Stati Uniti d’America e d’Europa nel cinema. Il nostro angolo di mondo descritto dai film degli ultimi anni

Il cinema è, da oltre un secolo a questa parte, specchio privilegiato della società. Specchio che spesso ha prodotto capolavori. Ma da diversi anni quello specchio sembra essersi rotto definitivamente. Per vedere film di valore (parlo di fiction che va nelle sale e sulle piattaforme) bisogna cercarli fuori dal cosiddetto Occidente. Il cinema prodotto negli Stati Uniti d’America e d’Europa è praticamente collassato (tranne rare eccezioni) su se stesso, impossibilitato a produrre non solo capolavori ma anche opere degne di tale nome. Il motivo è, o dovrebbe essere, sotto gli occhi di tutti: un tracollo culturale generalizzato, del quale tracollo l’aspetto peggiore è proprio la dittatura del politicamente corretto.

Se a chi scrive un film vengono imposte tutta una serie di obblighi e restrizioni, il risultato non potrà che essere un prodotto asfittico e piatto, in quanto zigzagante attraverso reticoli coercitivi tali da frustrarne ogni slancio espressivo. Che tali reticoli siano imposti o autoimposti poco cambia. Un elenco, anche se parziale e sbrigativo, è presto fatto.

Ogni film deve avere l’immancabile dichiarazione di fede femminista, e la complementare accusa al maschio bianco etero cattivo e stupratore. Deve avere il “negretto” buono, che anche quando si comporta male lo fa a fin di bene. La “cinesina”, occidentalizzata (naturalmente) senza più legami con la madre patria nazione canaglia, che persegue il bene ad ogni costo. La donna che lotta per la propria libertà di non fare figli per emanciparsi (oltre che di andare sette volte a settimana dal parrucchiere). Il gay e la lesbica che devono avere la libertà di baciarsi in pubblico con chi desiderano, e anche di sposarsi e avere figli, naturalmente. Inoltre, anche in base a tali intricatissimi dogmi morali, il rapporto sessuale non viene quasi più rappresentato, perché non si sa come maneggiarlo al fine di non incorrere in conseguente censura. Censura (attenzione!) diversa da quella del passato, quando si evitava di far vedere troppo. Oggi la censura è sulla modalità che intercorre fra i due amanti etero, affinché l’uno non s’imponga sull’altra, o addirittura l’altra non si mostri volontariamente sottomessa. Ma quale sarà la modalità politicamente corretta? Nel dubbio, per ora, si evita di mostrare cosa accade sotto le coperte.

Infine, ci sono tutte le restrizioni e imposizioni linguistiche. Nessuna persona (tranne il maschio bianco di cui sopra) può essere cattiva, ma solo diversamente buona. Nessun insulto è permesso (che non sia rivolto al solito maschio di cui sopra). Nessun maschile sovraesteso, ma solo giri di parole inclusivi. Ecc. ecc.

In base a tale chiusura dogmatica inchiavardata nel politicamente corretto, possiamo rilevare che il nostro cosiddetto Occidente delle libertà, si configura invece come un angolo di mondo nel quale si sperimentano nuove forme di schiavitù, che al momento sembrano essere ben più perniciose di quelle passate. Perché colpiscono il pensiero, l’espressività, la possibilità di amare; colpiscono, in definitiva, l’anima, cioè la parte più sensibile e delicata di ciò che siamo e che ci rende esseri umani capaci di poesia.

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Fonte foto: da Google

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