Il razzismo negli stadi e i rave party. Due pesi e due misure

Ieri sono andato a vedere una partita di calcio allo stadio Olimpico. Un buon 40% dei presenti intonava cori dichiaratamente razzisti e antisemiti, di fatto ispirati al nazismo, sia pure all’interno di una cornice spacciata come “goliardica” – come gli stessi ultras hanno dichiarato – che usa l’epiteto razzista e antisemita come modalità per insultare l’avversario. Secondo questi “signori” gridare in coro “romanista ebreo” o “milanista ebreo” – come avvenuto recentemente e ripetutamente sia allo stadio Olimpico di Roma che al Meazza di Milano, sarebbe una manifestazione goliardica.

In realtà questi slogan e cori razzisti vengono intonati sistematicamente da anni, diciamo pure decenni, in quasi tutti i principali stadi italiani dove ai cosiddetti ultras, cioè bande organizzate di estremisti neofascisti e criminalità comune (che però riescono a coinvolgere e a trascinare tantissimi giovani che vanno allo stadio per fare il tifo e finiscono per aggregarsi anche ideologicamente a quella marmaglia) viene garantita una sorta di zona franca, come ho già spiegato in un precedente articolo. Questa tolleranza da parte delle autorità nei loro confronti c’è stata con tutti i governi, sia chiaro, sia di centrodestra che di centrosinistra, e anche in questo caso ho già spiegato le ragioni di ciò. In sintesi, questa manovalanza di neofascisti e criminali comuni può sempre tornare utile, estrema ratio, come già accaduto in passato. Si tratta per di più di soggetti pluripregiudicati e quindi ricattabili e manovrabili. Se lo stato volesse metterli fuori gioco potrebbe farlo in un battibaleno, e invece lascia fare.

Fin qui tutto già noto. Si aprono però, a questo punto, un paio di contraddizioni, per lo meno per chi le vuole vedere.

La prima. Il governo in carica ha dichiarato guerra ai rave party ma consente (e lo hanno consentito tutti i governi) che ogni domenica negli stadi avvenga questo scempio. Ora, io non ho nessuna particolare simpatia per i rave party, luoghi dove l’uso smodato di droghe da parte dei giovani viene elevato ad ideologia (dello sballo) e ad una sorta di vero e proprio feticcio, però trovo quanto meno altrettanto grave e diseducativo tollerare contesti dove si fa del razzismo manifesto, si mima il verso della scimmia ai giocatori di colore e si insultano gli avversari dandogli dell’ebreo o del negro. E’ evidente la logica dei due pesi e delle due misure.

In altri paesi europei, va riconosciuto, queste pratiche e comportamenti razzisti all’interno degli stadi non sono tollerati.

La seconda. La comunità ebraica mondiale, inutile negarlo, è potentissima, sia a livello economico che politico. Se veramente lo volesse, avrebbe potuto e potrebbe fare pressione sui governi e sull’attuale governo per porre fine a questi beceri comportamenti. Ma non lo fa, al di là delle solite dichiarazioni scandalizzate di circostanza. Perché? Perché in verità non gliene importa nulla, perchè non sono certo le frange neonazifasciste che impensieriscono la comunità ebraica mondiale, le lobby sioniste e lo stato di Israele impegnato su ben altri fronti come occupare la Palestina e annichilire tutti i suoi nemici, dalla Siria all’Iran passando per Hezbollah e tanti altri ancora. Del resto in Israele si sono da sempre alternati governi laburisti a governi di estrema destra razzista che in poco o nulla si differenziano dai nazifascisti, e non è neanche un mistero che una gran parte della comunità ebraica italiana e romana in particolare strizzi da tempo l’occhiolino alla destra, sia pure quella istituzionale.

Questa combinazione di fattori ha fatto e fa sì che le manifestazioni di razzismo e nazifascismo negli stadi siano tollerate mentre i rave party vengono criminalizzati. Il paradosso è evidente.

Foto di due striscioni: uno chiaramente neonazista, l'altro senza chiari connotati politici

Fonte foto: da Google

 

 

3 commenti per “Il razzismo negli stadi e i rave party. Due pesi e due misure

  1. Filippo
    12 Novembre 2022 at 10:19

    Sono d’accordo su alcuni punti, e non conosco la situazione romana nello specifico (sicuramente vicina all’estrema destra).
    Ma per un’analisi più completa del confronto andrebbero considerati anche:
    – i gruppi ultras di sinistra (pisa, livorno, terni, perugia etc etc)
    – l’utilizzo dello stadio come laboratorio sociale di repressione (la tessera del tifoso, di decenni fa, è un pericoloso antenato del green pass). Dire che lo stato potrebbe spazzare via i gruppi ultras con poco è vero, come è vero che le questure cercano il quieto vivere per avere i giovani sotto controllo.

    Ma la repressione negli stadi è stata comunque pesante negli ultimi due decenni, con diffide e condanne sempre più lunghe per comportamenti sempre meno esacerbati (rispetto agli anni 80 e 90, dove la violenza era molto più presente sia allo stadio che nella vita di tutti i giorni).

    • Fabrizio Marchi
      12 Novembre 2022 at 10:56

      Scusa ma il paragone con le curve di sinistra non regge, intanto perchè sono pochissime ormai (parli con un appassionato di calcio e un conoscitore delle curve e degli stadi di tutta Italia) e ininfluenti nel panorama complessivo delle curve e delle varie tifoserie, e poi perchè non è possibile, sul piano concettuale, mettere sullo stesso piano chi sventola una bandiera con l’effige di Che Guevara con chi sventola bandiere e simboli nazisti e inneggia apertamente al razzismo. Non sono neanche d’accordo sul fatto che la repressione del fenomeno sia stata dura in questi anni, come ho spiegato in questo articolo e in un altro precedentemente pubblicato poche settimane fa. I gruppi ultras fascisti commistionati con la criminalità organizzata vengono lasciati sostanzialmente proliferare per varie ragioni che ho già spiegato anche in questo caso. Possono sempre tornare utili al bisogno, sono controllabili, controllati, ricattabili e ricattati e lo stato non ha nessun interesse a scioglierli altrimenti lo avrebbe già fatto. Ciò detto, il fenomeno “ultras” ha anche da molto tempo perso quel margine, comunque molto limitato e contraddittorio, di “ribellismo”. I capi ultras fanno affari, legali o illegali (traffico di droga in particolare), ricattano le società di calcio (che si lasciano ricattare…), hanno fatto da tempo del tifo un personale business gestendo merchandising, biglietti, negozi ecc. Poi ci sono tanti giovani e giovanissimi che gli vanno dietro ma questo è un altro discorso. E poi c’è il risvolto politico. Alcuni gruppi dell’estrema destra neofascista hanno optato per una lucida strategia di penetrazione nelle curve di tutta Italia e ci sono riusciti, anche grazie all’inesistenza di una Sinistra degna di questo nome. I ceti popolari sono completamente abbandonati da decenni e quindi anche i luoghi popolari (e lo stadio è uno di questi, per eccellenza) non potevano che finire nelle mani della destra e, nel caso in questione, della destra più radicale.

  2. Giulio Bonali
    13 Novembre 2022 at 9:30

    Non metterei nel medesimo fascio (littorio?) “ebraismo” (ed anzi ebraismi, dal momento che credo non esista un’ unica, indiscriminata “comunità ebraica mondiale” ma molti diversi e talora opposti ebraismi) e sionismo.
    Il secondo é solo un sottoinsieme dei primi, per dirlo con Aristotele una specie dei primi che complessivamente possono essere considerati costituire un genere, per quanto assai variegato e intrinsecamente contraddittorio.
    Il secondo é un razzismo non secondo a nessun altro razzismo, nazismo compreso, per ripugnante, obbrobriosa inciviltà, disumanità, criminalità di massa e genocida; i secondi comprendono fra l’ altro movimenti culturali e politici più o meno democratici e più o meno progressisti (ergo, fra l’ altro, inevitabilmente antisionisti).

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