Cari compagni

Riceviamo e volentieri pubblichiamo. Ci scusiamo per il ritardo nella pubblicazione di questo articolo dovuto a ragioni puramente tecniche:

 

Lo sciopero generale da Voi indetto per il prossimo 16 dicembre – e ancor più l’indifferenza, talora comprensiva, per lo più ostile,  con la quale è stato recepito dal sistema politico-  può rappresentare un momento magico nella storia degli individui e delle collettività. Quello che porta a ritenere intollerabile quello che fine a ieri appariva normale.

La vostra iniziativa, ne siamo certi, non poteva essere considerata “normale”. Perché non lo è. Non si tratta di sostenere una rivendicazione economica, di portata specifica o generale. E nemmeno di contestare i comportamenti di un particolare governo.

Siamo,, invece, di fronte di una denuncia. E, insieme, di un richiamo. Che parte dalla constatazione del fatto che nel nostro paese, caratterizzato da bassi salari, degrado dei pubblici servizi, alti livelli di disoccupazione e di povertà, qualsiasi proposta tendente a modificare questo stato di cose, incontestata e incontestabile in linea di principio, si urta con la conclamata impossibilità di colpire, anche in misura simbolica, gli interessi  e i privilegi di quelli che si chiamavano una volta Lorsignori. Siamo propriamente di fronte a quello che potremmo definire un vero e proprio tabù; a dimostrarlo il rifiuto indignato di fronte alla proposta di introdurre un piccolissimo contributo di solidarietà per lenire il forte aggravio dovuto al pagamento delle bollette.

Dobbiamo , allora constatare, insieme, che la vostra denuncia è stata circondata, a destra ma anche a sinistra  da un imbarazzato e imbarazzante silenzio. Quello che si riserva alle manifestazioni, magari umanamente comprensibili ma inconsulte, anche perché provenienti da istituzioni rispettare perché sinora rispettabili.

Un silenzio, lo sappiamo, in cui non  cè né pensiero né futuro. Questi appartengono a noi: alle voci critiche ma anche alle grandi istituzioni internazionali che pongono la lotta alle disuguaglianze, assieme a quella contro  i cambiamenti climatici, al centro di un’azione politica collettiva volta ad impedire disastri prossimi futuri.

Il messaggio che viene dal “sistema” appartiene, invece, tutto intero, al passato. Perché ci vuol far credere: che il conflitto non è solo nocivo ma inutile; che per ogni problema c’è la soluzione tecnica appropriata; e che, soprattutto, nel mondo in cui viviamo, la promozione dei sogni individuali debba fare automaticamente premio  sulla soddisfazione dei bisogni collettivi.

Ora c’è chi parla, a questo riguardo, di “pensiero unico”; quasi a giustificare la propria rinuncia a combatterlo.

Ma non è così. Perché le favolette che ci vengono propinate non reggono alla minima contestazione critica. Soprattutto quando espressa chiaramente da grandi movimenti collettivi.

Salutiamo allora il vostro sciopero per quello che è e vuole essere. L’inizio di un processo in cui, da ora in poi, quello che appare oggi normale diventerà, per un numero sempre maggiore di persone, intollerabile.

Un processo che si combatte ad ogni livello. E su cui potrete sempre contare sulla nostra attiva solidarietà.

Green pass: la FISI proclama dieci giorni di sciopero dal 21 al 31 ottobre

Fonte foto: Gazzetta Matin (da Google)

 

 

 

 

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