Trump lo sparviero


Il Presidente degli Stati Uniti Trump che dovrebbe rappresentare la punta di diamante dell’Occidente ha postato un foto montaggio in cui è paludato da papa. Trump è presbiteriano, e naturalmente autorappresentarsi come papa, mentre si avvicina la data d’inizio del conclave, dimostra  di essere “lo sparviero dell’Occidente”. La paideutica del disprezzo  è così trasmessa ai sottoposti e ai popoli divenuti plebe che guardano attoniti e a volte ammirati  ai “grandi” della storia.

I padroni irridono sempre le abitudini e i costumi dei sottoposti ed insegnano in tal  guisa la cattiva grammatica del disprezzo verso le differenze. La paideutica dell’esclusione si trasmette con la formula del gioco e utilizzando il linguaggio giovane dei social. La popolarità è conquistata incoraggiando “il ventre molle” del narcisismo e dimostrando al “mondo” che un americano può tutto, perché è “il signore ed il padrone” dell’Occidente. 

La decadenza terrifica dell’Occidente è in quell’irrisione papale, “in cui si svela – come direbbe Benedetto Croce – l’anticristo che è in noi”. L’anticristo è una barbarie assolutamente nuova e tutta da conoscere e riconoscere. Una nuova barbarie, dunque, alberga nell’Occidente e in ogni occidentale e che viene sapientemente e machiavellicamente  usata dai padroni di turno per sollecitare e sostenere la liceità del dominio sprezzante. La politica senza etica e senza progettualità è la manifestazione esaustiva della decadenza e della marcescenza proprietaria che assedia dall’interno l’Occidente.

I barbari e i fascisti non sono alle porte dell’Occidente, il nemico è all’interno ed è invisibile, in quanto è una postura ideologica naturalizzata e resa invisibile dal deficit onto-assiologico che ghermisce l’Occidente sospingendolo verso un tramonto che potrebbe essere tragico e celere.

L’immagine di Trump mascherato da papa con ciglio austero ricorda la fabula di Esiodo dello sparviero e dell’usignolo. Lo sparviero alle domande  dell’usignolo ghermito dalle rapaci zampe dello sparviero sul suo destino risponde che la forza è l’unica legge della natura e dunque all’usignolo non è dato sapere se sarà divorato o liberato, deve solo obbedire. Lo sparviero Trump vuole insegnare con i suoi giochi la legge del più forte; il padrone può tutto, può irridere il più debole e sprezzante ironizzare sarcastico sul sacro e sulla fede di “miliardi di uomini”. Può tutto e vuole tutto. Sta a noi non sorridere e non accettare con quieta disperazione l’arroganza del più forte, ma opporre l’etica del rispetto e del limite dinanzi alla “barbarie seconda” che si annida nell’Occidente ipertecnologico.

Si pensi ad un giovane del nostro tempo che assiste passivo al disprezzo reso “valore” dai padroni che governano le plebi, egli non potrà che incentrare le sue relazioni  umane sui rapporti di dominio, pertanto è necessario congedarci da tali tossine manifestando la nostra ragionata distanza da un mondo di tenebre e testimoniando col sangue e con la carne viva un altro modo di vivere e di esserci. Se ciò non avverrà la dimensione del futuro sarà spazzata via dal nichilismo narcisistico e dall’ordinaria incoscienza di una politica incapace di porsi al servizio dei popoli.

Nel frattempo rileggiamo i classici e, in questo caso,  ci viene incontro la fabula dello sparviero e dell’usignolo a farci comprendere l’urgenza non più rimandabile della prassi:

Ora io narrerò un apologo ai giudici, sebbene essi siano saggi. Uno sparviero così parlò all’usignolo dal variopinto collo, mentre, avendolo ghermito con gli artigli, lo stava portando in alto, fra le nubi, e quello, trafitto dagli artigli ricurvi, pietosamente gemeva. A lui, dunque, lo sparviero superbamente parlò: «A che ti lamenti, o infelice? Ti tiene uno che è più forte; dove ti porto io, tu andrai, anche se sei canoro; ti divorerò oppure ti libererò a mio piacere. Stolto è chi vuole combattere contro i più forti: non riporterà alcuna vittoria e, oltre al danno, subirà pure la beffa». Così parlò lo sparviero veloce, uccello dalle grandissime ali. O Perse, ascolta la giustizia e non alimentare la Prepotenza; la prepotenza è dannosa all’uomo debole; nemmeno il grande facilmente la può sopportare, anzi egli stesso rimane oppresso e va incontro a sventure. Migliore è l’altra strada, verso la giustizia: la giustizia al termine del suo corso vince la prepotenza, e solo soffrendo lo stolto impara[1]”.

La giustizia vince la prepotenza, se ogni cittadino nato libero risponde alla prepotenza con le parole e con i gesti della giustizia la prepotenza non passerà, in quanto sarà decostruita nelle sue perniciose manifestazioni.


[1] Esiodo, Opere e giorni, vv. 202-218, trad. Magugliani).

Fonte foto: da Google

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