Se la sanità diventa un business

Sale operatorie date in appalto al privato per smaltire gli arretrati, servizi socio sanitari a rischio per carenza di fondi, sono notizie locali, in quel di Pisa, che inducono a riflessioni sugli scenari dispotici della autonomia differenziata

La sanità è divenuta un business e non solo da ora, almeno dall’inizio degli anni novanta quando avvenne la sua aziendalizzazione trasformando le Usl in aziende sanitarie locali (Asl), la cui gestione passò dai Comuni alle Regioni con l’obiettivo dichiarato di raggiungere l’efficienza economica a mero discapito della tutela del diritto alla salute. 

La elezione diretta dei sindaci e dei presidenti delle Province, i patti di stabilità, le spending review hanno finito non con l’efficientare la spesa sanitaria ma a sottoporla a continui tagli, revisioni di spesa che nel tempo hanno prodotto il risultato di ridurre le prestazioni sanitarie, gli organici necessari, gli investimenti indispensabili, il numero di posti negli ospedali e in terapia intensiva, le strutture ospedaliere stesse specie se collocate in aree lontane dai centri.

Anche il Pnrr sembra privilegiare aspetti che poco hanno a che vedere con l’offerta di prestazioni e servizi pubblici, molti cittadini ormai si rivolgono al privato, e a caro prezzo, perchè chi avrebbe dovuto salvaguardare la sanità pubblica non lo ha fatto.

E questa premessa si rende necessaria alla luce dei recenti fatti ossia  l’appalto a terzi (notizia apparsa sulla cronaca di Pisa di un quotidiano locale) per recuperare circa 600 interventi in arretrato con la drammatica resa della sanità pubblica rispetto al privato, l’incapacità di garantire servizi per ristrettezza di mezzi, risorse e personale a disposizione in virtù di tutte quelle regole di spesa che hanno falcidiato il diritto alla salute.

E a questa notizia, di pochi giorni fa, se ne aggiunge un’altra relativa alla Società della salute che avrebbe risorse carenti per erogare servizi socio sanitari e per questo viene chiesto un aiuto sostanzioso a quei comuni dell’area pisana che hanno delegato funzioni alla Sds.

Se oggi le risorse per le attività socio sanitarie della società della salute sono insufficienti, se oggi mancano perfino medici e infermieri per garantire operazioni e interventi, se ci ritroviamo con lunghe liste di attesa, pronto soccorso traboccante di pazienti in attesa di cure o un numero insufficiente di medici e infermieri per il numero chiuso nelle facoltà e la tendenza di rivolgersi ad interinali piuttosto che bandire concorsi,  dobbiamo ricordare che non basta di per sè incrementare le risorse senza rivedere tutte le politiche che hanno portato al dissesto della sanità pubblica. E quanto potrà accadere con la autonomia differenziata non è un avvenire dispotico ma semmai prefigura scenari a breve scadenza a conferma che il regionalismo alla fine ha messo in crisi lo Stato senza per altro migliorare le Regioni; gli anni pandemici dimostrano proprio il fallimento di questi processi.

E intanto, giorno dopo giorno,  vediamo cittadini disorientati e assuefatti all’idea di rivolgersi principalmente al privato per beneficiare di cure che dovrebbero invece essere garantite dalle strutture pubbliche senza trasformare un diritto, quello alla salute, in un business.

Fonte foto: Ansa (da Google)

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