La gran parte della società israeliana è favorevole al genocidio del popolo palestinese

Ritenere Israele una democrazia è stato il principale errore dei media occidentali, alcuni sondaggi ufficiali confermano che i due terzi della opinione pubblica è schierata a favore del genocidio del popolo palestinese

 

Sono stati pubblicati i risultati del sondaggio lanciato dall’Istituto Israeliano per la Democrazia secondo il quale il 68% della popolazione israeliana sarebbe contraria agli aiuti umanitari a favore della popolazione di Gaza.

Nelle ultime settimane si sono susseguiti blocchi di camion ad opera di coloni e cittadini israeliani che ritengono l’aiuto umanitario un concreto sostegno ad Hamas e a quello che definiscono terrorismo palestinese.

Sempre nella società israeliana la stragrande maggioranza della opinione pubblica è schierata contro gli aiuti delle Nazioni Unite e chiede esplicitamente il bando dell’UNRWA[1].

Non abbiamo ragioni per confutare questi dati che confermano lo spostamento progressivo dell’opinione pubblica israeliana verso posizioni guerrafondaie e favorevoli alla definitiva espulsione dei palestinesi dalle loro terre, chi pensava nei mesi scorsi che un eventuale cambio della leadership avrebbe portato dei cambiamenti sostanziali nella politica di Israele non aveva fatto i conti con i sentimenti diffusi antiarabi e antipalestinesi. Oggi il Governo gode di consensi decisamente maggiori di alcune settimane or sono, le proteste diffuse nella società israeliana contro Netanyahu si sono via via affievolite e lo stesso vale per i familiari dei prigionieri.

Oggi possiamo asserire che due terzi, e forse più, dell’elettorato voterebbe a favore delle destre estreme e sarebbe perfino favorevole ad escludere da eventuali elezioni liste non sioniste o afferenti alla popolazione araba e palestinese.

Dal 2019 al 2022, con quattro elezioni in programma e una quinta in programma, le dimensioni del centro politico sono diminuite di nove punti percentuali e il numero di cittadini che si identificano a sinistra di sei punti, rispettivamente al 24% e all’11%.

Nel 1986, quando il sondaggio fu condotto per la prima volta, il 39% degli elettori ebrei israeliani si definiva di destra, il 25% di centro e il 23% di sinistra. Nel sondaggio del 1995, l’anno in cui fu assassinato il primo ministro Yitzhak Rabin, il 36% si definiva di sinistra, il 29% di destra e il 28% di centro. Anabi ha detto che il sondaggio del 1995 è stato fatto poco dopo l’assassinio, e ha segnato l’unico anno dal 1986 in cui la sinistra ha superato la destra.

Tra gli elettori ebrei di destra, che si identificano come appartenenti alla maggioranza del 62%, ci sono persone ideologicamente di destra, ma che sostengono candidati che non si alleeranno con Netanyahu, citando il suo processo per corruzione in corso. Tra questi ci sono gli elettori del partito Nuova Speranza di Gideon Sa’ar, ora fuso con Blu e Bianco di Benny Gantz in un’alleanza di centro-destra, e gli elettori di YisraelBeytenu di Avigdor Liberman, che rinuncia anche alla collaborazione con il primo ministro Netanyahu.[2]

In caso di esclusione del premier Netanyahu è ipotizzabile uno slittamento dell’elettorato e di un futuro governo su posizioni ancora più reazionarie e sioniste di quelle dell’attuale maggioranza.

Ecco spiegata la ragione per la quale una parte largamente maggioritaria degli israeliani sia oggi di fervente osservanza sionista e disposta a sostenere il genocidio del popolo palestinese smentendo le dichiarazioni dei media occidentali, in primis statunitensi, per i quali, una volta cacciati i politici corrotti, la società israeliana potrebbe riprendere il proprio cammino verso la democrazia e una coesistenza pacifica con i palestinesi, a meno di non considerare democratica la mattanza della popolazione civile palestinese.

Lo Stato di Israele per alcuni osservatori internazionali e organismi deputati al rispetto dei diritti umani non sembra avere recepito le indicazioni delle Nazioni Unite che invocavano misure immediate ed efficaci per consentire la fornitura di servizi di base urgentemente necessari e di assistenza umanitaria per affrontare le avverse condizioni di vita affrontate dai palestinesi nella Striscia di Gaza.[3]

Prova ne sia il fatto che alcuni giudici israeliani ritengono illegittime perfino le indicazioni dell’Onu a tutela dei diritti umani e continuano i blocchi dei camion con cibo e medicine al confine meridionale vicino a Rafah. Sarebbe sufficiente ricordare le dichiarazioni pubbliche del ministro della Difesa Yoav Galant: “Ho ordinato un assedio completo alla Striscia di Gaza – niente elettricità, niente cibo, niente gas, tutto è chiuso – stiamo combattendo contro gli animali umani e agiamo di conseguenza”.

Il colonialismo da insediamento ha prodotto una trasformazione inesorabile nella società israeliana e perfino una timida parvenza di liberalismo viene giudicata un cedimento intollerabile verso la popolazione civile palestinese.

 

[1]MostIsraelis: an “Absolute Victory” to the War isUnlikely – The Israel Democracy Institute (idi.org.il)

 

[2]Gli elettori ebrei israeliani si sono spostati significativamente verso destra negli ultimi anni, secondo i dati | I tempi di Israele (timesofisrael.com)

[3]Oltre i 2/3 degli ebrei israeliani si oppongono agli aiuti umanitari ai palestinesi che muoiono di fame a Gaza | MR in linea (mronline.org)

Nella Striscia di Gaza è genocidio, governi europei complici di Israele

Fonte foto: da Google

9 commenti per “La gran parte della società israeliana è favorevole al genocidio del popolo palestinese

  1. Mario Galati
    27 Febbraio 2024 at 14:14

    Israele è una democrazia.
    È una democrazia liberale, coloniale, razzista, capitalistica, ossia, una classica democrazia herrenvolk, come le nostre.
    È sbagliato ritenere che le democrazie capitalistiche siano altro. Il loro intimo volto potrebbe essere deformato in alcuni frangenti storici dai mutati rapporti di forza con il movimento dei lavoratori (e mi riferisco non solo a singole situazioni nazionali: vedi tutta la storia della lotta di classe e anticoloniale del ‘900, la sconfitta del nazifascismo, l’URSS, ecc.), ma questo riaffiora sempre e inevitabilmente come risposta alle crisi, oppure dinanzi alla debolezza dei lavoratori.
    Leggere Losurdo (essenzialmente, ma anche Canfora) per chiarire bene questi aspetti cruciali e scrollarsi di dosso pregiudizi borghesi sulla “democrazia”.

    • Ndrt
      27 Febbraio 2024 at 21:23

      In uno stato democratico tutti, almeno in teoria, hanno gli stessi diritti. Israele è una democrazia etnica, ovvero gli ebrei hanno più diritti dei non ebrei, quindi non è, nemmeno in linea teorica, una vera democrazia.

      • Mario Galati
        28 Febbraio 2024 at 7:57

        Anche in linea teorica, non solo sul piano della realizzazione pratica, le democrazie liberali classiche escludevano dall’universalismo i lavoratori, le donne e i popoli coloniali. La democrazia era limitata al popolo dei signori. Il razzismo è l’ideologia del colonialismo capitalistico, una creatura liberale e “democratica”, soltanto ereditata e radicalizzata, quanto possibile, dal nazifascismo.
        Il faro della democrazia era uno stato schiavista e razzista, gli USA, in cui il suffragio universale maschile era soltanto l’altra faccia della schiavitù e del razzismo in veste di ideologia suprematista bianca. Tutte le altre democrazie liberali conoscevano la schiavitù nelle colonie e l’esclusione dei lavoratori, dei poveri e delle donne dai diritti politici e, spesso o velatamente, anche dai diritti civili.
        E queste cose, ripeto, erano esplicitamente teorizzate dai liberali, non erano una deviata realizzazione pratica.
        Non è affatto vera quella autorappresentazione che i liberali, soprattutto i liberalucoli attuali, danno di loro stessi e della teoria liberale. Gli uomini liberi sono tali solo e in quanto si contrappongono agli uomini non liberi. I liberali che si sono contrapposti alla nobiltà feudale hanno generato e conservato un sentimento e un principio aristocratico e oligarchico che discende dalla posizione di classe della borghesia e dalla necessità di conservazione della posizione privilegiata. C’è sempre stata l’ostilità e l’avversione per le masse. Popolo era soltanto la borghesia, tranne nei periodi di slancio rivoluzionario, quando la borghesia ha bisogno delle masse come esercito rivoluzionario.
        L’ universalizzazione, ossia il superamento delle tre clausole di esclusione citate, propria della democrazia moderna come quella disegnata dalla nostra costituzione, è opera del conflitto e della lotta degli oppressi, in primis del movimento dei lavoratori, del movimento comunista e anticoloniale, non di una evoluzione razionale autonoma del sistema liberale e di una conseguente benevola concessione dello stato. Tanto è vero che, venuta meno l’URSS e la spinta del movimento dei lavoratori, le democrazie liberali conoscono un’involuzione autoritaria e una vera e propria fascistizzazione, come reazione alla crisi e alla necessità di riorganizzazione, anche in risposta alle spinte di decolonizzazione economica provenienti dai paesi emergenti e del resto del mondo, Cina in primis.
        Ossia, solo i rapporti di forza hanno curvato le classiche democrazie liberali nel senso di democrazie moderne (ma mai del tutto). Questo breve periodo post seconda guerra mondiale ha dato l’illusione di un assetto definitivo ed ha generato i pregiudizi borghesi sulla democrazia nelle masse di lavoratori, come era successo alla fine dell’ottocento con la socialdemocrazia riformista e opportunista.
        Adesso le cose si stanno di nuovo chiarendo, ma i pregiudizi acquisiti sono un ostacolo a vedere le cose come stanno.
        Non posso dilungarmi.
        Ripeto, leggere Domenico Losurdo è fondamentale per chiarirsi queste cose.

        • Mario Galati
          28 Febbraio 2024 at 8:03

          La vera democrazia non esiste. Esistono “le” democrazie.
          Ciò che forse si intende per vera democrazia, ossia l’autonomia di tutto il popolo, intesa come partecipazione al potere sociale di tutti gli individui sviluppati e formati nella loro personalità, non può esistere in regime capitalistico e si chiama comunismo.

        • Fabrizio Marchi
          28 Febbraio 2024 at 12:39

          Condivido in buona parte la tua analisi. Tuttavia ci sono due questioni che, dal mio punto di vista non possono essere sottaciute.
          Il socialismo reale sovietico o comunismo storico che si è concretamente determinato non è comunque riuscito a realizzare non dico una piena ma neanche parziale democrazia partecipata dal basso, al netto delle ragioni e delle cause esterne che lo hanno condizionato. E la libertà di opinione e di organizzazione della propria opinione non è a mio parere una mera “libertà borghese” ma una libertà oggettiva che attiene alla condizione ontologica degli esseri umani né più e né meno del mangiare, del bere, dormire e fare sesso. L’essere umano è un essere naturale e culturale nello stesso tempo e questa è la sua specificità, e quindi è anche pensiero. E il pensiero deve essere lasciato libero di esprimersi. Poi siccome non vivo sulla luna ci possono essere fasi dove il primum vivere viene sicuramente prima del filosofare. Però poi ci deve essere la capacità di ripristinare quella libertà di pensiero e di organizzazione del proprio pensiero e sotto questo aspetto l’esperienza comunista è stata fallimentare. E questo è un tema sul quale i marxisti o i neo marxisti occidentali dovrebbero riflettere approfonditamente. Proprio perché, come dice giustamente Losurdo, non può esistere un socialismo valido per tutte le latitudini e per tutti i contesti, è evidente che nel nostro contesto specifico, quello europeo continentale ma anche occidentale nel suo complesso, il tema della libertà (e della democrazia) non può essere declinato come in altri contesti. E soprattutto NON può essere lasciato ai liberali e ai neoliberali come se loro fossero i soli titolati a parlarne, a rivendicarlo, come se fosse “roba” loro. Sappiamo bene che è in larga parte una finzione e non sto a ripetere quello che tu hai già detto e che condivido. Tuttavia io credo che sotto questo profilo l’esperienza del movimento comunista sia stata largamente insufficiente e purtroppo fallimentare. La degenerazione burocratica e poi il crollo, anche abbastanza indecoroso, del socialismo reale, che si è sostanzialmente squagliato, a mio parere lo dimostra. Ma questo sarebbe un discorso lunghissimo che, intendiamoci, va affrontato.
          Seconda questione. Anche Losurdo, che stimo e di cui ho letto alcuni interessanti e condivisibili libri (fra tutti, “Il marxismo occidentale, come nacque, come morì e come può rinascere”), è purtroppo, come quasi tutti, rimasto prigioniero della narrazione femminista, e lo si evince anche dal tuo commento che è in linea con le sue posizioni.
          La condizione della stragrande maggioranza degli uomini fino ad un secolo fa non era certo migliore di quella della stragrande maggioranza delle donne (così come non lo è tuttora…), anzi, e potrei portarti decine di esempi per dimostrarti questo, dalle condizioni di lavoro (gli uomini hanno sempre svolto i lavori più pesanti, rischiosi e purtroppo mortali, molto spesso obbligati a farlo) agli obblighi militari e quindi all’essere costretti ad andare al macello in guerra. Su questi temi (divisione sessuale del lavoro e non solo) abbiamo approfondito e scritto molto e siamo in grado di documentare quello che scriviamo. Mi limito a postare qui un articolo di un nostro amico che, anche se non è specificamente in tema, ci dice molto su come stavano le cose nella storia, altro che privilegio maschile… https://www.linterferenza.info/contributi/alla-scuola-del-titanic/
          Ma anche sul piano dei diritti politici e civili la condizione della stragrande maggioranza degli uomini è stata per lo più del tutto simile a quella delle donne. Il lasso di tempo intercorso tra i primi suffragi universali maschili e quelli universali maschili e femminili (ricordiamo che la democrazia, anche quella liberale, è un’invenzione recentissima…), è scarsissimo, e il diritto al voto, ripeto, era collegato all’espletamento del servizio militare (e prima ancora al censo, e infatti aveva diritto al voto una minoranza esigua di uomini che poi si è gradualmente ampliata, e subito dopo questo ampliamento è stato concesso anche il suffragio femminile…). E non mi pare proprio che la condizione di un bracciante, un operaio, un minatore o un qualsiasi altro lavoratore manuale (cioè la grande maggioranza degli uomini fino a un secolo fa) fosse migliore o addirittura privilegiata rispetto a quella di una donna dell’aristocrazia o della borghesia per il solo fatto di appartenere al genere maschile…
          Siamo di fronte ad una rilettura della storia, quella femminista, che non ammette critiche o aperture, per la semplice ragione che se si aprissero, il loro postulato ideologico – poco più che una favola rassicurante per bambini – si squaglierebbe come neve al sole.
          La mia opinione è che questo è un tema tabù e anche i migliori sono rimasti prigionieri di questa narrazione ideologica. Il che è grave per dei marxisti, e quindi materialisti, e anche per dei leninisti (come Losurdo) per i quali dovrebbe essere fondamentale il concetto dell’”analisi concreta della situazione concreta”. Ho letto e ascoltato fior di intellettuali, anche e soprattutto marxisti, che quando si affrontava questo tema riproponevano le più scontate letture femministe degne di essere ripetute da un bambino della quinta elementare e forse meno. Tutta la complessità e la profondità del loro pensiero si trasformava in un riassuntino sotto dettatura delle più scontate litanie femministe. Ma questo conferma, a mio parere, che la questione, in questo caso, è di natura psicologica, non ideologica e tanto meno filosofica. Siamo su un piano psicologico, purtroppo scarsissimamente frequentato da tutta la Sinistra e anche dai marxisti (a parte i francofortesi che hanno avuto l’intuizione e che però lo hanno fatto dal loro punto di vista e hanno finito per diventare i padri del politicamente corretto e del femminismo occidentale), imbevuti di economicismo e sociologismo. Ma se non si esplorano quei territori – sessualità, psicologia, antropologia – non si potrà mai comprendere realmente la relazione fra i sessi e si applicheranno a questa categorie fuorvianti. Un po’ come andare a vedere una partita di calcio applicando le regole del basket o della pallanuoto…
          E questa resistenza ad affrontare questo tema fuori delle liturgie femministe affonda le sue radici in questioni di ordine psicologico. La più grande forza del femminismo è la sua capacità paralizzante, psicologicamente parlando, che a sua volta affonda le sue radici nell’antropologia maschile. Ma qui il discorso si fa ovviamente lunghissimo e rimando alla lettura dei libri e delle centinaia, forse migliaia, di articoli che abbiamo scritto da una ventina di anni a questa parte (non solo il sottoscritto, naturalmente, ma anche tanti altri).

          • Mario Galati
            28 Febbraio 2024 at 13:58

            Beh, che le donne fossero private dei diritti politici insieme ai lavoratori ed ai popoli coloniali è un dato di fatto.
            Che le relazioni tra i sessi fossero anche relazioni di classe è un altro fatto supportato da Engels, oltre che da Losurdo.
            Che la donna borghese, anche se benestante avesse un ruolo pur sempre subalterno, come evidenziato da Ibsen in “Casa di bambola”, è avvalorato anche da Gramsci.
            Quanto al ruolo e alla funzione storica progressiva del liberalismo (della borghesia e del capitalismo stesso), e dell’idea dello stato di diritto, conquista liberale cui fa riferimento anche la Cina, non l’ho mai messo in dubbio. Altra cosa è ricercarne dialetticamente la genesi e la contraddittorietà, se non si vogliono accettare versioni apologetiche (del liberalismo), ipostasi e pregiudizi.
            Quanto al completo fallimento sul versante della libertà di espressione e di pensiero delle esperienze storiche socialiste novecentesche non sono d’accordo. Soprattutto se ciò viene sostenuto in confronto ai paesi capitalistici. Che i problemi ci fossero lo condivido.

          • Fabrizio Marchi
            28 Febbraio 2024 at 17:27

            Considero il famoso libro di Engels sull’origine della famiglia poco più che una favola per bambini, per quanto mi riguarda. Ciò detto, non vedo dove la grande maggioranza degli uomini, eccezion fatta per quel brevissimo periodo di tempo fra i due suffragi universali, abbiano goduto di maggiori diritti rispetto alle donne. E in ogni caso questi maggiori diritti erano pagati ad un prezzo altissimo che non valeva la candela, per lo meno se parliamo appunto della stragrande maggioranza degli uomini. E questo vale dall’epoca del lavoro schiavistico (nessuna schiava femmina è mai stata incatenata al remo di una galera) passando per quello servile fino a quello salariato. I pochissimi diritti erano ampiamente bilanciati da una pesantissima mole di doveri, anche rispetto alla famiglia e alla propria moglie. Il femminismo ha rivisitato tutto ciò come oppressione sistematica e scientifica del genere maschile su quello femminile, alla faccia della complessità. E anche questa è una favola per bambini, per come la vedo io…
            Ciò detto, mio nonno e mia nonna hanno vissuto in un periodo storico dominato dalla cultura patriarcale in cui mia nonna non aveva diritto al voto ma io non cambierei un secondo della vita di mio nonna con quella di mio nonno. Provare per credere… https://www.linterferenza.info/editoriali/linsostenibile-strabismo-dell-intellettuale-sinistra/

  2. Mario Galati
    28 Febbraio 2024 at 15:20

    Per evitare equivoci preciso che sulla posizione sociale della donna non ho fatto riferimento alla situazione attuale, che nelle nostre società non è quella passata, anche se, come sempre, vi possono essere sopravvivenze nel retaggio storico, oltre che strumentali (da parte del potere capitalistico nella fase attuale) capovolgimenti.

  3. Sandro
    1 Marzo 2024 at 18:40

    Le donne sono gli unici esseri umani che hanno ottenuto il diritto di voto senza alcuna contropartita, ovvero l’obbligo del servizio militare o, perlomeno, del servizio civile.
    E questo vale sia in Occidente che in Oriente.

    https://ilreietto.com/2017/06/02/2-giugno-2017-71-anni-di-oblio/

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