Guerre fra poveri

Tratto da Ecity. Sospensione del tempo e fine dello spazio. L’ultimo libro del Professore Antonio Martone

 

All’affermarsi dell’ideologia neo-liberale, hanno contribuito in maniera decisiva i mutamenti epocali del post-industriale avvenuti a ridosso del rapporto fra tecnica e lavoro.

Dato che gran parte del lavoro contemporaneo è ormai smaterializzato, infatti, è stato più facile non tanto e non più sottrarre ore-lavoro dai corpi dei cittadini, com’era nella tradizione industriale moderna, quanto mettere in contatto diretto la vita degli uomini con il lavoro: fin quasi all’identificazione totale.

Qual è la ragione che ha spinto un mutamento di paradigma di tale entità ad imporsi su scala internazionale? Che cosa ha indotto le cosiddette democrazie di gran parte dell’Occidente a modificare radicalmente il proprio sistema economico-sociale, oltrepassando molto rapidamente il modello welfaristico, keynesiano e dunque socialdemocratico che era stato avviato nei primi decenni del secolo? Difficile spiegare con assoluta certezza le cause d’una trasformazione di tale entità. È chiaro che sono intervenuti motivi di tipo economico, ma anche culturali e storici.

Soltanto in maniera approssimativa, si possono evocare fattori quali la crisi energetica, quella ambientale e la fine della contrapposizione con il mondo comunista. In ogni caso, a questi fattori ne va aggiunto un altro: credo decisivo. Gli agenti presenti storicamente nel sistema capitalistico avevano da sempre utilizzato la tecnologia per vincere la concorrenza. Così facendo, essi creavano i presupposti per produrre incessantemente merci ad un costo minore da quello degli altri. Quando la tecnologia, però, ha raggiunto vette tanto alte da rendere superflua buona parte dei lavoratori, si pensi alla microelettronica, alla robotica e alla cibernetica, è sorto il problema dell’utilizzo attivo d’una umanità costruita ad immagine e somiglianza di una società del “lavoro totale “. Se estrarre il (plus)valore dal lavoro, grazie alla tecnologia, è diventato impossibile, è del tutto ovvio che il lavoratore perda interesse agli occhi del capitalista. Dal punto di vista di quest’ultimo, di conseguenza, non soltanto i lavoratori, bensì fasce di umanità e di paesi interi sono divenuti superflui. Che farsene di una società di lavoratori quando il lavoro produttivo, ossia quello capace di remunerare il capitale (l’unico che interessa davvero al capitalismo), non esiste più?

Parte da questo punto, dunque, una mutazione dell’intero campo del sociale, che ha rimescolato idee e categorie che erano state fisse come stelle in cielo per decenni. Come in un gioco drammatico di azioni e reazioni, sono entrati così in crisi non soltanto i partiti tradizionali, i sindacati e le associazioni politiche, ma si è smarrito perfino il senso classico di destra e di sinistra. I lavoratori si sono divisi, i generi si sono ritrovati ferocemente contrapposti, e tutti, quando hanno potuto, hanno cercato una mera salvezza privata. Nella maggior parte dei casi hanno dato vita ad una guerra fra poveri e sono stati tutti sconfitti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1 commento per “Guerre fra poveri

  1. achilli enrica
    6 Dicembre 2017 at 7:34

    SEMINATORI D’ODIO questo è il mio parere…Persone che hanno arato così bene per il loro tornaconto, un terreno che ha fatto nascere solo ODIO.

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