L’occasione che non sarà colta

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Fonte foto: Eco di Bergamo (da Google)

Riceviamo e volentieri pubblichiamo:

Ci riguarda. Le socialdemocrazie scandinave, a distanza di anni di welfare ben gestito, di salvaguardia ambientale mediamente efficace, negli ultimi anni sono costrette a difendersi da attacchi di portata culturale e politica da destra. La potenza europea, che al meglio aveva trovato modo di far svolgere un ruolo attivo alla socialdemocrazia, la Germania, va rovinosamente verso lo sbando. Infatti se la “locomotiva” dichiara, da poche settimane, ma visibili da molto più tempo, che è in recessione, chi potrà sostenerla? I “vagoni” al seguito? O, ancora, – come favoleggiano i neogovernanti italiani, PD, M5S e LeU – con una ripresa italiana?

Ci riguarda. La chiarezza, a modo suo, che il senatore Renzi, sta imponendo al “cosiddetto” centrosinistra, al PD, alla coalizione di Governo, in realtà non affronta ma mostra sullo sfondo della scena, l’irrisolta questione sociale e politica della fase del capitalismo e dell’unica ideologia capace di poterla soppiantare: l’idea comunista.

Magari, l’annuncio della nascita di una nuova forza – con gruppi parlamentari in Camera e Senato – è una DC col vestito giusto e non “inquinata” da bandiera rossa inutilmente cantata nel contesto piddino: spiace per tante esperienze e vite personali e politiche imbrogliate alla grande!

Magari, dà l’avvio – liberando molti dall’imbarazzo, personale e politico – al ritorno a casa degli ex sel, di leu, dei bersaniani, dei verdi abbandonati a loro stessi, etc.

Ci riguarda, perché tutte queste eventualità non risolvono.

Infatti, a meno di qualche voce fuori dal coro, che soffrirebbe di dissociazione con se stessa e col rischio di venire additata come degna della colonna infame manzoniana, chi mai metterà in discussione i riferimenti culturali, ideali ed ideologici, le scelte politiche quindi, di una tale mutazione-aggiustamento?

Credo, nessuno. A meno, appunto, di qualche singolo che comprenderebbe subito di aver sbagliato luogo, tempo e comportamento.

Insomma, in tempo di rinsavimento, di ribaltamento della scelta della Bolognina, ci si potrebbe augurare un sommovimento ideale che rimettesse al centro non il lavoro, ma i lavoratori. E non per “omaggiarli” col solo (pur necessario, per carità) stato sociale. Bensì per predisporre una analisi sociale e politica, quindi di classe, per abbracciare nuovamente e finalmente l’ideologia comunista, l’indirizzo socialista di questa storia moderna.

Ma non sarà così. Non diciamo perché non c’è un nuovo Lenin o Togliatti, ma semplicemente perché questa che era una discendente del movimento operaio organizzato è stata talmente circuita, talmente svuotata e riempita di anticomunismo, che, l’unico sussulto possibile ( e al tempo inutile e subalterno) è il cantare bandiera rossa in un simulacro di Festa de L’Unità, somigliante oggi, nei contenuti, più ad una Cernobbio dei poveri, o meglio di quelli che non contano.

Per questo, prima che l’irreparabile accada, ringraziando Renzi per il sostegno oggettivo alla chiarificazione, sarebbe bene che i singoli e l’insieme dei pezzi organizzati che pensano di essere lì a rappresentare idee di centrosinistra e di sinistra, magari sognando di poter dire al mondo che sono i continuatori (perché c’è chi perfino crede che sia così!) della storia della sinistra e dei comunisti in Italia; ebbene, sarebbe il caso che costoro, che questi compagni e compagne ( se non si offendono e se non esagero) aprissero la loro mente alla lettura della realtà, rimettendo tutto in discussione, scegliendo finalmente la direzione giusta: che è quella di sempre. Per l’unità dei lavoratori e delle forze a sostegno dei lavoratori e quindi dell’ideologia comunista e socialista.

Purtroppo, non mi aspetto affatto di vedere gli interrogativi di questa vicenda – appunto, l’occasione – ruotare attorno ad analisi di fase, e storiche, e internazionali. Invece, come piace a certo teatrino di contorno, ben attrezzato a distogliere, ad attuare distrazione di massa, con false alternative (meglio la scelta renziana o quella di Zingaretti), con fasulle contrapposizioni programmatiche (quota cento o reddito di cittadinanza) con inediti “nuovismi” rivoluzionari (non più contratti di governo o alleanze ma patti civici). Tutto, tutto, tutto, per non discutere delle cose reali: perché se la robotica fa passi da gigante non utilizzare la minor fatica necessaria per risparmiare ore di lavoro? Perché non distribuire equamente i beni, i servizi, e restituire il tempo di vita alle persone? Perché non debellare lo sfruttamento (non con un decreto) col controllo sociale locale, sul territorio, dando potere ai lavoratori e loro rappresentanti?

Queste ed altre domande sulla vita reale, che quotidianamente chi subisce lo sfruttamento capitalistico si pone – in questa o altra forma – non troveranno spazio nel dibattito e nel racconto e forse neppure nei pensieri di molti protagonisti inutili di questa vicenda. Inutili, non per sminuire le persone, inutili per l’irrilevanza rispetto a chi avrà già scelto altrove. Ai padroni, allo stesso capitalismo morente, non servono né governi, né parlamenti, né partiti, né renziani. Loro li usano o li avversano. Ecco perché, ad esempio, anche in chiave meramente della vita democratica – a cominciare dal rispetto costituzionale, proprio perché nata dalla resistenza – è ottima cosa se si affacciasse l’ipotesi del ricorso a metodi elettorali di base, come la rappresentanza garantita dal metodo proporzionale puro. Appunto cosa che non sarà: non interessa più che al teatrino, ai padroni. Vedremo.

Noi comunisti, un compito, ora, lo abbiamo: continuare a dimostrare con le idee che il tentacolare mostro capitalista, può essere combattuto in un modo solo: senza scorciatoie inesistenti imboccando la via socialista. Unire tutte le differenze che condividono questo alveo è il nostro cammino.

*Maurizio Aversa è membro della segreteria PCI del Lazio

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Fonte foto: vivicentro.it (da Google)

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