Il mondiale del sangue

La Questura di Roma, in occasione della partita di ieri sera fra Lazio e Salernitana, non ha autorizzato l’esposizione di uno striscione all’interno dello stadio Olimpico contro il Mondiale di calcio che si svolgerà fra poche settimane in Qatar. Lo striscione recitava testualmente,  “No al mondiale del sangue”. L’iniziativa era promossa dall’Associazione “Lazio e Libertà”.

Come ormai noto, sono migliaia i lavoratori, tutti immigrati,  per l’esattezza circa 6500 (dato riportato dal quotidiano inglese “Guardian”) negli ultimi dieci anni, gran parte dei quali hanno perso la vita per incidenti sul lavoro occorsi durante la costruzione degli stadi.

Il Mondiale organizzato dal Qatar è forse la più grande speculazione mai avvenuta nella storia del calcio mondiale, avvenuta con il bene placet dei vertici del calcio internazionale che hanno chiuso entrambi gli occhi, per connivenza o quieto vivere, in ossequio al grande movimento di affari che ha riguardato un numero imprecisato di imprese e che coinvolge interessi enormi a partire da quelli degli sponsor e dei media di tutto il mondo.

Rispetto a tutto ciò, la strage di lavoratori è stata per questi signori soltanto un necessario e inevitabile incidente di percorso.

Alla luce di tutto ciò appare quanto meno maldestra la decisione della Questura di vietare l’esposizione dello striscione con argomentazioni a dir poco risibili, in base alle quali lo striscione non aveva nulla a che vedere con la partita e con la Lazio. Una decisione, a mio parere, grave e anche incostituzionale perché tutti hanno diritto a manifestare le proprie idee, purchè pacificamente.

Una scelta – quella della Questura di Roma – tanto più surreale se pensiamo che ogni domenica allo stadio Olimpico, come in altri stadi italiani, gruppi numerosi di ultras organizzati e dichiaratamente nazifascisti, spesso collusi con la criminalità comune, vengono lasciati del tutto indisturbati mentre intonano cori razzisti e antisemiti, inneggiano al duce e al nazifascismo con tanto di braccia tese nel saluto romano ed espongono striscioni e vessilli altrettanto evidenti per la loro collocazione ideologica. Un comportamento a dir poco paradossale per delle forze dell’ordine che dovrebbero garantire la piena agibilità democratica dei luoghi pubblici, e quindi anche degli stadi, e il rispetto dei principi costituzionali.

Sia chiaro che questa logica dei due pesi e delle due misure e questa tolleranza nei confronti di queste frange di nazifascisti e di criminali comuni (in genere dediti al traffico di droga) che occupano interi settori degli stadi avviene da decenni e con tutti i governi, sia di centrodestra che di centro”sinistra”. Perché?

Per varie ragioni. Intanto lasciargli una sorta di zona franca dove possano sfogarsi fa sì che non facciano danni altrove. Finchè stanno negli stadi procurano tutto sommato pochi fastidi se non agli altri spettatori, spesso vittime delle loro bravate e delle loro aggressioni violente, come avvenuto pochi giorni fa a Milano quando gli ultras interisti, venuti a sapere dell’uccisione in un agguato sotto la sua abitazione di un loro vecchio capo ultrà,  hanno sgomberato con la forza la curva nord del Meazza mentre era in corso la partita fra Inter e Sampdoria, malmenando chiunque si opponesse alla loro decisione, compresi padri e madri di famiglia con bambini al seguito che piangevano spaventati.  L’elenco di simili episodi potrebbe essere lunghissimo, ovviamente.

Ma tutto ciò non costituisce un problema per le forze di polizia le quali, concedendogli piena agibilità all’interno degli stadi (non si può neanche appendere uno striscione senza l’”autorizzazione” degli ultras…), possono controllarli agevolmente. Del resto sia le questure che il Ministero dell’Interno li conoscono tutti perfettamente uno ad uno, se veramente volessero renderli innocui potrebbero farlo in qualsiasi momento.  La domanda sorge, dunque, spontanea. Perché non lo fanno?

Perché si tratta di una manovalanza che può sempre tornare utile, estrema ratio. Fascisterie varie e criminalità comune hanno sempre costituito un brodo di coltura formidabile e funzionale per i servizi segreti e per i vari corpi di sicurezza dello stato. Facendo un piccolo salto indietro nella storia ricordiamo tutti la banda della Magliana o i rapporti fra servizi segreti (e NATO) e settori del neofascismo cosiddetto eversivo. Tornando ai giorni nostri è sufficiente ricordare l’assalto indisturbato alla sede nazionale della CGIL compiuto da elementi neofascisti e nello stesso tempo noti capi di gruppi ultrà di squadre di calcio capitoline.

Molti di questi “personaggi” sono pluripregiudicati con una infinità di gravi reati sulle spalle e nonostante ciò sono a piede libero. Perché? Perché sono ricattabili, quindi manipolabili e utilizzabili al bisogno. Se lo stato volesse veramente sbarazzarsi di questi figuri potrebbe farlo non dico in un nano secondo ma quasi. E invece non lo fa e le ragioni, anche alla luce della storia e dei fatti,  non possono che essere quelle di cui sopra.

Vietato, dunque, criticare il mondiale di calcio insanguinato, ma via libera (da sempre) ai cori razzisti e alle palesi manifestazioni di nazifascismo. Tutto in linea con la nostra Costituzione.

Complimenti alle questure, alle prefetture e ai vari ministri degli interni che si sono succeduti in tutti questi anni.

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