sola guerra giusta – e la sola che temono i padroni del vapore che infatti fanno di tutto per scongiurarla – quella delle classi sociali subalterne contro quelle dominanti. Tutte le altre, donne contro uomini (indubbiamente la più subdola perché abilmente camuffata), autoctoni contro immigrati, giovani contro anziani, sono soltanto grandi favori che si fanno a chi ci comanda.

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Fonte foto: Bologna Today (da Google)

5 commenti per “Abbandono scolastico: un fenomeno di classe e prevalentemente maschile

  1. Alex
    30 Marzo 2024 at 8:45

    Le classi lavoratrici più umili, sono quelle che hanno un rapporto difficile con la scuola. All’interno di queste famiglie si respira in maniera molto chiara la condizione di sfruttati dal lavoro: i figli sentono questo disagio e molto spesso ne sono travolti : la scuola diventa un’imposizione insopportabile, e per sfuggire a questa situazione, abbandonano il campo scolastico in attesa di diventare più forti, o di cercare altre strade. Nella maggioranza dei casi saranno le scuole private di recupero, a fornire poi uno straccio di diploma.

  2. canter anto
    31 Marzo 2024 at 10:59

    Mi trovo sempre più a condividere le analisi del Compagno Marchi, ne ho parlato anche con altri Compagni e amici. Ci ha aperto gli occhi sull’attacco di Davos e delle pseudosinistre (neofasciste o neoliberali o neodemocratiche come amano definirsi oggi) contro la figura del proletario maschile che non ha più diritto di vita.

    • Aluquis
      31 Marzo 2024 at 21:58

      Si, mi ci ritrovo anch’io. Io stesso, ho lasciato la scuola a 16 anni per difficolta’ che forse, con le conoscenze attuali, potrebbero rientrare nei DSA (Disturbi Specifici di Apprendimento, non conosciuti all’ epoca). Di famiglia operaia, ovviamente ho fatto l’operaio anch’io, con un lungo intermezzo come commerciante. Ma vedo che anche oggi, pur con conoscenze in piu’ su questi problemi, la situazione non e’ cambiata.

  3. ndr60
    2 Aprile 2024 at 15:07

    Quando ero giovane (un secolo fa…), non era così infrequente la coppia studentessa liceale/operaio-artigiano, o comunque lavoratore maschio, giovane, che aveva lasciato la scuola per un lavoro pagato poco ma (relativamente) “sicuro”. Vigeva cioè la regola dei “pochi, maledetti e subito” che almeno dava loro una certa disponibilità economica, preclusa ai loro coetanei non figli di papà, per esseri appetibili dalle giovani donne.
    Inutile dire che, quando le suddette si fossero laureate, sarebbero stati immediatamente scaricati per migliori partiti.
    Oggi la situazione lavorativa è diversa (più precariato per tutti), quindi sarei curioso di sapere il parere di qualcuno nato in questo secolo.

    • Fedro
      5 Aprile 2024 at 22:16

      Io ti posso dire che non conosco nessuna coppia dove lui è laureato e lei no. O lo sono entrambi , o nessuno dei due oppure , ne conosco tantissime , lei è laureata e lui no.
      Fascia età tra i 30 e 40.

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