Il governo di giugno è la fine di un’epoca?

Dopo il maggio, della destrutturazione politica e della crisi istituzionale, arriva il giugno della stabilizzazione. Tuttavia l’ultima resistenza al governo Conte ha portato in luce il vero centro della questione: l’euro che è l’attuale Europa del debito contro quella sovranità nazionale nel cui ambito si sono agitate le questioni sociali, reddito di cittadinanza e superamento della Fornero, che hanno deciso le elezioni di marzo. Quella spinta dal basso, su cui abbiamo ragionato nel precedente articolo, consolidata nel governo ha incontrato subito, ancor prima di nascere, resistenze e conflitto con superiori sovranità.

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1) Su Paolo Savona al MEF cade la sera del 27 maggio l’incarico con riserva a Giuseppe Conte per una censura insuperabile del Presidente della Repubblica. E’ subito chiaro che c’è stato un diktat da ambienti UE e in particolare tedeschi, che giunge a conclusione di un’altra serie di ingerenze ostruzionistici e capziosi come le indicazioni per correggere parte del programma di governo (il contratto) e la campagna stampa sulla figura e il curriculum di Conte. A questo punto però il comando tedesco, la trasmissione degli ordini ,subisce una catastrofe –in linea con l’ottusità della fissazione per il blietzkrieg, per la guerra lampo-.

2) Questo accenno di conflitto, che si apre la sera del 27 e si trascina per la giornata del 28, provoca l’effetto domino sulla finanza mondiale secondo lo schema caotico del “battito d’ali di una farfalla”, qui delineato. Gli americani alla viglia dell’avvio della stretta protezionistica non si sono potuti permettere questa situazione; mentre i francesi che furbescamente avevano già salutato con cordialità Conte, pensavano forse di rafforzare la propria posizione  nell’asse Franco-tedesco blandendo sia la paura di un crescente populismo anti EU sia la possibilità di un’alleanza più stretta con i cugini italiani. E’ probabile dunque che ci sia stato una pressione americana su Berlino con il compiacimento francese, convergente con operazioni speculative sui titoli di stato, sullo spread.
3) Il mai visto sorriso di Mattarella, annunciando la soluzione della crisi, e l’allegria dello sgravato Cottarelli fanno pensare ad un filo mai rotto e una trattativa riservata per la rapida soluzione del 31; come la dilazione di qualche giorno per l’avvio del governo Conte dopo il gioco delle tre carte dei nomi, con le reazioni tutto sommato misurate dei giallo-verdi, hanno protetto i titoli di stato dalla speculazione. Si è così evitato l’enigma di nuove elezioni, e depotenziati gli attacchi tedeschi, garantendo una formale (la sostanza si vedrà) fedeltà europea. Insomma una raffinata commedia, all’italiana, per bluffare davanti al poker degli  speculatori e sfuggire dal destino della tragedia tedesca.     

XJL69070 The Triumph of Death, c.1562 (panel) (upper right hand section detail of 457, see also 69068-71) by Brueghel, Pieter the Elder (c.1515-69) oil on panel Prado, Madrid, Spain Netherlandish, out of copyright

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Prado, Madrid, Spain
Netherlandish, out of copyright

Tale quadro, governo\turbamenti geopolitici europei\rischi finanziari mondiali ponga la questione  italiana     in un nuovo scenario impegnativo oltre le soluzioni  d’emergenza  e il provincialismo trasformistico  che ha caratterizzato l’agonia dei partiti della seconda repubblica. Il tema della sovranità nazionale è un sasso lanciato nello stagno dove l’Europa sta annegando seguendo il pilota automatico dei mercati e l’imperativo morale del debito. E’ un ideale, nel senso del reale e razionale hegeliano, cioè  per la capacità di trovare ragioni positive in una situazione apparentemente nichilista. L’afflato lo si è percepito anche nella passione delle reazioni popolari, composte dall’elemento dell’indignazione contro la sottrazione dell’esito del voto e da quello contro le offese delle potenze stranierie. Improvvisamente il popolo si è costituito in corpo ribellandosi e difendendosi, che è il moto costitutivo della nazione.

Questa ampia base sociale, come è successo per la ribellione sociale delle elezioni, qualcosa sta depositando a livello di partiti e istituzioni. Se diamo un’occhiata ai ministri e guardiamo al di là delle banalità dei curriculum si scorgono paradossi significativi: Di Maio è allo sviluppo mentre sappiamo quanto nel M5S ci sia della cultura della decrescita e comunque della critica del gigantismo economico (vedi Olimpiadi a Roma); Dicasteri economici Tria è al MEF di fatto è un euroscettico ma si è meno esposto invece Savona agli affari europei è davvero uno schiaffo agli eurocrati che se lo dovranno sorbire anche più da vicino che se fosse stato incardinato a via XX Settembre; c’è poi Toninelli alle infrastrutture e si sa quanto il M5S si sia speso, anche simbolicamente, contro la TAV della Susa; Fraccaro ai rapporti con il Parlamento ma soprattutto alla “democrazia diretta” su cui si è subito sorriso ma che è un altro pezzo della teoria M5S.

E’ molto in voga la celebre formula di Gramsci “La crisi consiste nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati”, ma spesso serve per confondere il vecchio con il nuovo. Per esempio le forme organizzate nei partiti, a destra e a sinistra, sono morte ma un fenomeno nuovo si è affermato rapidamente. Il Movimento 5 stelle in poco più di 5 anni ha toccato un consenso elettorale che il PCI raggiunse con un impegno di 30 anni e poi ha capitalizzato subito questo patrimonio arrivando al governo. Il gruppo dirigente “giacobino” del M5S ha condotto con sapienza  tattica lo scontro istituzionale con il Colle, smentendo tutta la cattiva stampa su inesperienza e subordinazione a Salvini , ora è davanti  alle responsabilità strategiche di fronte a  un nuovo che sta nascendo dal crepuscolo di un epoca di spensierata semplificazione dove molti hanno creduto che l’economia liberista  potesse risolvere la questione sociale e i poteri globali assorbire la questione nazionale.
Sarà all’altezza del tempo nuovo?

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